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A Borgo San Dalmazzo la commemorazione degli 80 anni dalla seconda deportazione verso Auschwitz

15 febbraio 2024 | 14:27
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Il 15 febbraio 1944 dalla stazione di Borgo partiva il secondo convoglio di ebrei verso il famigerato lager nazista. I ventisei ebrei italiani deportati allora sono stati ricordati stamattina alla presenza delle principali autorità del territorio.

Si è tenuta questa mattina alle 11 presso il Monumento della Stazione di Borgo San Dalmazzo la commemorazione dell’80° anniversario della partenza del secondo convoglio ferroviario partito dal nostro territorio in direzione Fossoli (MO) e da lì verso Auschwitz, dopo quella avvenuta il 21 novembre 1943.

Una delle pagine più nere della storia della Provincia di Cuneo, che vide 26 ebrei italiani venire deportati senza appello verso il famigerato campo di sterminio. Quella del 15 febbraio 1944 fu un’operazione di estrema crudeltà abbinata ad una vigliaccheria senza precedenti, dato che i vagoni merci contenenti i deportati lasciarono la stazione borgarina alle 5.30 del mattino, per evitare di dover gestire troppi testimoni e che dal giorno dopo il campo di concentramento di Borgo San Dalmazzo, che già dall’autunno precedente aveva radunato decine di ebrei tra italiani e non, venne smantellato, in modo da non lasciare tracce effettive dell’efferatezza del piano che vide protagonisti fascisti e nazisti in egual misura.

In occasione di un anniversario così importante erano stamattina presenti tutte le più importanti autorità politiche del territorio, nonché diverse voci di testimoni e famigliari dell’orrore dell’epoca. In primis la “padrona di casa”, la sindaca di Borgo San Dalmazzo Roberta Robbione, che ha accolto e dato la parola agli omologhi Patrizia Manassero di Cuneo, Mauro Calderoni di Saluzzo e Carlo Bubbio di Sambuco. Erano poi presenti l’assessora alla cultura del Comune di Mondovì Francesca Botto e la vicesindaca di Vernante Milena Caraglio, oltre al presidente di Cisl Cuneo Enrico Solavagione e a quello dell’ANPI provinciale Paolo Allemano.

All’incontro erano presenti anche gli studenti delle scuole medie di Borgo San Dalmazzo e Saluzzo, che sono rimasti colpiti soprattutto dalle parole dei due ospiti “testimoni” della storia celebrata oggi. In primis l’avvocato Antonio Brunetti Levi, nipote di Isacco Levi e parente di nove delle 26 persone deportate da Borgo nel 1944, che ha espresso tutto il proprio cordoglio nei confronti di una tragedia accaduta tanto tempo fa, ma le cui ferite sanguinano ancora oggi: “Sono vivo, ma una parte di me è come se fosse nata morta“, è stato il messaggio profondo del suo intervento, dichiarando come per la sua famiglia e come essa molte altre famiglie ebree di tutta Europa, “la guerra non è mai completamente finita”, rendendo necessaria una resistenza ai soprusi e una difesa della memoria costante e quotidiana. In conclusione hanno preso la parola anche la professoressa Enrica Segre, anche lei imparentata con alcuni dei deportati.

Straordinario è stato infine il racconto ai nostri microfoni di Alessandra Soncin (NEL VIDEO SOTTO), membro del comitato del museo della memoria MEMO4345 di Borgo San Dalmazzo che ha raccontato la vicenda con protagonista sua bisnonna Andreina Blua (la cui scheda di ricordo è presente tra le foto allegate) che per sei mesi diede ospitalità a tre donne ebree polacche giunte nella zona di Desertetto da Saint-Martin-Vésubie a rischio della propria vita, riuscendo nell’impresa di salvar loro la vita. I discendenti di seconda e di terza generazione delle ebree sono ancora in contatto con la famiglia Soncin e costituiscono oggi un gruppo di circa 30 persone. Una storia speciale e bellissima, che ha consentito ad Alessandra e alla sua famiglia di “dare un volto alla memoria”, privilegio che purtroppo quasi nessuno dei parenti dei deportati può vantare in maniera così netta.