Quando il dottor Menardo, nella sua Dronero, praticava lo sport della canoa

26 febbraio 2022 | 09:28
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Quando il dottor Menardo, nella sua Dronero, praticava lo sport della canoa

“Una sfaccettatura poco conosciuta di Valentino” raccontata dall’amico Giuseppe, Gigio, Gallo

Giuseppe, Gigio, Gallo in un post su Facebook ha ricordato l’amico Valentino Menardo con il quale ha condiviso la passione per lo sport della canoa.

Quando una persona se ne va lascia dietro di sé un grande dolore nelle persone che lo hanno conosciuto, generalmente. Dolore di intensità diverse, in rapporto alla sensibilità individuale e al rapporto che c’era con chi se n’è andato. Chi piange un marito o moglie, un padre, un fratello, vive questo momento con un senso di totalità, che sovrasta ogni altra cosa della vita.
Ma non meno intenso è il senso di perdita in coloro che hanno, in modi differenti, vissuto parte della vita con quella persona.
C’è chi ricorderà il compagno di classe o di giochi, l’amico di gioventù o della maturità, il compagno di studio o di lavoro, il collega, il medico che è stato fondamentale nel rendere più dignitosa la parte finale della vita di una persona vicina.
Valentino lascerà dietro di sé una miriade di emozioni, in tantissime persone che hanno incrociato la sua vita.
Nella molteplicità di ricordi voglio esprimere anche il mio, che farà conoscere una sfaccettatura poco conosciuta di Valentino.
Io ricorderò sempre il compagno di discese in canoa, di appassionato di questo magnifico sport.
Io non sono dronerese di nascita, sono immigrato da Cuneo.
In quegli anni iniziò in provincia lo sport della canoa.
Iniziò grazie a 3 cuneesi, ma interessò da subito Dronero. Infatti allora le canoe erano di vetroresina e a Dronero c’era la resinvetro, che lavorava quel materiale. E che iniziò a produrre le prime canoe, per il nascente club cuneese. Che tra l’altro vanta nei soci fondatori 2 drenei, Simondi e Pira.
Ricordo che quando iniziai a scendere i fiumi venni a conoscenza dell’esistenza a Dronero di un gruppo di praticanti la canoa.
Quando, per motivi affettivi, iniziai a frequentare questo paese ne conobbi alcuni. Vi erano gruppetti diversi, ma io conobbi il gruppo di Walter “Bubu” Messa, Fausto Borghesi e Valentino.
Non era stagione di acqua nei fiumi e allora ci conoscemmo narrando.
Ricordo chiaramente che mi sentivo a soggezione nei loro confronti! Oltre allo Stura e Il Gesso, che avevamo sceso tutti, loro avevano sceso il Maira. Ma non solo: avevano fatto il salto della diga!
Andai più volte a guardare quella struttura, anche se con un basso livello di acqua. E la mia stima per quei ragazzi, giovani come me, aumentò sempre più. Quando arrivò la primavera e l’acqua permise di scendere il canoa andammo insieme sullo Stura, sul Gesso, che Valentino amava particolarmente. E sul Maira, in Valle.
Per anni si sono succedute discese insieme, fino ad una volta che segnò profondamente il nostro futuro sui fiumi. Era la domenica della festa del narciso ad Acceglio. Si organizzò di andare a scendere da Ponte Marmora al ponte per Celle Macra.
Il livello dell’acqua era veramente alto, non l’avevo mai visto così.
Va da sé che la discesa divenne una disfatta, per noi. La grande quantità di acqua che rotolava a valle aveva invaso quelle zone di “morta”, quelli che noi chiamiamo “tumpi”. Le onde erano altissime, la velocità impressionante. Fu una discesa epica, con canoe perse e spavento in alcuni di noi che andati a bagno non riuscirono facilmente a guadagnare la riva, portati via dalla corrente.
Nel dopo discesa ricordo perfettamente Valentino. Da persona seria e matura mi disse, a me che mi stavo dedicando con più passione a quello sport: “Sai, Gigio, non posso più fare questo tipo di discese. Troppo il rischio e io, con il lavoro che faccio, non lo posso correre. Troppe persone hanno bisogno che io sia reperibile, pronto ad aiutarle. Non posso farmi male”. Che grande persona!!!
Andammo ancora a scendere il Gesso o lo Stura, o anche il Maira, ma con poca acqua. Per me Valentino sarà sempre quel magnifico amico che urlava di gioia danzando tra le onde.
Caro Valentino, porterò sempre con me l’ALE’ OP urlato sulle onde e magari un giorno pagaieremo nuovamente insieme. Ah, magari sarà la volta che farò anche io, sotto la tua assistenza, il salto della diga, che non ho mai fatto.”