A Sale San Giovanni l’inaugurazione della mostra “Verso il diverso”

18 luglio 2022 | 16:25
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A Sale San Giovanni l’inaugurazione della mostra “Verso il diverso”

Dal 22 luglio all’11 settembre, sarà visitabile dal giovedì alla domenica dalle 14 alle 18, 
con ingresso libero

Sale San Giovanni. Gli otto artisti che partecipano all’esposizione intitolata Verso il diverso sono rappresentativi di un vivace cluster culturale che caratterizza l’area monregalese e cebana della provincia di Cuneo, in cui operano personalità creative del luogo, insieme ad altre di provenienza europea, dalla Svizzera all’Olanda, oltre che dall’Inghilterra, che attualmente risiedono tra Mondovì, Ceva, Sale San Giovanni e Varese Ligure (Sp).

Il nucleo familiare intorno al quale ruotano quattro di loro è composto dagli scultori in marmo Daniele Aletti e Daniela M. Guggisberg, insieme ai loro figli Nuria M. Aletti (esegue fotografie analogiche), e Samir B. Aletti (pittore), a cui si sono aggregati i loro amici Floris Andrea (fotografo di origini olandesi), Bruno Geda (scultore in legno), Alvise Pasquali (scultore in legno e in marmo) e Kate Tedman (originaria della contea del Cumbria, in Inghilterra, e autrice di opere realizzate con disegni, dipinti e ricami). Tutti condividono l’interesse per un libero approccio alla conoscenza della realtà, evidenziando la possibilità di far convivere tra loro ideali diversi di vita, orizzonti culturali non omologati, immagini che contrastano le divisioni sociali e i facili accomodamenti al pensiero dominante, per valorizzare l’autenticità del fare e la responsabilità del lavoro artistico nei confronti della nostra contemporaneità.

Daniele Aletti scolpisce i materiali lapidei da lui prescelti con un innato trasporto per la politezza attraente dell’intaglio e la gradevolezza delle venature, in specie di quelle marezzate di giallo oro. Daniele sorprende l’occhio dell’osservatore con il gioco illusorio della combinazione degli opposti: pieni/vuoti, luci/ombre, leggerezza/pesantezza, liscio/ruvido, tattile/visivo, e così via, in un continuo andirivieni di rimodulazioni dei frammenti organici del mondo minerale, comunicandoci il senso vitale e individuale della pietra, con cui siamo invitati a entrare in contatto, non solo per rivivere il nostro legame con la natura, ma anche per permettere al nostro sguardo di penetrare all’interno delle materie minerali, in modo da potervi scoprire, metaforicamente, specifiche caratteristiche formali, specchio della nostra individuale interiorità. Nuria Miryam Aletti fissa su pellicola a colori una sua visione controllata e apparentemente descrittiva della scena umana attale dedita agli svaghi estivi all’aperto o in riva al mare, in parallelo, da un certo punto di vista, agli scatti della “Beach Series” di Massimo Vitali, con cui il fotografo comasco ha colto a partire dal 1995 i cambiamenti avvenuti nel tempo dei nostri comportamenti negli ambienti balneari. Più specificamente, però, Nuria fotografa le persone in spiaggia o in luoghi boschivi ameni con l’obiettivo di cogliere la loro condizione esclusiva di estraniati e di indifferenti nei confronti delle problematiche sociali o ambientali che interpellano in ogni momento il nostro essere nel mondo. Samir (Benjis) Aletti è amante del fenomeno contemporaneo del Graffitismo, che ha autonomamente praticato e sviluppato. In questa occasione espositiva, Samir presenta una serie di vecchi infissi, sui cui vetri ha dipinto coppie in grisaille di compassati ferrovieri in divisa dei primi anni del Novecento, ispirandosi a dei loro ritratti fotografici in posa frontale e ponendoli ironicamente a fianco di colorate e libere espressioni di lettering, fuoriuscite dalla bomboletta di uno scanzonato trainwriter contemporaneo. Il fotografo olandese naturalizzato italiano Floris Andrea è un acuto osservatore in bianco e nero della bellezza che scaturisce dagli accostamenti imprevedibili e seducenti tra esseri umani, mondo animale e mondo vegetale, lasciandosi trasportare dalla fantasia e dalla malia delle situazioni di alterità poetica del reale, che si svelano alla sua coscienza, al suo occhio di veggente, che vive il suo essere come indica il poeta Rimbaud, in uno stato di “lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi”. Bruno Geda ha assimilato esperienze di pratica manuale nel campo dell’artigianato artistico e del design industriale, giungendo a creare sculture slegate da ogni residuo utilitaristico. In particolare, Geda sottopone un soggetto scultoreo scolpito in legno di tiglio alla sua scomposizione in singole unità di proporzioni minime, che pur mantenendo la suggestione della configurazione dell’intero, danno però vita a un paesaggio di forme tridimensionali frammentarie, che si sgretolano nello spazio davanti ai nostri occhi, occupandolo in forma di installazione effimera, tesa a fornirci allarmanti messaggi sulla degradazione inarrestabile della nostra civiltà dei consumi. La scultura in pietra e in legno di Daniela Madeleine Guggisberg comunica forza, solidità e, al tempo stesso, infinita leggerezza. Tutto è dominato da un senso dinamico per l’equilibrio delle forme, in un costante dialogo con la natura, aperto a ogni suggestione o fantasia interpretativa e soprattutto libero da qualsiasi condizionamento. Daniela ricerca nella materia fascinosa delle sue sculture, sospese tra figurazione e astrazione, quell’energia nascosta che attende di essere individuata e portata all’esterno, in interazione con lo spazio. In questo modo, l’artista ottiene il risultato di esprimere idee ed emozioni, che ci portano a rivivere esperienze sensoriali trascurate, tattili prima ancora che visive, ricolme di bellezza primigenia. L’immaginario figurativo di Alvise Pasquali si nutre di un bagaglio iconico che si colloca al confine tra reale e surreale. Le sue opere, lavorate dapprima in legno e poi in pietra, si presentano con un linguaggio formale in cui i richiami classici si associano alla visionarietà espressionistica, con un’evidente tendenza a trattare i temi esistenziali del doppio, del diverso, del malato e di tutto ciò che è insolito, estraneo, sorprendente, collocandosi, quindi, in un orizzonte di ricerca visiva che rinvia alla comparsa del perturbante, del rimosso, fatto accadere inaspettatamente di fronte agli occhi dell’osservatore. Kate Tedman propone una serie di opere realizzate ricamando su vecchie tele dipinte a olio ritrovate nei mercatini delle pulci e raffiguranti personaggi maschili sconosciuti del passato, appartenenti alla middle class. Su di esse, l’artista ha aggiunto un abbellimento pittorico, consistente in minimi interventi di cucito, che interagiscono liberamente con le figure sottostanti. In superficie, quindi, affiorano sottili tratti lineari abbinati a delicati patterns decorativi, astratto-geometrici, che hanno la funzione di attivare l’attenzione dell’osservatore, stimolandolo a immaginare la perduta soggettività di questi unknown men.