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Dopo la condanna la figlia del gioielliere Roggero: “basta parole, è il momento dei fatti”

7 dicembre 2023 | 09:34
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Dopo la condanna la figlia del gioielliere Roggero: “basta parole, è il momento dei fatti”

“Se volete darci un aiuto concreto, vi ringrazio in anticipo dal profondo del cuore” scrive in un post Silvia

Dopo la condanna del giudice nei confronti di Mario Roggero, il gioielliere di Gallo di Grinzane Cavour, la figlia Silvia ha pubblicato sui social la richiesta di aiuto dopo tante parole fatte.

Riportiamo qui di seguito integralmente il testo del suo post:

Se volete aiutare la mia famiglia dopo la terribile condanna del giudice verso mio papà, Mario Roggero, questo è il momento giusto!

Ecco il Conto Etico per la raccolta fondi

Intestazione: IOSTOCONMARIOROGGERO
Banca d’Alba filiale di Grinzane Cavour
IBAN: IT87L0853046380000000014216

Vorrei condividere con tutti voi il modo in cui io ho vissuto personalmente le tristi vicende che hanno coinvolto le mie sorelle e i miei genitori.

Il giorno della rapina stavo lavorando quando ho ricevuto una telefonata da mio cognato, il marito di mia sorella minore.
Mi ha detto che c’era stata di nuovo una rapina in gioielleria e mi ha spiegato che questa volta i rapinatori erano 3 e la situazione era ancora più grave.

Immediatamente nella mia mente è affiorato il ricordo della rapina precedente.
In quella occasione mia sorella maggiore, Laura, aveva accolto in negozio i due malviventi camuffati da “clienti”.
Mio papà, all’età di 65 anni, era stato picchiato selvaggiamente ricevendo senza preavviso un pugno in faccia così forte da spaccargli il naso.
Quando ero arrivata in negozio avevo visto uno dei pesanti banconi di marmo caduto a terra e le schegge immerse nella pozza di sangue scuro e denso dove c’era stata la colluttazione.
Mio papà era stato preso violentemente a calci che gli hanno procurato danni fisici che hanno impiegato mesi, anni a guarire.
Ha dovuto subire persino un intervento alla spalla per ricucire un tendine.
In una frazione di secondo ho rivisto il volto di mia mamma, che poco prima era andata a prendersi un caffè al bar e al ritorno era stata avvisata dall’altra sorella, che era riuscita a fuggire, di non entrare.
Dall’esterno del negozio avevano sentito lo schianto del bancone caduto scambiandolo per uno sparo.
Non potevo neanche lontanamente immaginare il suo stato d’animo pieno di paura e senso di impotenza, sapendo che il marito e la figlia maggiore erano all’interno del negozio con i due aggressori.
In una frazione di secondo è affiorato nella mia mente il racconto di Laura, che era stata minacciata con una pistola puntata alla testa, chiusa in bagno e immobilizzata con delle fascette ai polsi.
Mi aveva raccontato che aveva chiesto loro, in lacrime, di non sparare perché aveva due figli a casa.
E di nuovo, a distanza di 2 anni, ecco un’altra aggressione alla mia famiglia.

Questa volta c’erano stati 2 morti.
Mio papà aveva ucciso due rapinatori su tre, mi aveva detto mio cognato al telefono.
In uno stato di shock ho preso la macchina e mi sono precipitata al Gallo, poco distante.
Ho dovuto parcheggiare davanti alla gelateria Berlica, perché dalla Banca d’Alba avevano messo le transenne ed era pieno di gente.
Non volevo incrociare lo sguardo di nessuno, volevo solo raggiungere la mia famiglia.
Camminando a passo svelto ho visto un corpo a terra, coperto da un telo e subito dopo un altro.
Raggiunto l’ingresso nel retro del negozio ho visto mio papà sulla soglia, in un evidente stato di alienazione, che cercava di spiegarmi cosa era successo e mia mamma, con una espressione di paura e i pantaloni bagnati.
Si era fatta la pipì addosso dalla paura dopo aver ricevuto brutalmente un pugno in faccia!
Ho visto mia sorella Laura, che ancora una volta aveva subito la stessa sorte, di nuovo ammanettata e minacciata con una pistola.
Di fronte a quella ennesima situazione disperata cercavo di mantenere la calma facendo respiri profondi.

Ho sentito il desiderio di espormi quella sera, scrivendo un messaggio sul mio profilo Facebook che poi ha fatto il giro d’Italia attraverso tutti i telegiornali.
Ho scritto che pregavo per quelle due anime e che credevo nella giustizia.

Adesso, a distanza di due anni e mezzo da questa triste vicenda, mi sento inerme di fronte alla spietata sentenza del giudice: 17 anni di carcere che equivalgono a un ergastolo, considerata l’età di mio papà!!
Per non parlare della sanzione che deve essere pagata entro 15 giorni, oltre a tutti i soldi già esborsati…
Quindi, amici miei, se volete darci un sostegno concreto, vi ringrazio in anticipo dal profondo del cuore.

Per favore NON SCRIVETE COMMENTI.
Sono già state fatte troppe parole.
GRAZIE GRAZIE GRAZIE”.