Achille Lauro si battezza sul palco dell’Ariston. Il vescovo: «Spettacolo penoso»

2 febbraio 2022 | 11:54
Share0
Achille Lauro si battezza sul palco dell’Ariston. Il vescovo: «Spettacolo penoso»
Achille Lauro si battezza sul palco dell’Ariston. Il vescovo: «Spettacolo penoso»
Achille Lauro si battezza sul palco dell’Ariston. Il vescovo: «Spettacolo penoso»
Achille Lauro si battezza sul palco dell’Ariston. Il vescovo: «Spettacolo penoso»

«Fa dolore vedere come personaggi che dovrebbero avere più responsabilità e più buon senso di lui in realtà non solo lo permettano ma inducano»

«Una triste apertura del Festival della Canzone Italiana 2022 ha purtroppo confermato la brutta piega, che, ormai da tempo, ha preso questo evento canoro e, in generale, il mondo dello spettacolo, servizio pubblico compreso».

E’ la dura condanna di monsignor Antonio Suetta, vescovo della diocesi di Ventimiglia-Sanremo, alla performance del cantante Achille Lauro che, a detta del religioso, con la sua «penosa esibizione […] ancora una volta ha deriso e profanato i segni sacri della fede cattolica evocando il gesto del Battesimo in un contesto insulso e dissacrante».

Una performance, quella dell’artista in gara alla 72esima edizione del Festival di Sanremo, che non si discosta da quelle passate: già lo scorso anno, Lauro era salito sul palco dell’Ariston con una corona di spine sulla testa imitando il Cristo. «Non è nulla di nuovo sotto il sole – commenta il vescovo – Diciamo che è scarso anche di fantasia. Se non riesce a insultare la Chiesa e la fede non sfonda, allora vuol dire che è poco artista».

Ma monsignor Suetta non ce l’ha tanto con Achille Lauro in sé: «Non è tanto lui il problema, abbiamo capito il personaggio, abbiamo capito la sua tattica che come ho detto è penosa e oggettivamente offensiva nei confronti dei credenti», dice, ma soprattutto con i vertici Rai e con il direttore artistico Amadeus che hanno consentito all’artista di esibirsi: «Fa dolore vedere come personaggi che dovrebbero avere più responsabilità e più buon senso di lui in realtà non solo lo permettano ma inducano – spiega – E questo trovo che sia grave, ma so che questa mia denuncia cade nel vuoto dal punto di vista della moda del momento, però ho ritenuto doveroso farla perché ci sono persone che ragionano e giustamente, se non mi esponessi, potrebbero domandarsi “perché il vescovo non dice nulla?”».

Ad essere preso di mira, è sempre il simbolismo cristiano: «Il coraggio è quello del coniglio – dichiara Suetta – Ovviamente noi non facciamo la fatwā».

Domenica“, è questo il titolo del brano di Achille Lauro, presentato con l’accompagnamento di un coro gospel, che già «alludeva al giorno del Signore, celebrato dai cristiani come giorno della fede e della risurrezione, collocandolo in un ambiente di parole, di atteggiamento e di gesti, non soltanto offensivi per la religione, ma prima ancora per la dignità dell’uomo», spiega Suetta.

Un testo che, a detta del vescovo, non ha comunque alcun senso: «Se si prende il testo e si sostituiscono due righe con le parole “il gatto manca e i topi ballano”, il senso della canzone non cambia perché non c’è. Diversa è una canzone come quella di Massimo Ranieri o di Gianni Morandi, cito i due più vecchi, però a me pare che le loro canzoni abbiano un bel messaggio e che anche le doti canore siano importanti. Se invece uno va lì fa dei versi… Sembra come quei bambini che magari quando ci sono tanti adulti sono un po’ imbranati e allora fanno gli sciocchini per mettersi un po’ in evidenza, ma se in un bambino risulta simpatico in un adulto, in un contesto del genere, risulta non digeribile».

«La cosa è blasfema e la condanno – conclude Suetta – Ma raglio d’asino non sale al cielo quindi il problema è relativo. Quello che mi fa veramente pena è la deriva dal punto di vista educativo, cioè se noi facciamo crescere dei ragazzi con queste attitudini nichiliste, disfattiste, che cosa facciamo? Per me se una persona si dichiara non credente e dice che le cose in cui credo sono tutte fantasie, per me non è offensivo, rispetto la sua opinione, se posso dico la mia, ma non mi offendo se uno dice “io non condivido la fede”, ci mancherebbe, ognuno è libero di fare il suo cammino. Ma questa è un’offesa grave, ripetuta, costante, pubblica. Poi questi ragazzi che attraverso i social vengono imboniti, che cosa concludono? Ma se non lo capiscono persone che a livello istituzionale hanno delle responsabilità è grave, ma è la situazione del momento».