Il 45% dei ginecologi della Granda è obiettore di coscienza e non disponibile a praticare gli aborti

25 febbraio 2022 | 09:31
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Il 45% dei ginecologi della Granda è obiettore di coscienza e non disponibile a praticare gli aborti

Tutti i dati in materia sono stati snocciolati dall’Associazione Radicali Cuneo, che ha stilato una lista con le percentuali di medici obiettori in tutta la Granda. Dati preoccupanti soprattutto a Ceva e Mondovì, dove su otto ginecologi soltanto uno non è obiettore.

Alessia Lubeè e Alice Depetro, rispettivamente Presidente e membro di Direzione della Associazione Radicali Cuneo – Gianfranco Donadei, hanno richiesto un accesso agli atti all’ASL CN1, ASL CN2 e Az. Ospedaliera S. Croce e Carle per poter monitorare la situazione relativa alle interruzioni volontarie di gravidanza.

In Provincia di Cuneo, secondo i dati raccolti dai Radicali, non ci sono strutture in cui il servizio è totalmente non garantito; tuttavia, le percentuali di ginecologi obiettori sono alte. Il dato più grave è quello del polo Mondovì-Ceva, con l’88% di obiettori. “Quello che è l’ospedale di riferimento di una zona molto ampia – affermano le due attiviste – ha un solo ginecologo non obiettore, su otto in servizio”.

In Provincia i ginecologi in servizio presso strutture pubbliche sono 53, di questi 24 sono obiettori (il 45%). Osservando i singoli casi: Verduno ha il 53% di ginecologi obiettori, Savigliano, Saluzzo e Fossano il 25%, al Consultorio 33%, all’Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle 31%. Dati meno gravi rispetto, ad esempio, all’ospedale di Ciriè-Lanzo, con il 100% di obiettori.

“Si discute ancora se l’aborto sia o meno omicidio – continuano Lubèe e Depetro – ma i dati scientifici parlano chiaro. Per le prime due settimane di gestazione l’embrione non è un individuo: è formato da un insieme di cellule che possono staccarsi creando altri embrioni. Fino al secondo trimestre, non presenta attività elettrica nella corteccia cerebrale; non può cioè pensare, sentire dolore, avere coscienza di sé e provare emozioni. A 90 giorni di gestazione, limite della legge italiana per l’aborto, l’embrione non avrà dunque sviluppato alcuna caratteristica per essere considerato una persona e non potrà soffrire per l’IVG.

Chi può soffrire è però la madre. Uno studio dell’Università di Cambridge, dimostra che le gestanti che non possono abortire incorrono in media in rischi alla salute maggiori di quelli legati alla pratica dell’aborto; sono inoltre più inclini a sviluppare forme depressive rispetto alle donne non costrette alla gravidanza. Anche per questo è fondamentale che nelle strutture pubbliche, così come la legge 194/1978 impone, sia sempre garantito il servizio e che la donna abbia la possibilità di rapportarsi con medici che diano loro informazioni scientificamente corrette. Un numero troppo elevato di obiettori, informazioni false, violenze psicofisiche di alcune associazioni appoggiate da politici retrogradi, sono cose del tutto inaccettabili” concludono.