Leiss e il “Coraggio di Sognare”

24 dicembre 2021 | 11:59
Share0
Leiss e il “Coraggio di Sognare”

La nostra intervista alla giovane cantautrice bernezzese, recentemente finalista al prestigioso “Premio Mia Martini” e interprete del nuovo singolo “Sarta delle stelle”, tra musica, moda, romanticismo e sogni.

Abbiamo incontrato Leiss (vero nome Letizia Barbetti), giovane cantautrice di Bernezzo che in questo 2021 che sta per finire ha vissuto un’annata magica dal punto di vista musicale. Dopo l’esordio nel 2019 con “Adesso che”, infatti, l’artista bernezzese ha partecipato tra l’estate e i primi di dicembre al prestigioso Premio Mia Martini, esibendosi in Calabria nella finale con la sua prima canzone da lei scritta “Incantesimi” e lo scorso 14 dicembre ha rilasciato su YouTube anche il suo secondo singolo dell’anno, “Sarta delle stelle”. Leiss, il cui nome d’arte è l’acronimo “Leti E I Suoi Sogni” rappresenta una grande speranza della musica made in Cuneo, con testi profondi, melodie assolutamente orecchiabili e un incrollabile fiducia nei confronti dei sogni, appunto, e del potere del sognare. Nella vita, dopo aver frequentato il Liceo Artistico a Cuneo, oggi studia canto al CPM di Milano (la scuola di musica popolare contemporanea) e nello stesso tempo porta avanti la sua carriera musicale, con tanti progetti e una voglia matta di continuare a scrivere le sue “favole in musica”. Le abbiamo fatto alcune domande.

-Come ti sei avvicinata al mondo della musica?

In realtà non mi sono avvicinata da piccola piccola, come accade spesso. I miei famgliari al massimo mi hanno indirizzato, come in tutte le famiglie, più su cosa ascoltare. Mi sono avvicinata al canto attorno ai quindici anni, quando frequentavo il liceo artistico a Cuneo. All’inizio tutto è nato da un periodo un po’ difficile per me, a causa di un problema di salute che ha avuto una mia amica. Poi con il procedere del liceo ho cominciato a dedicarmi a questo mondo un po’ più seriamente. Oggi, cantare è una cosa che mi viene assolutamente naturale e di cui sento un assoluto il bisogno. Anche se non sfonderò, non mi interessa. È un bisogno, e come tale farà sempre parte di me e della mia vita, a prescindere dall’approvazione degli altri.

-“Sarta delle stelle” ha un’ispirazione letteraria particolare (il mito greco di Arianna e del suo filo e la leggenda giapponese del filo rosso del destino). Come sei venuta a conoscenza di queste storie e come ne hai tratto ispirazione per il tuo pezzo?

Questa è una canzone molto più pensata delle precedenti. Le altre che sto scrivendo e che ho scritto sono molto più immediate, di getto. Tra l’altro non l’ho neanche scritta da sola, ma mi sono fatta aiutare da Stefano Paviani, un autore a tutti gli effetti che ha preso la mia canzone è l’ha affinata fino alla versione definitiva che si può ascoltare online. Ci ho voluto mettere un po’ più cose tra temi e suggestioni che avevo in mente da anni e vicissitudini personali. Il tema centrale è sempre l’amore, come in tutte le mie canzoni. Da una parte c’è il dato autobiografico, ovvero la fine di una storia d’amore, rappresentato dal filo di Arianna, dove la ragazza che di fatto permette a Teseo di non perdersi nel labirinto e di sconfiggere il Minotauro viene abbandonata alla fine dell’impresa dall’eroe. Dall’altra c’è il tema del destino, che regna sovrano ed è superiore a tutti, rappresentato dalla leggenda giapponese, e quello della speranza che da esso deve nascere. Il succo è che se una cosa va in un certo modo, vuol dire che doveva andare così. È un messaggio di speranza alla fine, tutto sommato positivo. Mi piaceva anche unire all’interno della stessa canzone due culture così distanti ma entrambe così importanti nella formazione dei popoli che siamo oggi, come il Giappone e l’Antica Grecia. In fondo l’amore è una cosa universale e abbraccia tutte le culture.

-Come è andata l’esperienza al Premio Mia Martini?

Avevo già fatto un’esperienza in un contest nel 2018, partecipando al Tour Music Fest, un concorso europeo che non era andato proprio bene, anche perchè non avevo ancora la maturità che credo di avere oggi. In generale devo dire che non amo molto le competizioni musicali. Hanno insistito i miei genitori, che mi hanno detto che sarebbe stato bello tornare ad esibirsi di fronte ad un pubblico importante dopo la pandemia. Così a febbraio mi sono iscritta, non molto convinta. L’ho vissuta anche come un tentativo per cercare di superare un po’ questa avversione verso la competitività che è connaturata in me. Ho superato la prima fase qua a Cuneo, una semplice audizione e poi a giugno sono andata a Scalea, in Calabria e lì ho fatto una cover di “Cheyenne” di Francesca Michielin. I giudici mi hanno detto che di me li colpiva la mia immagine e la cosa mi ha lasciata un po’ di amaro in bocca, perché è vero che ci tengo a come appaio sul palco, ma penso che la propria esteriorità debba sempre essere la diretta espressione della propria interiorità, e quell’affermazione mi ha fatto pensare che forse il messaggio che volevo far passare anche attraverso il mio look non aveva raggiunto totalmente il pubblico. Ad agosto poi c’è stata la fase radiofonica, completamente staccata dalle altre. La mia canzone inedita, “Incantesimi” è stata caricata sul sito del Premio e sottoposta ai voti degli utenti. È stata la prima volta che mettevo in gioco un pezzo davvero mio, scritto da me sulla base della mia esperienza (il primo singolo “Adesso che” la vede protagonista solo come interprete ndr) e devo dire che è stata particolare come sensazione. È stato anche difficile scriverla perché l’ho fatto in poco più di un mese e soprattutto subito dopo la morte di Michele Merlo (ex concorrente di Amici ndr), giovane cantautore a cui ero legatissima. Da me ci si aspettava una canzone non dico allegra, ma nemmeno triste, e in quei giorni facevo molta fatica a “pensare positivo”. Non me la sono sentita però di portare una canzone cupa e allora ho cercato una storia positiva e mi è venuto naturale ripensare a quella dei miei genitori, lui di Firenze, lei di qui, che da giovani si scambiavano delle lettere d’amore bellissime che conservano tutt’ora e che tutt’ora si amano così. Quasi come in un incantesimo, appunto. In tanti hanno votato la mia canzone e così ai primi di dicembre sono andata a Bagnara Calabra, la città di Mia Martini. Non ho vinto niente ma ho fatto un’esperienza discografica a tutto tondo, dalla fase compositiva, a quella interpretativa, a quella radiofonica. È stato molto formativo e sono comunque anche riuscita ad arrivare alla fine.

-La tua è una scrittura molto accurata (a livello strettamente tecnico-poetico). Fai fatica a scrivere e a comporre le tue canzoni o ti viene naturale esprimere il tuo io in musica? Scrivi anche altro?

Sostanzialmente le mie canzoni partono sempre da una lettera. A me, forse anche per la storia dei miei genitori che ho detto prima, piace molto scrivere lettere. Non per forza per spedirle, dato che oggi purtroppo non si fa più, ma proprio per “sfogarmi”, come in un diario. Metto proprio il destinatario a cui vorrei inviarla e mi metto a scrivere ciò che penso, liberamente. Poi qualche volta traggo da quelle lettere del materiale che mi sembra bello da trasportare in musica e provo a scrivere una canzone. Però, siccome sono assolutamente perfezionista, voglio cantare la versione migliore possibile di quello che ho prodotto, così mando la mia canzone ad un autore professionista che me la sistema un po’, soprattutto dal punto di vista metrico-poetico, senza ovviamente snaturarla. Scelgo proprio io di fare un passaggio in più, per far uscire la miglior resa possibile della mia canzone.

-Hai altre passioni?

Ho una mente un po’ grafica, nel senso che molto spesso anche le mie canzoni, oltre che da lettere, nascono da questi schizzi particolari, magari fatti anche male, che mi vengono in mente pensando alla storia che voglio trattare. Anche “Sarta delle stelle” è nata così. Addirittura ho presentato al produttore un po’ di slide, un piccolo progetto grafico, per trasmettergli l’atmosfera che volevo creare attraverso il brano. È una sorta di percorso che parte da un’immagine o da qualcosa di visivo per tramutarsi in musica e poi, si spera, ritornare immagine nella mente dell’ascoltatore, che vede la storia e i suoi personaggi nella propria mente. Poi mi piace molto anche la moda. L’abito rosso del videoclip di “Sarta delle stelle” l’ho realizzato io. È stata una delle prime cose che ho confezionato.

-Quali sono le tue principali influenze musicali?

Io distinguo sempre le cose che ascolto da quelle che canto, perché mi capita spesso di ascoltare artisti e canzoni che non si adattano per niente al mio timbro e al mio stile. Ascolto tantissimo i cantautori, soprattutto Venditti e De Gregori, che i miei mi hanno sempre fatto ascoltare molto. Come influenza musicale forse direi che più di tutti mi ritrovo in Elisa, anche se amo molto due o tre sue canzoni che ascolterei sempre e che sono proprio delle basi per me, anche quando compongo, mentre le altre non le ho nelle mie playlist “da viaggio”, sono più “esercizi” per cantare. Sul filone estero amo molto Lana Del Rey, pur avendo un timbro completamente diverso da me.

-Che rapporto hai con il tuo territorio d’origine, non propriamente terra di artisti? Trai ispirazione dalle tue radici o guardi più lontano?

Per prima cosa su questo punto voglio dire che sono rimasta molto colpita e onorata dal tantissimo affetto che ho ricevuto dal mio paese Bernezzo durante il Premio Mia Martini. Non mi aspettavo un entusiasmo del genere e non ringrazierò mai abbastanza i bernezzesi per quanto mi sono stati vicini. Prima di questo però non sono mai stata così legata o particolarmente orgogliosa della mia provenienza, non per un motivo preciso, ma perchè ho sempre sentito molto questa esigenza di andare in una realtà più grande, forse anche in virtù della mia famigliarità con Firenze. Infatti il primissimo videoclip che ho fatto l’ho girato a Firenze e in molti mi hanno chiesto perchè non l’avessi fatto qui. Dopo l’esperienza del Premio Mia Martini, però, ho deciso di realizzare il video di “Sarta delle stelle” al Castello del Roccolo, pur essendoci altri mille castelli adatti anche più vicini alle esigenze della produzione. Se devo pensare alle persone che mi sono care e che mi sostengono di più, infatti, sono quasi tutte di qua.

-Quali sono i tuoi progetti futuri, visto che il 2022 è alle porte?

Di progetti ne ho tanti, alcuni preferisco non esplicitarli perchè sono un po’ scaramantica. In generale mi piacerebbe riuscire ad unire di più in qualche modo il mondo della moda e dell’immagine con quello della canzone. Infatti per l’anno che sta per arrivare ho in programma un EP in cui mi piacerebbe abbinare ad ogni canzone un vestito da me fatto, migliorandomi sia musicalmente sia a livello di competenza nel mondo della moda. Ovviamente devo trovare una chiave per far passare il mio messaggio alle persone, perchè non è scontato che tutti possano cogliere o condividere naturalmente queste due mie passioni.

-Siccome il tuo nome parla di sogni, dove sogni di essere nel futuro, come ti vedi di qui a qualche anno?

Il mio nome d’arte l’ho inventato quando ho aperto il mio profilo Instagram, quando ero ancora piccola. Volevo un nome un po’ particolare e siccome ho sempre avuto in famiglia la fama della “sognatrice” mi sembrava adatto, mi suonava bene. In generale ho poprio una mia idea sui sogni e il sognare. Secondo me da bambini sognamo tutti, solo che spesso  quando cresciamo rimangono nelle nostre menti dei sogni “da bambini” , che non appena si scontrano con la realtà vacillano e rischiano di crollare. E poi ci sono quei sogni che maturano con te, a volte trasformandosi in obiettivi o comunque non arrendendosi alle prime difficoltà. Poi essi possono realizzarsi o meno, ma a prescindere da come vada, tu hai la consapevolezza di averci creduto e di averci provato. Secondo me questa non è una capacità che hanno tutti. Molti non riescono a coltivare e a far crescere i propri sogni. Io credo nei sogni e secondo me i veri sognatori sono quelli che hanno fatto quel passaggio decisivo che di fronte alla realtà non ti fa dire “Basta, non ha senso proseguire, tanto fa tutto schifo!”, ma fa sì che tu ci provi comunque, senza perderci la testa e in serenità, ma anche senza arrenderti. Non saprei dirti dove sogno di essere tra qualche anno perchè mi piace molto vivere non dico alla giornata ma quasi, a piccoli passi e attraverso piccoli sogni che uno dopo l’altro, piano piano si realizzano.