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Amianto, dopo trent’anni dalla messa al bando il rischio continua ancora oggi

7 luglio 2022 | 07:27
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Amianto, dopo trent’anni dalla messa al bando il rischio continua ancora oggi
Rimozione di amianto

Secondo stime di Inail, sarebbe ancora da rimuovere e smaltire qualcosa come 23 milioni di tonnellate di materiali. Negli anni ha causato oltre 31 mila casi di mesoteliomi (come registrato nel VII rapporto sulle malattie dell’Inail) e diverse patologie “asbesto correlate”, molte delle quali con esito infausto. Ne abbiamo parlato con il presidente dell’Associazione Rischio Amianto e Sostanze inquinanti per la Salute (Arasis), sezione di Mondovì e della Val Tanaro.

L’amianto, chiamato anche asbesto, è stato utilizzato in molteplici produzioni fino alla sua messa al bando trent’anni fa con la legge 257 del 1992; è ritenuto un minerale con grandi capacità perché è ignifugo, fonoassorbente, facile da lavorare ed economico. Veniva usato soprattutto per le coperture dei tetti, oppure come isolante nelle pareti; le sue qualità e il suo basso prezzo determinarono un impiego massiccio per ospedali, scuole ed edifici pubblici.

Il problema però è che risulta cancerogeno. Negli anni ha causato oltre 31 mila casi di mesoteliomi (come registrato nel VII rapporto sulle malattie dell’Inail) e diverse patologie “asbesto correlate”,  molte delle quali con esito infausto. Uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha evidenziato che il carico sanitario in Italia stimato ammonta a circa 4.400 decessi/anno dovuti all’esposizione ad amianto nel periodo 2010-2016: 3.860 uomini e 550 donne. Di questi, 1.515 sono persone decedute per mesotelioma maligno (più dell’80% dei mesoteliomi è causata dall’amianto), 58 per asbestosi (malattia polmonare causata da inalazione di fibre di amianto), 2.830 per tumore polmonare e 16 per tumore ovarico.

Di amianto si occupa l’Associazione Rischio Amianto e Sostanze inquinanti per la Salute (Arasis), sezione di Mondovì e della Val Tanaro, che nei giorni scorsi ha tenuto a Mondovì l’assemblea annuale dei soci.

«Per questo tema – ci dice il presidente dell’associazione, Sebastiano Sampòin collaborazione con il coordinamento nazionale della nostra associazione, abbiamo chiesto la Sorveglianza sanitaria per gli ex-esposti. E’ stato definito un protocollo nazionale valido per tutte le regioni, ma ad oggi alcuni governatori hanno sospeso o rallentato l’attività a causa della pandemia di Covid-19. Nel caso della Regione Piemonte, ad esempio, abbiamo verificato che non è ancora stata completata l’identificazione di tutte le persone interessate: esiste una prima lista di dipendenti di aziende, ma non completa».
«Questo fatto – continua il Presidente Sampò – è molto grave, perché la prevenzione ha sempre permesso di salvare delle vite umane e prevenire patologie più gravi. La nostra associazione ha chiesto ufficialmente l’inserimento della materia nella prossima riunione del Comitato Strategico della Regione Piemonte».

«La prevenzione funziona se tutti la prendono in carico, anche un Comune può avere un ruolo decisivo» dice ancora Sebastiano Sampò. «A livello locale, ad esempio, l’associazione aveva svolto un’attività informativa con uno sportello amianto presso il Comune di Mondovì. Importante è anche il ruolo dei medici di medicina generale che devono segnalare agli enti preposti un eventuale sospetto, da cui si avvieranno i necessari approfondimenti. Ricordo che se una persona è deceduta per un mesotelioma pleurico accertato, i suoi parenti hanno diritto a un indennizzo del fondo per le vittime dell’amianto, anche se non ha mai lavorato».

L’associazione monregalese si interessa anche di temi che riguardano la salute dei lavoratori e dei cittadini, non necessariamente legati all’amianto. «Siamo intervenuti con il Comune di Carrù – ricorda ancora Sampò – per sollecitare la rimozione del materiale contenuto nel capannone dell’ex ACSA di Carrù, azienda chiusa da anni. La situazione si è risolta dopo l’intervento dell’ARPA e il materiale è stato rimosso. Collaboriamo anche con il Centro Servizi Volontariato (CSV) di Cuneo e soprattutto con l’associazione AICA di Savigliano, dove la ex Fiat Ferroviaria ha avuto e ha tuttora casi di malattia da amianto».
Secondo stime di Inail, sarebbe ancora da rimuovere e smaltire qualcosa come 23 milioni di tonnellate di materiali.«Ci rendiamo conto – conclude Sebastiano Sampò – che con il passare del tempo cala l’attenzione sul tema amianto, ma dobbiamo far pressione perché tutto il possibile per la salute umana venga messo in atto».