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Soave nel 78° Anniversario della Liberazione: “Cuneo brucia ancora”

25 aprile 2023 | 15:59
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Soave nel 78° Anniversario della Liberazione: “Cuneo brucia ancora”
immagine di repertorio

L’intervento del presidente Istituto Storico della Resistenza

Prima di Mattarella è stato il momento di Sergio Soave, presidente Istituto Storico della Resistenza.

Queste le sue parole:

Signor presidente della Repubblica, signore e signori, come mi è stato richiesto, mi limiterò in questa breve introduzione a sottolineare alcuni motivi peculiari e in parte unici della storia della resistenza cuneese. Intanto, immediatamente occupata da truppe naziste, arrivate a Cuneo l’11 settembre ’43, la provincia fu in grado di offrire fin da subito una prospettiva di salvezza che non fosse l’immediata cattura a quei militari delle caserme, nonché agli sbandati della 4^ Armata in fuga apocalittica dalla Francia impossibilitati a raggiungere le loro troppo lontane famiglie. E ciò avvenne qua e là per opera di comandanti ispirati, ma, a Cuneo, grazie a un lavoro preparatorio che Duccio Galimberti aveva perseguito fin dal 25 luglio, in coerenza con la percezione anticipata degli eventi che aveva subito espresso. A differenza di chi, sui giornali dell’epoca, individuava soluzioni consolatorie Duccio era stato chiaro. Salito sul balcone del suo studio affacciato alla piazza che ora porta il suo nome, di fronte a una folla che sperava di sentirsi dire che, con la caduta di Mussolini, sarebbe finita la guerra, il giovane avvocato ammonì perentoriamente – tra il mormorio stupito e la perplessità degli astanti – di non farsi illusioni: la guerra sarebbe finita solo dopo la cacciata dal Paese dell’ultimo dei nazisti e dei fascisti, ciò che indicava implicitamente il compito inevitabile e assai gravoso a cui ciascuno avrebbe dovuto predisporsi in quella che si prefigurava come una guerra di liberazione, ma che inevitabilmente avrebbe assunto i tratti di una guerra civile. Per parte sua, anzi, senza perdere tempo e con il prezioso aiuto di Dante Livio Bianco pochi amici, aveva già cercato di preparare una risposta degna e fu così in grado di raccogliere i primi nuclei di resistenza armata a Madonna del Colletto, nelle vallate a ovest del capoluogo a pochi giorni dall’armistizio. Non era solo, perché contemporaneamente e con eguale tempestività, a Barge si radunò con Pompeo Colaianni un primo drappello partigiano, mentre a est della città di Cuneo, sui colli di Boves, lo stesso avvenne per impulso di un giovane e carismatico ufficiale, Ignazio Vian. E fu qui che prese corpo un tragico primato italiano perché proprio a Boves avvenne la prima strage nazista di una popolazione civile che si ricordi (a Meina, sul Lago maggiore,
analoga strage fu incentrata sulla caccia all’ebreo), i fatti li conosciamo: la cattura di due tedeschi da parte della piccola banda delle colline bovesane, la trattativa con il maggiore Joachim Paiper che vuole i due prigionieri in cambio della salvezza del paese, i prigionieri restituiti, il tradimento della parola data da parte nazista e l’incendio della città (350 case bruciate e 25 civili uccisi compreso parroco e vice parroco). La lezione di quella strage non poteva essere più chiara: al di là della barbarie e dell’abisso morale brutalmente ostentato, i tedeschi vollero comunicare in un solo giorno a tutta l’Italia occupata la loro legge: colpire la popolazione civile per far capire che non era tollerabile alcun sostegno a chi si opponeva ai loro comandi. Ciò che si ripeté tristemente, nei soli 4 mesi successivi, con le analoghe stragi di Bagnolo, Ceretto, Dronero, Peveragno e di nuovo, con più del doppio di morti, a Boves, città davvero prima martire della Resistenza italiana.

Insomma, signor Presidente, grazie per la sua significativa presenza qui, in questo particolare 25 aprile. Essa alimenta di per sé quel fuoco che si evoca da noi nel popolare detto “Cuneo brucia ancora” e rafforzerà la volontà di tutti coloro che sentono il dovere di trasmettere alle giovani generazioni l’epopea e il senso di un tempo in cui donne e uomini si batterono a rischio della vita per darci quella libertà di cui talora, oggi, sembra che si dimentichi l’essenziale valore.”.