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Gli immigrati in sciopero a Saluzzo. Demarchi replica: lontani dalla realtà dei fatti

3 agosto 2022 | 07:45
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Gli immigrati in sciopero a Saluzzo. Demarchi replica: lontani dalla realtà dei fatti
Enough in enough – Braccianti in lotta Saluzzo

Chiedono contratti regolari, case e documenti. “Tutti sanno che a Saluzzo non ci sono posti per dormire, e questo è un grande deterrente per chi fa lavori stagionali”. Il consigliere regionale Paolo Demarchi accusa: dietro alla protesta un’abile regia che vuole alzare il livello dello scontro sociale.

Giovedì 4 agosto è stato indetto uno sciopero dei braccianti agricoli con manifestazione davanti alla sede della Confagricoltura in via di Torino 40 a Saluzzo, con inizio dalle ore 9. Lo slogan della protesta è  “Enough in enough! Basta morti sul lavoro! Basta sfruttamento! Basta razzismo! Vogliamo contratti regolari, case e documenti per tutti”. Il malcontento ha avuto come motivo scatenante l’episodio che ha causato la morte di un giovane immigrato, per il quale è stato aperto un fascicolo di indagine da parte della Procura di Cuneo.

«L’11 luglio – è scritto in un comunicato – è morto un nostro fratello, Moussa Dembelé, ucciso da un macchinario nei campi di Revello. Come moltissimi altri, Moussa aveva il permesso di soggiorno bloccato da oltre un anno ed era costretto di conseguenza ad un lavoro precario, irregolare e senza sicurezza».

«Nelle campagne della provincia di Cuneo che quest’anno traboccano di frutta – prosegue il comunicato dei braccianti – le condizioni di vita e di lavoro continuano ad essere difficilissime. Nonostante la stagione di raccolta sia iniziata da mesi, gran parte delle “accoglienze” destinate ai lavoratori non sono aperte, e i posti sono comunque limitatissimi nelle case adibite dai comuni, mentre un bando regionale fresco di pubblicazione annuncia 116mila euro per l’installazione e l’affitto di nuovi container in gestione ad associazioni ed enti locali. Container in cui nessuno dovrebbe vivere, e dove i lavoratori non vogliono andare anche perché le cosiddette accoglienze diffuse prevedono un contributo da parte dei datori di lavoro, che quindi spesso non rinnovano il contratto a chi si è rivolto al comune e alle associazioni per chiedere un alloggio».

«Per questo ci sono ancora persone che nonostante abbiano un contratto in mano, dormono fuori per non perdere il posto di lavoro. Non sono pochi i lavoratori che dormono al parco di Saluzzo da inizio estate, senza servizi igienici e senza un riparo dalla pioggia, trattati come un problema di ordine pubblico e sotto il controllo e la repressione quotidiana delle forze dell’ordine».

«Alla Regione Piemonte e ai Comuni della provincia diciamo: con tutti i soldi che spendete per container che poi rimangono mezzi vuoti, potreste dare un sostegno all’affitto; adibire case vere ad alloggi, invece di creare business intorno alla gestione di un’accoglienza non solo inutile ma anche dannosa, che crea ricatti e dipendenze dalle associazioni e i sindacati che si pongono come intermediari. Vogliamo anche la possibilità di chiedere la residenza nei Comuni dove viviamo. Il lavoro stagionale obbliga le persone a spostarsi, a lavorare metà anno in Piemonte e l’altra metà a Foggia, a Rosarno, o altrove. Ovunque i comuni si rifiutano di concedere la residenza, che però è un requisito essenziale per rinnovare il permesso di soggiorno, accedere al sistema sanitario e molto altro. Noi qui lavoriamo e qui viviamo, anche se solo per parte dell’anno, e i comuni non possono rifiutarcela!».

«Parlare del problema della casa – continua lo scritto – è essenziale per capire il lavoro in campagna. Sui giornali locali leggiamo pianti sconsolati di Coldiretti e Confagricoltura, perché la manodopera non si trova. La frutta marcisce nei campi e non c’è chi la raccolga. Le associazioni datoriali danno la colpa ai ritardi della burocrazia nei flussi e ne chiedono di più, più semplificazioni, più quote di ingressi da paesi extraeuropei (proprio mentre inizia una campagna elettorale incentrata sul “problema dei migranti”). Chi la frutta la raccoglie però racconta un’altra storia: tutti sanno che a Saluzzo non ci sono posti per dormire, e questo è un grande deterrente per chi fa lavori stagionali. E anche se i contratti ci sono, sono quasi tutti irregolari, con paghe più basse del minimo e pochissime giornate segnate in busta paga. Senza contare i trattamenti degradanti, gli insulti, le minacce. I lavoratori in Italia ci sarebbero, ma le condizioni di lavoro pessime non sono certo invitanti».

Infine l’appello: «A Coldiretti e Confagricoltura chiediamo il rispetto dei contratti, paghe decenti, migliori condizioni di lavoro e un contributo reale all’alloggio che non si tramuti in ricatti ed estorsioni sulle buste paga. Chiediamo alla Questura di Cuneo lo sblocco dei permessi di soggiorno che tardano mesi ad uscire, obbligando i lavoratori ad accettare lavori irregolari perché senza documenti. È nell’interesse di tutti, anche dei datori di lavoro, chiedere alla Prefettura e al Ministero dell’Interno documenti per tutti i lavoratori e le lavoratrici immigrate. Il permesso di soggiorno non è un favore!».

Ai promotori della manifestazione ha risposto il consigliere regionale Paolo Demarchi della Lega. «Da esponente politico del territorio ma anche e soprattutto da imprenditore del settore agricolo posso affermare senza timore di smentita che il contesto descritto dai braccianti con tanto di comunicato stampa (sic!) è quanto mai lontano dalla realtà dei fatti. Partiamo dalla condizione di supposto sfruttamento ai quali sarebbero sottoposti: falso, come dimostrato dai dati desunti dai controlli effettuati in queste settimane dall’Ispettorato del Lavoro. Le aziende del Saluzzese operano nella più completa regolarità, confermando di essere gestite da imprenditori onesti che hanno a cuore innanzitutto il rispetto della legge e degli standard di sicurezza dei loro dipendenti.».

«Secondo punto – continua Demarchi – le condizioni abitative. Anche qui il quadro tratteggiato da ‘Enough in enough’ è lontano anni luce dalla verità. Nella quasi totalità dei casi, infatti, i frutticoltori garantiscono non solo un alloggio più che dignitoso alle loro maestranze, ma pagano di tasca loro anche i costi legati alla luce e il gas. Un impegno del tutto volontario, in quanto non vincolato da alcun obbligo di legge. Anche la Regione ha fatto la sua parte, stanziando più di 110mila euro per reperire ulteriori soluzioni residenziali».

«E’ evidente – conclude Demarchi – che dietro alla protesta di giovedì ci sia un’abile regia che vuole alzare il livello dello scontro sociale. Passi che i braccianti possano contare su una struttura capace addirittura di garantire loro i servizi di un ufficio stampa, ma è abbastanza sospetto che la manifestazione sia organizzata alle 9 del mattino, ovvero nell’orario di punta del pieno della stagione della raccolta delle pesche. E’ il palese tentativo di sindacalizzare decine di immigrati che, pure in un momento in cui la richiesta di manodopera è al massima, preferiscono rifiutare un lavoro onesto e retribuito, per deliberata scelta o perché non hanno i documenti in regola per vivere sul territorio italiano».