“Perché la sede della Polizia Stradale di Ceva non è stata ancora trasformata in ufficio della Questura? Il ministro ci ha ripensato?”

30 novembre 2020 | 10:02
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“Perché la sede della Polizia Stradale di Ceva non è stata ancora trasformata in ufficio della Questura? Il ministro ci ha ripensato?”
Un momento della protesta dello scorso febbraio davanti alla sede della polizia stradale di Ceva

Se lo chiedono, in una nota congiunta, i segretari del SIULP di Cuneo (Alessandro Digeronimo) e Novara (Tommaso Di Gaudio), che ricordano: “Erano state annunciate anche le riconversioni delle sedi di Alba e Borgomanero, mai avvenute. Cosa sta accadendo?”

Una lettera indirizzata al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, per richiamarne l’attenzione su una tematica molto dibattuta in provincia di Cuneo e in Piemonte nei mesi scorsi e che sembra ora essere finita nel dimenticatoio: la riconversione delle sedi di polizia stradale di Ceva, Alba e Borgomanero.

In particolare, la missiva, firmata dai segretari provinciali del SIULP Alessandro Digeronimo (Cuneo) e Tommaso Di Gaudio (Novara) si concentra sulla situazione connessa alla città del fungo: “Era il 22 giugno 2020 e l’incubo del Covid-19 sembrava ormai un lontano ricordo – scrivono –. A Ceva, durante la gradita visita del Capo della Polizia, alla presenza del ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, e del vicepresidente della Regione Piemonte, veniva siglato un protocollo d’intesa, all’interno del quale il distaccamento di Polizia Stradale di Ceva, chiuso per ‘spending review’, veniva dichiarato, di fatto, riconvertito in un ‘avamposto’ di polizia, direttamente dipendente dalla Questura di Cuneo, in quanto utile ad assicurare la presenza sul territorio per l’attività amministrativa propria dell’Autorità provinciale di pubblica sicurezza. Tra i benefici, era ricompreso quello di ovviare all’isolamento e ai disagi connessi alla mancanza di un commissariato di polizia ad una parte cospicua della provincia Granda, già ‘emarginata’ per evidenti ragioni orografiche, climatiche e di collegamenti viari”.

“Agli inizi di questo difficile 2020 – proseguono -, la decisa e ragionata protesta del SIULP piemontese, avversa a quello che è stato definito da tutte le parti coinvolte un arretramento dello Stato da quei territori e definita eufemisticamente ‘razionalizzazione’ da parte degli ambienti dipartimentali della Polizia Stradale, rappresentata dagli smantellamenti degli importanti presidi operativi di Polizia Stradale di Ceva e Borgomanero, si univano convinti molti rappresentanti delle istituzioni parlamentari, della società civile cebana (circa 90mila residenti) e alcune altre organizzazioni sindacali della Polizia di Stato, per quanto riguarda il primo ufficio. Per il secondo, invece, attraverso la sensibilizzazione portata in piazza dal Siulp novarese con una raccolta firme, che ha registrato un’affluenza di migliaia di firmatari in soli due fine settimana, con ampia eco mediatica, registrando l’adesione di parlamentari e molti amministratori del comprensorio borgomanerese. L’articolata iniziativa del SIULP cuneese, infine, sfociava in una sentita e partecipata manifestazione svoltasi il 10 febbraio 2020, davanti agli uffici del distaccamento di Ceva, che trovava ampio risalto su tutti gli organi di informazione di livello nazionale e locale.

Quel giorno “gli autorevoli interventi di sindaci e parlamentari della Repubblica Italiana davano voce e forza alla necessità ineluttabile di arginare un arretramento da parte dello Stato che appariva ai più, ingiustificato ed inopportuno. Si addiveniva così all’intesa del 22 giugno, che sanciva la riqualificazione operativa del presidio di Polizia Stradale (almeno era quella la dichiarazione d’intenti), in cui le parti firmatarie (Capo della Polizia, Regione e sindaci) si impegnavano a dare attuazione al progetto, entro e non oltre il 30 settembre 2020. In quell’assise, il Capo della Polizia annunciava che, in Piemonte, la riconversione dell’ufficio di Ceva sarebbe stata accompagnata da altre due riconversioni analoghe (Borgomanero e Alba). Appare evidente, che la presente iniziativa epistolare nasce dall’esigenza di sapere quali siano i reali motivi per cui, ad oggi, 28 novembre, il patto in parola sembrerebbe essersi arenato nei meandri dipartimentali. La presente è intesa a infrangere quel silenzio e per richiamare alla memoria la solennità degli impegni a suo tempo assunti dalle parti, alla presenza del ministro per la Pubblica Amministrazione, che, ove vi fosse bisogno di ricordarlo, garantiva circa la volontà dello stesso Governo della Repubblica di non arretrare sul territorio, anzi di riaffermare con forza e rinnovato vigore istituzionale la presenza dello Stato nella provincia piemontese”.

Ad oggi, la preoccupazione che serpeggia tra la categoria e la collettività, nonché fra i rappresentanti parlamentari dei territori interessati, è relativa a un ipotetico ripensamento da parte del Ministero dell’Interno, ovvero della Regione Piemonte, ovvero delle amministrazioni comunali interessate. Comprendiamo che, dal 3 novembre, siamo nuovamente tutti in piena emergenza sanitaria e sociale e non si intende assolutamente interferire nell’attività dell’Autorità nazionale di pubblica sicurezza in merito alle attività che riguardano l’emergenza in atto, bensì chiedere che si proceda alla promulgazione dei decreti di attuazione e riconversione degli uffici in oggetto e avviare i progetti che sembravano cosa già fatta e che già hanno avuto ampia eco mediatica, riscuotendo consensi unanimi. Dopo le dichiarazioni del Capo della Polizia, ad essere maggiormente soddisfatti erano i cittadini dei comprensori dei territori coinvolti, perché pregustavano la possibilità di godere della presenza, anche se distaccata, di un ufficio alle dirette dipendenze del questore, nonché risparmiare centinaia di chilometri ogni volta che vi sia la necessità/richiesta di ottenere un titolo autorizzativo rilasciato dalla Questura”.

Pertanto, “come rappresentanti dei lavoratori della Polizia di Stato, intendiamo rappresentare il disagio di tutti coloro che, in attesa delle superiori determinazioni, sono attualmente sospesi in un ‘limbo operativo e funzionale’ che, come già detto, non trova motivazioni e spiegazioni comprensibili. Signor ministro, ricordando e riconoscendo quanto da Lei fatto e deciso nell’incontro del 4 marzo 2020 alla presenza del governatore del Piemonte e dei sindaci di Ceva e Borgomanero, intendiamo ringraziarLa per il tempo prezioso che vorrà o potrà dedicare a questo accorato appello. Le saremo ancora più grati se il Suo autorevole giudizio, sulla tematica evidenziata, venisse incontro alle aspettative della categoria e della collettività, consapevoli dell’estrema rilevanza della Sua funzione, costretta a fronteggiare quella che in tanti oggi definiscono uno stato di ‘guerra pandemica’, a causa del virus e dell’emergenza sanitaria che ne sta conseguendo”.