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Dalla Valle Varaita all’Himalaya, l’avventura del fotografo naturalista Paolo Della Rocca

26 marzo 2024 | 11:55
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Dalla Valle Varaita all’Himalaya, l’avventura del fotografo naturalista Paolo Della Rocca
Paolo Della Rocca e i leopardi delle nevi

“Più li osservavo, più non ci potevo credere. Piangevo dall’emozione come un bambino. Un momento alquanto raro al quale assistere in natura. Ho la sensazione di aver vissuto un’esperienza spirituale in bilico tra realtà e sogno, racchiuso in una bolla eterea, sospesa nel tempo”

La passione per la natura e l’obiettivo di immortalare un animale raro hanno spinto Paolo Della Rocca, residente a Rossana in Valle Varaita, a partire per l’Himalaya per coronare il sogno: fotografare il Leopardo delle nevi. La sua storia mi ha incuriosito e ho voluto intervistarlo per scoprire com’è nata questa esperienza, come l’ha vissuta e cosa si è portato a casa. Comincio subito con dire ai lettori che il suo sogno si è realizzato, come avrete intuito dalla fotografia di copertina. Ma la parte davvero interessante è come si sia evoluto tutto questo. Un ragazzo che sin da piccolo rimane affascinato da un animale, cresce, attraversa un periodo doloroso della sua vita e infine riesce nel suo intento.

Ci vuole molta motivazione per intraprendere un viaggio avventuroso come questo. Cosa ti ha spinto a tuffarti in questa impresa?
Senza dubbio il protagonista principale di questa intensa avventura: il leopardo delle nevi, detto anche fantasma delle montagne, e per la gente del luogo “il messaggero degli dei”. Parliamo di uno degli animali più elusivi al mondo. È stato fin da piccolo il mio animale selvatico preferito, ha da sempre esercitato un fascino intenso nei miei confronti. Ho sempre conservato dentro di me il sogno di poter esplorare i suoi stessi territori e di poterlo osservare anche solo per un istante in natura. Inoltre, volevo andare alla ricerca di parti nascoste del mondo dove l’uomo è meno impattante e la natura più autentica, incontaminata, e questo viaggio inoltre è stato per me anche l’occasione, dopo la morte di mio padre avvenuta lo scorso anno, di ricavarmi uno spazio mio lontano da casa dove poter in un certo senso “ricostruire” me stesso .

Da Rossana all’Himalaya, un’esperienza che sicuramente ti ha segnato. Quanto tempo è durata?
Il viaggio dall’Italia alla zona Himalayana dello Spiti Valley, nel nord dell’India, è durato quattro giorni, uno di aereo e tre di macchina. Un viaggio lunghissimo, stancante, ma estremamente affascinante. Sono stato là dal 26 Gennaio al 12 Febbraio, in pieno inverno, quando le temperature oscillano tra i -20 e i -30 gradi.

C’è stato qualcosa che per un attimo ti ha fatto pensare di non farcela? Hai incontrato difficoltà?
È stata una grande esperienza di adattamento, di resilienza e di resistenza con il freddo, il rischio di ipotermia, il vivere per dieci giorni in un’area senza acqua corrente nè servizi igienici e con l’elettricità che andava e veniva, la riduzione di ossigeno nell’aria che ti portava a essere prudente, camminare piano, con il mal di montagna sempre in agguato che potenzialmente potesse rovinare il tuo soggiorno. Le bufere di neve sono state frequenti e non hanno per nulla facilitato il mio soggiorno, nè la ricerca del soggetto dei desideri, anche se in un certo senso hanno reso ancora più affascinante questa avventura. Al di là del freddo pungente e delle difficoltà latitudinali non ho mai pensato per un momento di non poter più sostenere l’esperienza.

Aver raggiunto l’obiettivo del tuo viaggio e aver fotografato il leopardo delle nevi sarà stato un momento di grande soddisfazione personale. Cosa ricordi di quel giorno?
Quando siamo arrivati a destinazione faticavo a credere di essere lì, immerso nel silenzio totale, con vette ben sopra i 7000 metri davanti ai miei occhi, realizzai piano piano che lì da qualche parte la presenza del leopardo delle nevi era più reale che mai. La prima volta che l’ho scorso attraverso il mirino della mia fotocamera è stato incredibile. Da subito non riuscivo a vederlo, talmente il suo manto si confondeva con le rocce. Le mie mani tremavano, avevo il fiato cortissimo, non riuscivo a garantire stabilità alla macchina fotografica, sebbene fosse stabile al treppiede. Il mio cuore batteva fortissimo. Il suo mimetismo è la prima cosa che mi ha colpito, quasi come se le sue montagne volessero proteggerlo, agevolandolo nelle sue acrobazie volte a predare per sopravvivere. Non sono riuscito a trattenere le lacrime. E’ STATO un attimo indescrivibile, che porterò per sempre dentro di me. Il giorno memorabile però è stato il 1° di febbraio. Nevicava. C’erano due leopardi delle nevi a 150 metri da me abbracciati in una caverna, mentre la neve scendeva copiosa. Poi in un istante la dama bianca ci ha dato un po’ di tregua e i leopardi hanno cominciato a rincorrersi davanti a miei occhi increduli.

Giocavano… [vedere foto di copertina ndr]

Io più li osservavo, più non ci potevo credere. Piangevo dall’emozione, come un bambino. Un momento alquanto raro al quale assistere in natura. Quando sono tornato alla “guesthouse” e ho controllato le mie fotografie sulla mia macchina fotografica, mi sono reso conto che avevo immortalato momenti unici e irripetibili. Il mio sogno era stato esaudito. Ancora adesso, a distanza di settimane dal mio ritorno a casa il suo richiamo è forte. Ho la sensazione di aver vissuto un’esperienza spirituale in bilico tra realtà e sogno, racchiuso in una bolla eterea, sospesa nel tempo.

L’Himalaya, possiamo dirlo, è un po’ diverso dalla Valle Varaita. Come ti sei trovato?
Nella Valle Dello Spiti mi sono sentito subito a casa. Una delle cose che mi ha più colpito di questa spedizione fotografica, oltre i paesaggi mozzafiato, gli animali, selvatici sono state le persone che ci hanno accolto. Fantastiche, dalla prima all’ultima, di un’umiltà, una gentilezza d’animo e di una semplicità straordinarie. Ogni mattino un ragazzo della “guesthouse” veniva ad accenderci il fuoco verso le 6:30 del mattino, per farci svegliare al caldo (le temperature di notte raggiungevano i -35 gradi). Ognuno di noi aveva un portantino, che era delegato a tenerci gli zaini e i treppiedi fotografici nelle nostre escursioni sopra i 4300 metri di altezza; questo senza dubbio ci ha facilitato parecchio data la carenza di ossigeno a cui non eravamo assolutamente abituati. Non ci hanno fatto mai mancare nulla, cibo e tè caldo anche a pranzo, sebbene fossimo tutto il giorno fuori, anche in condizioni meteo proibitive, con varie tormente di neve. Ci hanno supportato e aiutato come più potevano nella ricerca. Senza di loro tutto ciò non sarebbe stato possibile. A loro va tutta la mia gratitudine.

Questo viaggio come ti ha cambiato?
Più che cambiato mi ha fatto crescere, mi ha modellato, smussato parti di me. Mi ha messo a dura prova per le condizioni climatiche e per l’altitudine, ma mi ha permesso di apprezzare ancora più di quanto già non faccia quotidianamente di quanto la semplicità, l’accontentarsi di poco e il dare valore a quello che si ha sia un valore aggiunto sempre, che ti porta ad apprezzare più profondamente ogni istante vissuto su questa terra. La gente del posto, vivendo in un villaggio remoto a più di 4300 metri di altitudine, lontano dalla modernità di questi tempi, mi ha donato molto dal punto di vista umano.

Hai nuove avventure in programma?
Sicuramente questo viaggio mi ha fatto innamorare dei territori himalayani, quindi il prossimo anno ho in mente di organizzare un viaggio per condurre appassionati nelle terre alte dell’Asia. Ma non sarà il solo, infatti ho in programma altre destinazioni da esplorare, con lo sguardo rivolto sempre verso Nord. Io sono estremamente attratto dai territori freddi, la neve aggiunge allo scenario un aspetto poetico, etereo che mi porta a cercare di fotografare attimi sempre pieni di emozione. Cerco sempre di creare con le mie fotografie uno spazio emotivo in cui l’osservatore possa rispecchiarsi, anche se non è sempre facile riuscire nell’intento. Grazie a questa esperienza nelle terre asiatiche si apre per me un nuovo capitolo dal punto di vista artistico, un nuovo progetto fotografico che collegherà le Alpi Italiane alle terre alte dell’Asia, che col tempo ho l’idea di concretizzare con la pubblicazione di un libro. Le mie fotografie riguardo al leopardo delle nevi e non solo possono essere visionate sul mio profilo Instagram e Facebook, il sito è in via di costruzione.

Leopardi delle nevi - Paolo Della Rocca