il lutto |
Cronaca
/Addio a Mario Ambrosoli: Boves saluta una delle sue più vive e lucide memorie storiche
12 settembre 2024 | 07:32
Classe 1948 (nato il 27 marzo), fondatore dello Yamato Club, ricordava tutto nei dettagli, persone ed attività commerciali, negozi. E’ morto nella notte tra il 10 e l’11 settembre, oggi i funerali
Boves. Non aveva un cognome tipico bovesano, Mario Ambrosoli, come capita, sempre di più, a tanti componenti della Comunità. Forse, come altri, da bambino e ragazzo, ne può aver anche sofferto, venendo giudicato un po’ «forestiero in casa»… Ma incarnava molto bene la «bovesanità», anzi, intelligente e lucido, ne era una delle migliori «memorie storiche».
Classe 1948 (nato il 27 marzo), ricordava tutto nei dettagli, persone ed attività commerciali, negozi. Il cognome arrivava da un padre lombardo, comasco, Daniele, arrivato ai piedi della Bisalta negli anni della seconda guerra mondiale, arruolato nella «GaF» («Guardia alla Frontiera», i «frontalieri», Corpo creato dal regime fascista negli anni Trenta), fidanzatosi e sposatosi con una bovesana, come capitò ad altri commilitoni (che così evitarono la «impegnativa» trasferta della campagna militare in Russia del 1941-43), quali i calabresi Fronzè e Settis, l’umbro Casciola… Era cugino dei celebri produttori delle caramelle al miele (che Mario sempre diede come omaggio a clienti ed amici). Daniele Ambrosoli fu decoratore, qualcosa in più di un imbianchino, lavorando sodo, per allevare i tre figli, dipingendo nel tempo libero espressivi quadri naif…
Mario mai ritenne di aver talento di pittore, vedendo alcuni suoi restauri vien da pensare che si sia un po’ sminuito, e scelse la via dell’artigianato, quello che lontano dall’arte non arriva… Con non poco sacrificio frequentò scuola professionale a Saluzzo, la città di Amleto Bertoni. Poi si interessò di antiquariato, dimostrando buone capacità commerciali. La sua clientela non fu solo locale, anzi (mai si riesce ad esser del tutto profeti in Patria). Sin al 2009 seguì la madre, arrivata ai novanta anni, volitiva quanto lui, grande lavoratrice.
Fu consigliere comunale (eletto nella Democrazia Cristiana), negli anni in cui nasceva il «Coordinamento sportivo», settore del quale si occupò. Non fu rieletto. Boves è sempre severa, e sospettosa, diffidente, nei giudizi verso i suoi componenti. I riconoscimenti, quando arrivano, molto spesso son molto tardivi.
Da una ultima collaborazione con l’allora sindaco Riccardo Pellegrino, ventina di anni fa, nacque la sede bovesana delle «Scuole Tecniche San Carlo», il tentativo di dare a dei giovani la possibilità formativa che aveva avuto lui, senza dover andare a Saluzzo. Molto collaborò con la Parrocchia, specie ai tempi del pievano don Enrico Luciano, anche per la casa vacanze in Valle Maira, a Saretto, vicino Acceglio, località che amò sempre molto e dove prese casetta propria…
Per il resto, lasciato negozio e laboratorio (mai del tutto), si dedicò alla sua amata «vigna», alla cura della famiglia (alle due figlie si erano aggiunti nipoti) e, soprattutto, alla Associazione che aveva fondato insieme a Luigi Taffuti, quando erano ventenni, lo «Yamato», «Grande Giappone», per portare la passione delle arti marziali orientali (judo e karate soprattutto), che coltivava a Torino e Cuneo, alle pendici della Bisalta.
Lui la vedeva come «filosofia e disciplina di vita», come regole di rispetto verso gli altri (un codice di comportamento, una «correttezza», con profonde radici nella tradizione paesana locale, della Boves della sua gioventù, che sempre cercò di seguire, provando a contenere un carattere sempre «di fuoco», caparbio).
Lo «Yamato» ha passato il mezzo secolo di vita, ed è ancora lì, negli ultimi anni nella palestra piccola nelle scuole medie, con lui Presidente, a dedicare ai corsi che stan per ripartire anche gli ultimi pensieri, nelle ore prima della morte… Da anni, una pandemia fa, lavorava ad un libro sulla storia di quel Gruppo (che visse di «personalità forti, da quella di Franco Giraudo, a quella del maestro Gino Brachelente…).
Ci racconta un amico. «Lo conobbi nel 1992, me lo presentò un ex Consigliere comunale che lo aveva conosciuto in municipio. Gli chiesi una consulenza perché mi si era proposto per esposizione artista pirografo (ed io ben poco conoscevo quella disciplina, dipingere “bruciando” il legno). Da quella sera di primavera nacque una collaborazione che sarebbe durata oltre trenta anni. Era appassionato di arte, preparato ma anche sempre curioso, con voglia di imparare. Era fiero di essere stato sui ponteggi del restauro agli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina di Roma, e di aver contribuito a quelli di Madonna dei Boschi di Boves… Era attento nel valorizzare i tanti artisti locali…».
Se ne è andato nella notte tra il 10 e l’11 settembre. Per anni aveva tenuto nascosto a tutti un male incurabile, ben più grave delle varie «magagne» (problemi di vista, infortunio a polpaccio) che porta sempre l’età, superati i «settanta»… Ha fatto una vita «normale», solo rallentando un po’ i ritmi, sin all’ultimo giorno…
Sin in fondo, nella vita come nel lavoro, e nella Associazione, gli è stata vicina la moglie Franca, dalla tempra davvero degna di lui. Il suo universo femminile era completato dalle figlie Maresa (quella che più gli somiglia) e Rita (insegnante e candidata alle recenti elezioni, che lo ha reso, insieme ad Alessandro, nonno), dalle nipoti Matilde ed Anna Aiko. A loro si è aggiunto il nipote Matteo, anche lui amatissimo (unico dispiacere che non avesse il suo cognome). Coi nipoti ha giocato a carte l’ultimo pomeriggio. Ha lasciato anche i fratelli Giuseppe (il maggiore) e Bruno (quello «piccolo»), con la cognata Evelina.
Il funerale è stato fissato in Parrocchiale bovesana di San Bartolomeo, alle 15 di oggi giovedì 12 (prima di tappa al Tempio Crematorio di Magliano Alpi). La «Trigesima» sarà martedì 17 alle 18, la «Settima» sabato 12 ottobre alle 18.