Domenica prossima a Boves un pomeriggio dedicato alla memoria di Padre Girotti

11 febbraio 2022 | 19:59
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Domenica prossima a Boves un pomeriggio dedicato alla memoria di Padre Girotti

All’Auditorium Borrelli verrà proiettato a partire dalle 15.30 il documentario “Il triangolo rosso” dedicato al sacerdote albese beatificato nel 2014 che si distinse, per bontà e impegno dimostrato negli anni più cupi della prima metà del ‘900, verso le persone perseguitate dalla furia nazista.

Domenica 20 febbraio alle 15,30 all’Auditorium Borelli di Boves si terrà un pomeriggio dedicato alla memoria di Padre Giuseppe Girotti, il sacerdote beatificato nel 2014 che si distinse, per bontà e impegno dimostrato negli anni più cupi della prima metà del ‘900, verso le persone perseguitate dalla furia nazista.

Un appuntamento organizzato in collaborazione con il Centro Studi Giorgio Catti, nato per volontà di alcuni cattolici che parteciparono attivamente alla resistenza partigiana. La neo presidente del Centro Studio Giorgio Catti, Chiara Genisio (anche autrice del volume dedicato ai due preti martiri di Boves), Marco Castagneri e Padre Massimo Rossi, Superiore dei Domenicani di Torino (voce narrante nel film), presenteranno il documentario su Padre Girotti, “Il triangolo rosso”, affinché tutti possano conoscere vita e opere di questo straordinario personaggio che tanto fece per il prossimo.

Dopo la proiezione del documentario gli spettatori potranno recarsi alla chiesa parrocchiale di San Bartolomeo con Don Bruno Mondino, dove è custodita, fino a fine febbraio, la copia della statua della Madonna di Dachau, realizzata da un artigiano bovesano. Spiega Marco Castagneri: «“Il triangolo rosso” è un documentario prodotto dai Frati Domenicani di Torino (realizzato dalla NOVA-T di Torino, per la regia di Sante Altizio, aiuto-regia Andrea Tomasetto)».

Il titolo si riferisce al triangolo di stoffa rossa cucito sulla casacca dei ‘politici’ deportati, tra cui i sacerdoti che aiutavano gli ebrei o i partigiani. Continua Castagneri: «Questo toccante documentario racconta la storia di Padre Giuseppe Girotti che, a Torino, si prodigò nell’aiutare gli ebrei a sfuggire alle leggi razziali nazi-fasciste e alla deportazione. Fu catturato con un sordido inganno che faceva leva sulla sua immensa carità dalla polizia repubblichina e deportato. Trovò la morte a Dachau, sfinito e probabilmente ucciso, a quarant’anni, tre giorni prima della caduta del Reich».

Dal film emergono gli aspetti biografici del personaggio e la sua azione clandestina di aiuto agli ebrei. Colpiscono i dettagli sulla sua cattura, la sua fermezza nell’aiutare gli altri nonostante le sofferenze subite nel campo di concentramento e resta indelebile nella memoria la sua morte. Un eroe d’altri tempi, un uomo di grande intelligenza e cultura che mai si piegò al regime nazifascista.

“Faccio tutto per carità”usava dire ai superiori. E come religioso cattolico, allineandosi alle indicazioni che giungevano chiare dalla Santa Sede, cercò in particolare dopo l’8 settembre di mettere in salvo gli ebrei sempre più ferocemente perseguitati. Non conosciamo tutta la sua opera, per la segretezza con cui la compiva, ma alcuni casi sono emersi. E anche la sua cattura fu legata al noto gastroenterologo ebreo Giuseppe Diena che aveva contribuito a nascondere, e che, arrestato insieme a lui, fu ucciso nel campo di Flossenbürg.

Numerose le attestazioni di riconoscenza da parte del mondo ebraico, fino alla designazione di Giusto fra le Nazioni da parte del Governo di Israele. La Chiesa lo ha beatificato nel 2014. Don Angelo Dalmasso, prigioniero nel campo di concentramento con Padre Girotti, diede questa testimonianza: «Un giovane prigioniero, anziano del campo, venne a cercare Padre Girotti, era il Padre Leo Roht, priore dei Domenicani di Colonia, da vari anni internato a Dachau. Portò un pezzo di formaggio a Padre Girotti che si consumava come tutti per la fame. Padre Girotti se ne privò e lo diede a me dicendo: tu sei più giovane e ne hai più bisogno. Lui aveva 39 anni, io ne avevo 24. Sento ancora adesso il rimorso per quella porzione di formaggio, ma era la sopravvivenza».