La regista Michela Occhipinti al Lux di Busca

5 febbraio 2020 | 17:40
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La regista Michela Occhipinti al Lux di Busca

L’autrice del film in proiezione “Il corpo della Sposa” converserà con il pubblico

Busca. Giovedì 6 febbraio, in occasione degli Schermi d’Autore Invernali, rassegna curata dal Circolo Méliès, al  ciinema Lux sarà presente la regista del film in proiezione, “Il corpo della Sposa”  Michela Occhipinti, insieme con  il critico cinematografico AIACE Torino Carlo Griseri.

Michela Occhipinti nasce a Roma nel 1968 e trascorre l’infanzia tra Roma, Hong Kong, Ginevra e il Marocco. Nel 1991 si trasferisce a Milano e poi a Londra dove inizia a lavorare nella produzione di documentari e pubblicità come ricercatrice ed assistente di produzione. Dal ‘95 vive a Roma e lavora in cinema, documentari e pubblicità in vari ruoli tra produzione, regia e casting, per produzioni nazionali ed internazionali in Italia ed all’estero. Nel 2003 viaggia per un anno in Sud America dove produce e dirige il suo primo documentario, “¡Viva la Pepa ! (ridateci la Costituzione)”, sulla situazione sociale in Argentina (Romadocfest 2005; Tek Festival 2006: Menzione Speciale della Giuria; Rassegna DiVisioni “Un cinema per i diritti”; Maori TV; RAI 1 versione 30′ “Argentina 2001-2005: oltre la crisi”). Dal 2005 al 2007 collabora con RAI 2 per RAI Educational come regista esterna al programma “Un Mondo a Colori” per il quale dirige vari reportage sull’immigrazione. Nel 2008 gira “Sei Uno Nero” in Malawi, un documentario no profit sull’apertura di una radio per la prevenzione dell’HIV e della malaria .”Lettere dal deserto (Elogio della lentezza)”, è il suo primo documentario lungometraggio girato in India tra Gennaio 2008 e Aprile 2009, completato nel Marzo 2010. Nel 2019 dà vita alla sua opera prima di lungometraggio, Il corpo della sposa, presentata alla Berlinale 2019, dove raccoglie consensi unanimi.

Il corpo della sposa
Verida, ragazza mauritana al tutto moderna, dipendente di un salone di bellezza ed assidua frequentatrice di social media, viene costretta a mangiare a dismisura per divenire grassa dopo che i genitori hanno siglato un accordo matrimoniale con un uomo che lei non conosce. Una volta distrutta l’immagine che la ragazza ha di sé, ed una volta divenuta l’emblema di una estetica locale che la vuole sostanzialmente obesa, la giovane può essere ritenuta dalla società che la circonda un buon affare.

film sul corpo delle donne, e su come venga piegato all’ubbidienza dei canoni maschili, l’esordio nella finzione di Michela Occhipinti, già documentarista e viaggiatrice che è andata a scovare una ragazza dagli occhi profondi in Mauritania e ha deciso di raccontarne la storia. Occhipinti lo fa, benissimo, senza limitarsi a puntare un riflettore su una pratica così dolorosa, ma intessendola di precisi motivi cinematografici che trasformano il film in qualcosa in più di un’opera di mero interesse etnografico. Fin dalla prima inquadratura, la regista imprigiona il volto di Verida in una ciotola piena di latte, immagine che tornerà spesso durante la cronaca di questo brutale periodo di alimentazione forzata, e che lavora in sinergia con gli effetti sonori per produrre un inedito senso di repulsione nello spettatore ogni qualvolta il cibo appare sullo schermo. In un mondo in cui i capi famiglia sono lontani, in cerca dell’oro, l’alchimia rimane pratica domestica e femminile, levigando il desiderio sotto un flusso continuo di liquidi e miscele, siano esse nutrienti o cosmetiche (anche professionalmente, il destino di Verida è scritto nell’apprendimento del mestiere presso il salone di bellezza di famiglia). Gli unici segnali di un cammino diverso, e ugualmente possibile, vengono dalla migliore amica Amal, con le enormi cuffie rosse sempre sopra il velo e un futuro da game designer, e dalla promessa silenziosa di un romanticismo più vero da parte di Sidi, l’addetto alla misurazione del peso che corteggia tramite le ricariche telefoniche.