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Giovanni Botta, lo street artist braidese che sogna di incontrare Papa Francesco

6 gennaio 2022 | 12:31
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Nuovi murales realizzati per abbellire i piloni del cavalcavia di via Crosassa

Giovanni Botta, braidese, ha iniziato un nuovo progetto. Lo avevamo conosciuto come Giò BIC, grazie ai ritratti che realizzava proprio con l’omonima biro.

L’abbiamo nuovamente incontrato per sapere cosa c’è dietro a questo progetto.

Dalla Bic ai murales, come mai questo “passaggio”?Io non mi ritengo un artista ma un disegnatore. Ho sempre disegnato fin da piccolo. Poi lavorando in birreria ho iniziato a far ritratti dei clienti sulle tovagliette ma nel frattempo continuo a fare l’Oss. Penso che uno debba evolversi e crescere sempre in questo ambiente. Se penso al mio percorso ricordo prima le tavolette di legno, prima piccoline fino ad arrivare a quella 2 metri e 50 con ritratta Rita Levi Montalcini. Poi mi sono dedicato alle scalinate e sono arrivato a realizzarne 25. E’ seguito il periodo dei teloni, poi le caricature. Quindi posso rispondere alla dicendo che un passaggio continuo di crescita mi ha portato oggi a dedicarmi alla street art e i murales.

Come è nata l’idea?Tutto è partito dal vedere questi piloni imbruttiti in strada Crosassa, una via di periferia, dietro al Big Store, sotto il cavalcavia che collega Bra a Bandito. Erano l’ideale. Ho iniziato a colorarne uno, poi come sempre ci prendo la mano ed ho continuato, difficile fermarmi. Per il momento mi sono occupato dei più visibili, sul passaggio spero di poter continuare a render meno anonimi quelli nascosti, per vedere fin dove può spingersi la curiosità delle persone. C’è comunque un progetto con un senso che lega ogni murales, come in tutto quello che faccio. L’obiettivo é spingere la gente a riflettere rendendola partecipe del mio disegno.

Quanti murales hai già realizzato? Per ora sono a quota 4. Ho iniziato il quinto, il più grande di tutti come dimensioni..
Madre Teresa di Calcutta. Le mani, il David siamo sui 4 metri, 5 metri e mezzo con doppia scala per Madre Teresa di Calcutta, penso già al successivo.
Chi sono i soggetti rappresentati e perché proprio questi? Il primo soggetto ritrae due mani che si intrecciano rompendo la pietra, stringendosi; è un disegno contro il razzismo essendo una mano bianca e una di colore, un tema a me molto caro. È seguito il volto del David di Michelangelo; l’ho scelto come per permettere, in questo periodo non facile, a chi non l’avesse mai visto di poter ammirare la sua bellezza annullando le distanze. Poi è stato il momento del Papa, figura a cui sono molto affezionato, scelto perché una delle poche persone che sul tema dell’immigrazione smuove le menti, spero sempre di poterlo incontrare un giorno. Sono seguiti Falcone e Borsellino, scelti perché spesso la mafia è un argomento non trattato e sarebbe bello ricordarli sempre non solo nei giorni della strage. Ora ho iniziato Madre Teresa di Calcutta accanto alla quale apparirà una preghiera sulla famiglia o sugli ammalati, lavorando io nell’ambiente.

Tempo di realizzazione per ciascuno? Dalle 10 alle 20 ore tra disegno e colore, il cemento assorbe il colore quindi bisogna ripassare, le tempistiche su per giù sono quelle poi dipende anche dalla dimensione.

Progetti futuri? Non mancherò di ritrarre Liliana Segre, come anche gli infermieri che nella loro professione mai come oggi si donano al prossimo. Mi auguro che i messaggi profondi che lascio accanto ai murales arrivino alla gente. Sono convinto che se uno ha una dote debba sfruttarla al meglio. Rimane il sogno di incontrare Papa Francesco, che ormai avrò ritratto una quarantina di volte, per tutta una serie di motivazioni difficili da spiegare, ma che provo a dimostrare attraverso il disegno: le sue frasi,così semplicemente profonde, quello che dice, me le porto sempre dentro e provo ad attuare nel quotidiano, cosa non semplice.