Il marito della marciatrice Elisa Rigaudo si reinventa agricoltore bio dopo aver perso il lavoro

11 aprile 2022 | 08:28
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Il marito della marciatrice Elisa Rigaudo si reinventa agricoltore bio dopo aver perso il lavoro
Il marito della marciatrice Elisa Rigaudo si reinventa agricoltore bio dopo aver perso il lavoro
Il marito della marciatrice Elisa Rigaudo si reinventa agricoltore bio dopo aver perso il lavoro
Il marito della marciatrice Elisa Rigaudo si reinventa agricoltore bio dopo aver perso il lavoro
Il marito della marciatrice Elisa Rigaudo si reinventa agricoltore bio dopo aver perso il lavoro

Il 44enne Daniele Carletto gestisce l’azienda agricola sui terreni montani di Robilante. A Tetto Baricca, che risale a inizio Novecento e si trova a 950 metri di quota

Daniele Carletto, 44 anni, agrotecnico, gestisce l’azienda agricola sui terreni montani di Robilante. A Tetto Baricca, che risale a inizio Novecento e si trova a 950 metri di quota. La moglie, Elisa Rigaudo, classe 1980, è stata una campionessa azzurra di marcia, con molti successi a livello internazionale: percorso in cui spicca il bronzo vinto alle Olimpiadi di Pechino 2008 nella 20 Km. Attualmente frequenta l’Università, collabora con alcune associazioni sportive tra le quali una fondata con Daniele che si occupa di coinvolgere bambini e ragazzi in varie attività fisiche. Con la prospettiva, però, dal prossimo mese di maggio, di aprire anche le porte della struttura di Robilante offrendo attività sportiva e diversi laboratori didattici legati all’agricoltura. Hanno due figli: Elena e Simone di dodici e otto anni.

Per raggiungere l’azienda, dal centro di Robilante si imbocca il Vallone Missionari e si prosegue in via Montasso. Il collegamento, in precedenza per un lungo tratto stretto e sterrato, nel 2016, grazie ai fondi del Programma di Sviluppo Rurale (Psr) per il ripristino delle strade interpoderali, viene sistemato con tutti i principi dell’ingegneria naturalistica. I finanziamenti di parte dell’intervento arrivano grazie alla costituzione di un Consorzio, che Carletto promuove e di cui fanno parte altri proprietari di terreni e case della zona. La salita è ripida, ma i lavori effettuati la rendono facilmente percorribile. Anche perché lo splendido panorama attorno, con le montagne a fare da cornice, rendono il tutto più piacevole. Grazie ancora alle risorse del Psr, nel 2016 Carletto entra in graduatoria e ottiene i contributi previsti dal bando per l’insediamento e il miglioramento dei fabbricati e dei terreni esistenti, ma ormai non più gestiti da tempo. La proprietà, infatti, era dei nonni Andrea e Rosina che avevano curato la piccola azienda, con i castagneti e l’allevamento dei bovini di Razza Piemontese, fino agli Anni Ottanta. Trasferendosi poi a Robilante. Mentre i genitori di Carletto, Michele e Teresa, hanno sempre svolto altri lavori. Prima del 2016 la struttura in quota veniva sfruttata solo durante l’estate, ma non più per praticare l’agricoltura.

Nel 2016, Daniele si trova di fronte a un bivio. L’azienda nella quale è occupato, con altre 105 persone, chiude. Dice: “Dovevo per forza fare una scelta: cercarmi un altro lavoro, che non sarebbe stato facile trovare, oppure impegnarmi nell’attività agricola usando la cascina dei nonni. In realtà, quest’ultima, era una strada che mi entusiasmava e mi sarebbe piaciuto già imboccare prima. Anche Elisa la condivideva. Ma con il posto fisso da dipendente e dei bambini piccoli non avevo mai avuto il coraggio di prendere la decisione. Dopo la perdita del lavoro non ho più avuto problemi e ho scelto di dedicarmi a una passione che ho sempre conservato nel cuore. Certo ringrazio di aver potuto usufruire dei contributi del Psr, ma non è stato un cammino facile. Ora, però, sono molto soddisfatto, perché siamo riusciti a realizzare tutti i progetti che avevamo in mente ”.

Carletto gestisce 14 ettari di terreno. Nove sono costituiti da castagneti, con produzione di Garrone Rosso, Garrone Nero e Servai di Brignola, e i rimanenti coltivati a fagioli rampicanti, patate, lamponi, mirtilli e una parte occupati da boschi che consentono di recuperare il legno per il riscaldamento dell’azienda di Tetto Baricca. E non solo. Inoltre, Daniele si dedica all’apicoltura con una trentina di arnie dalle quali ricava il miele di castagno, il millefiori di montagna e, quando le condizioni climatiche lo permettono, quello di ciliegio. Tutte le produzioni hanno la certificazione biologica. Quindi, la loro qualità e sicurezza alimentare è garantita da pratiche agronomiche senza l’uso di sostanze chimiche. Le vende ai grossisti, ai negozi e direttamente ai consumatori.

Cosa significa condurre un’azienda agricola in montagna? Risponde Daniele:“Diversificare nel modo maggiore possibile le attività, aggiungendo servizi di supporto al lavoro agricolo che ti permettano di essere sostenibile a livello economico. Spesso, infatti, sei danneggiato da stagioni climaticamente critiche e dalla distruzione delle colture da parte degli animali selvatici o dalle nevicate tardive. E poi molti lavori sono di manutenzione dei territori che vanno fatti per poter continuare l’attività, ma non ti rendono nulla dal punto di vista aziendale. Proprio nell’ottica di diversificare ancora di più le nostre proposte abbiamo pensato con Elisa di realizzare i laboratori didattici e le offerte sportive per i bambini e i ragazzi, che saranno disponibili a partire da maggio”.

Per la zona di Cuneo della Cia-Agricoltori Italiani, la responsabile della macro-area e referente è il vicedirettore provinciale, Filomena Sammarco. Dal dicembre 2021, il presidente è Daniele Carletto. Spiega Daniele:“Ho accettato di impegnarmi in prima persona in quanto devi essere dentro al sistema per portare avanti progetti e idee, esprimere proposte concrete, capire i problemi dei colleghi che possono essere anche i tuoi. Ma i percorsi devono partire dal basso, da chi opera ogni giorno in campo. L’area di Cuneo è costituita da imprenditori di pianura, collina e montagna. Le necessità sono tante e diverse che vanno conosciute e discusse per trovare delle soluzioni”.

Quali sono gli obiettivi del suo mandato? “Sono a disposizione delle aziende agricole, con l’obiettivo di ascoltarle e rappresentarle tutte. Bisogna confrontarsi, anche perché solo in questo modo possono emergere le difficoltà. E, per ottenere dei risultati, il dialogo deve essere costante nel tempo e non occasionale. I problemi dei vari settori vanno seguiti con attenzione”.

Ma non solo.“Oltre a consigliare agli agricoltori di puntare sempre sulla qualità, occorre convincerli che solo mettendosi insieme si possono raggiungere dei traguardi altrimenti irraggiungibili da soli. Nella castanicoltura sarebbe fondamentale trovare l’intesa comune sulla promozione e sulla vendita. Ma anche per altri prodotti. Penso, ad esempio, alla trasformazione dei piccoli frutti. Chiedo: perché le aziende di una valle, come potrebbe essere la nostra, non si mettono insieme e affidano il lavoro a un solo laboratorio anziché a dieci diversi? E poi non fanno commercializzare da un’altra struttura specializzata le marmellate e i succhi, magari utilizzando un marchio uguale per tutti? Si spenderebbe di meno nella trasformazione e si guadagnerebbe di più nella vendita. Bisogna entrare nell’ottica che il prodotto di una zona deve essere legato al nome del territorio dal quale proviene. In altre regioni d’Italia lo fanno già da tempo e funziona molto bene”.

Inoltre?“Vanno sfruttate nel modo maggiore possibile le risorse messe in campo dal Psr e dai Gruppi di Azione Locale. Anche per comperare o sostituire le attrezzature attraverso le misure che finanziano gli investimenti collettivi per uso comune. In montagna, ad esempio, i macchinari sono importanti per effettuare alcuni lavori e solo se li hai riesci ad essere competitivo. Il loro costo, però, è inavvicinabile. Su questo aspetto è sicuramente necessario innovarsi, ma un aiuto nell’acquisto diventa fondamentale”.

Cosa chiede alle Istituzioni? Di essere più concrete e legate ai problemi reali degli agricoltori. Prendiamo l’acqua. C’è una dispersione enorme nel percorso da monte a valle. Una volta a costruire i canali per regolarne la portata ci pensavano i contadini di montagna. Adesso le terre alte sono per la maggior parte abbandonate. E degli interventi di regimazione dovrebbero occuparsene le Istituzioni. O direttamente o prevedendo dei contributi per chi abita ancora in quelle zone. Nelle aree montane, poi, perdiamo continuamente superfici agricole a causa dell’invasione dei boschi. Ma se chiedi la riconversione a prato del terreno devi pagare delle cifre esorbitanti”.

Sulla castanicoltura? “Servirebbero dei bandi del Psr per la potatura delle piante esistenti. Invece, visto che non ci sono risorse destinate a questa pratica e il taglio va effettuato da professionisti con costi elevati, in questo momento si preferisce lasciar perdere un patrimonio che c’è già per realizzare nuovi impianti. Magari con varietà non più autoctone e di qualità inferiore”.

Cosa può fare la Cia Cuneo per le aziende agricole? “Sta già facendo molto. L’ho potuto constatare personalmente quando ho partecipato ai bandi. Pero, c’è sempre di più la necessità di accompagnarle e seguirle anche nei progetti più ambiziosi e disponsorizzare le loro produzioni”.

Daniele Carletto è disponibile a raccogliere proposte e suggerimenti dai colleghi agricoltori. Lo si può contattare attraverso la mail info.carletto@gmail.com