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“Mio padre malato di SLA sta seriamente rischiando la vita in carcere”

17 aprile 2022 | 11:02
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“Mio padre malato di SLA sta seriamente rischiando la vita in carcere”

L’appello di Valeria, figlia di Maximiliano Cinieri: “Chiediamo soltanto di poterlo avere a casa con noi per potergli stare vicino in un momento così diffiicile”. Le condizioni dell’uomo sono incompatibili con la detenzione per quattro medici, ma non per il dottor Francesco Romanazzi (direttore del dipartimento di Medicina Legale dell’Asl2 di Cuneo) e così Cinieri resta in carcere. L’avvocato Furlanetto: “ha grandi difficoltà, non capiamo come possano continuare a tenerlo in carcere, non trattandosi neanche di una condanna definitiva, ma di una misura cautelare, visto che non abbiamo chiesto la liberazione totale, ma che venga messo ai domiciliari con il braccialetto elettronico”

“Ogni volta che lo vediamo lo troviamo peggiorato perchè la malattia sta avanzando molto velocemente. Chiediamo soltanto di poterlo avere con noi per potergli almeno tenere la mano per accompagnarlo in un percorso così difficile e per aiutarlo nelle operazioni più elementari come mangiare e vestirsi, cose che ormai non è purtroppo più in grado di fare da solo”. E’ il disperato appello di Valeria, figlia di Maximiliano Cinieri, 45enne astigiano in carcere dall’aprile del 2021 per una misura cautelare convalidata dal giudice a seguito dell’arresto dei carabinieri di Imperia. “Ci chiediamo come si possa pensare a una reiterazione del reato, quando un recente referto psicologico ministeriale ha attestato che mio padre pensa solo alla sua famiglia e alla sua morte”.

L’uomo è gravemente malato e la sue condizioni, a detta dei quattro medici Roberto Carbone (medico referente del carcere), Gianluca Novellone (perito di parte), Luigi Ruiz (direttore della Neurologia di Alessandria) e Umberto Manera (uno dei massimi esperti di malattie neurodegenerative) non sono compatibili con il regime carcerario. Lo sono però per un quinto medico, che è quello che conta, il dottor Francesco Romanazzi, direttore del dipartimento di Medicina Legale dell’Asl2 di Cuneo.

Cinieri, cui è stata recentemente diagnosticata la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), si trova nella casa circondariale Cantiello e Gaeta di Alessandria. Fino ad ora le istanze del suo legale, l’avvocato Andrea Furlanetto, sono cadute nel vuoto. Una situazione paradossale, quella dell’uomo, a cui un giudice del tribunale di Asti ha negato gli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico, chiesti dall’avvocato. «Il diritto alla salute viene prima del diritto alle esigenze cautelari – dichiara Furlanetto – Altrimenti al mio assistito viene preclusa un’aspettativa di vita di 5 anni, che si potrebbe ridurre, se rimane in carcere, a soli due: tre anni di vita in meno».

I fatti. Maximiliano Cinieri era finito al centro di un’indagine svolta dai carabinieri di Imperia, l’operazione “Sonacai” (oro nel dialetto dei Sinti piemontesi), che si è conclusa il 24 aprile scorso con 11 persone arrestate su ordine della procura. Nell’occasione erano stati anche sequestrati beni per un milione di euro, frutto, secondo l’accusa di furti commessi nelle colline imperiesi e di prestiti a interessi d’usura. E proprio per alcuni episodi d’usura, commessi tra Asti e Imperia, nei confronti di pluripregiudicati e per un’estorsione con arma avvenuta ad Asti nel 2016 (dunque tre anni prima dei fatti contestati, ndr) ed emersa in fase di indagine, Cinieri è stato condannato in primo grado, con rito abbreviato, a 8 anni di carcere. «Ho depositato nei giorni scorsi la richiesta di Appello – spiega l’avvocato – Si tratta di una condanna davvero pesante considerando il tipo di reato e la scelta dell’abbreviato».

Il calvario di Cinieri è iniziato a dicembre, quando oltre ad altre patologie di cui soffre, gli è stata diagnosticata la Sclerosi Laterale Amiotrofica. «Ho visto il mio assistito la scorsa settimana – dice Furlanetto – Ha veramente grandissime difficoltà a interloquire. Capisce, ma non riesce a pronunciare più di dieci parole, poi si blocca, non riesce a muovere la mano, non riesce a scrivere, non riesce a legarsi le scarpe, ha difficoltà motorie». Visti i problemi di salute, il detenuto è stato trasferito in un’altra sezione del carcere. «Gli hanno messo un “piantone” – aggiunge il legale – Cioè un altro detenuto che lo deve guardare h24 come se fosse un familiare. Una sorta di badante all’interno del carcere. Ma non capiamo come possano continuare a tenerlo in carcere, non trattandosi neanche di una condanna definitiva, ma di una misura cautelare e considerando anche che il mio assistito ha risarcito tutti quelli che si sono presentato a processo come parti offese e ha mandato le lettere di scuse a tutti».

«Non ho chiesto la liberazione totale, ma che venga messo ai domiciliari con il braccialetto elettronico», dice ancora l’avvocato: «Non credo che una persona affetta da Sla, ad domiciliari e con il braccialetto elettronico possa reiterare il reato e nemmeno che ci sia un pericolo di fuga. L’inquinamento probatorio è escluso, visto che il processo è finito, per cui secondo me non esiste più alcuna esigenza cautelare». Il legale ribadisce la volontà di compiere tutte le mosse possibili per far valere i diritti di un uomo gravemente malato rinchiuso in una cella.