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Il villarese Giorgio Garelli ha concluso il Tor des Geants, il trail più duro al mondo

10 ottobre 2021 | 19:34
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Il villarese Giorgio Garelli ha concluso il Tor des Geants, il trail più duro al mondo
Il villarese Giorgio Garelli ha concluso il Tor des Geants, il trail più duro al mondo
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Il villarese Giorgio Garelli ha concluso il Tor des Geants, il trail più duro al mondo
Il villarese Giorgio Garelli ha concluso il Tor des Geants, il trail più duro al mondo
Il villarese Giorgio Garelli ha concluso il Tor des Geants, il trail più duro al mondo

“Quando raggiungi l’arco ti rendi conto di aver fatto qualcosa di forte e che ti sembrava quasi impossibile finché non lo concludi” ha raccontato a Cuneo24

Tra i partecipanti dell’edizione 2021 del Tor des Geants c’era anche un rappresentante della Granda. Si tratta del 32enne Giorgio Garelli, originario di San Chiaffredo ora trasferito a Villar San Costanzo.

Lo abbiamo incontrato per farci raccontare della sua esperienza al trail più duro al mondo: il Tor des Geants.

Innanzitutto chi è Giorgio Garelli? Un ragazzo cuneese 32enne appassionato di montagna che ha studiato ingegneria meccanica e ora lavora come impiegato tecnico in un’azienda della zona.

Quando ti sei avvicinato al mondo della corsa e perché?Non mi sono mai definito un grande sportivo anche se ho sempre praticato diversi sport. Da ragazzo ho giocato a basket fino a seconda superiore poi più per amicizia che altro sono passato al calcio ma non era il mio forte lo dacevo più per la compagnia. Ero in sovrappeso nonostante ciò corricchiavo e intorno ai 25 anni ho ripreso ad andare in montagna anche da solo contro la volontà di tutti perché è pericoloso andarci da solo, ho fatto un sacco di gite con amici di più giorni ma ero uno lento e pesante. Dopo essermi sposato nel 2015 ho iniziato a prender la corsa più seriamente unendo la corsa con la passione per la montagna anche se andavo contro ciò a cui pensavo: la montagna l’avevo sempre vista con un qualcosa da fare lentamente con zainoni, scarponi e tutto ciò che serve per andare in montagna invece poi, ispirato da amici e corridori, ho iniziato a correre in salita e discesa, iniziando a sognare anche qualche gara iniziando a vedere qualche risultato e anche a perder peso quindi dopo qualche anno di corsa per fatti miei mi sono iscritto a una gara di 40 km che già mi sembrava il massimo traguardo a cui ambire a livello di corsa in montagna. E’ una gara che si svolge al mare si chiama “Mare e Montana” è stata la svolta la prima vera gara su una distanza che è quella della maratona con 2.800 m di dislivello. Feci la gara ma sbagliai qualcosa, tipo l’alimentazione e faticai a concluderla in un tempo abbastanza alto ma ero piuttosto soddisfatto. Da lì in poi ho continuato ad ambire a chilometraggi sempre più importanti, aumentare gli allenamenti, gli stimoli, gli obiettivi e pian pianino sono arrivato a distanze di 80 km già dallo scorso anno.

Fino ad arrivare all’ultima impresa: la Tor des Geants… Quando hai deciso di partecipare? Era la tua prima volta? Perché l’hai scelta? Quanta preparazione c’è dietro?Del Tor des Geants ne ho sempre sentito parlare, è sempre stata la gara che mi rispecchiava di più in quanto non sono un gran corridore, rispetto ad altri mi sono sempre piaciute di più salite e discese tipiche della montagna e il Tor è la classica gara che si svolge in montagna. In più si sta sovente da soli, si percorre su una lunghissima distanza che non richiede grandi velocità ma forte determinazione e voglia di andare avanti. E’ vero che era la gara che mi si addiceva di più ma erano pur sempre 350 km. L’anno scorso non si è svolta ma nel periodo del Tor ho iniziato a leggere, vedere dei video, informarmi sulla gara e mi sono fatto prendere abbastanza coinvolgendo anche mia moglie Monica che forse non si rendeva conto di cosa si trattasse ma vedeva il mio entusiasmo e mi spronava a provarci. Fatto sta che quando è arrivato il momento delle iscrizioni ho detto che avrei potuto provare il tempo per allenarmi c’era, per il covid non ci sarebbero stati normalmente tutti gli iscritti 2-3mila iscrizioni a fronte di 700 posti quindi c’era più possibilità di poter partecipare. Le iscrizioni erano basse per paura del rischio di annullamento e molti non si sono proprio iscritti. Sono stati praticamente pescati tutti gli iscritti. A metà marzo ho ricevuto la mail che mi confermata di esser stato scelto, avrei dovuto formalizzare l’iscrizione entro la fine di aprile. Al che ho contattato un allenatore che mi aveva già seguito per la preparazione di una gara che poi non si è svolta per via del covid. Ho chiesto cosa pensasse della mia iscrizione. Secondo lui avevo delle probabilità di finirlo senza ambizioni di tempi ma di arrivare al termine se mi fossi allenato nei sei mesi che mancavano alla gara. Quindi ho confermato l’iscrizione e iniziato la preparazione. Da quel momento fino al giorno della gara tutto era in funzione del Tor: gare, allenamenti erano in preparazione a questa impresa. Ho iniziato i primi allenamenti su distanze breve e veloci, per poi passare ad allenamenti più lunghi fino a agosto con la simulazione il più possibile della gara con giorni di allenamento in montagna, dormendo nei rifugi, anche se non si arriva mai a provare la distanza della gara in questa situazione poi non ci si avvicina nemmeno.
E’ arrivato il fatidico 12 settembre mi ritrovo pronto sulla linea di partenza, spaventato ed emozionato non sapevo bene cosa mi aspettasse ma allo stesso tempo sapevo di volerci provare su una distanza di quel genere. Partito domenica alle 10 dal centro di Courmayuer dopo una breve passerella si sale. Si tratta di 24 colli, tempo massimo di 150 ore con barriere orarie da rispettare lungo il percorso. Ogni 50/60 km c’è una base vita in cui può farti una doccia, farti massaggiare, dormire e trovi una sacca preparata in precedenza con tutto il necessario (ricambi, giacche) che puoi inserire nello zaino in base alle previsioni delle ore successive. La gara non è partita benissimo in quanto venivo da un infortunio che mi ha tenuto fermo l’ultimo mese prima della gara ma forse, con il senno di poi, è stato anche un bene perché ho potuto recuperare le fatiche del periodo di preparazione. Dopo le prime 2 o 3 salite è arrivata la prima stanchezza che fa parte del gioco ma i primi 60/70 km sono filati abbastanza bene. Un dolore al ginocchio è arrivato all’80emo km in cima al colle più alto a 3300 metri e rallentava la discesae, ro sveglio da quasi 36 ore il dolore era molto forte, ho impiegato il doppio del tempo necessario arrivando stanco e provato psicologicamente e fisicamente alla seconda base vita di Cogne. Dopo una doccia e aver dormito un paio d’ore sono andato direttamente dai fisioterapisti che mi hanno applicato un nastro che mi ha permesso di evitare di distendere completamente la gamba. Dopo il bendaggio sono ripartito per continuare non ero al 100% ma ho voluto continuare il dolore era costante e mi permetteva di continuare. La tappa prevedeva 2500 metri di dislivello che non ha aiutato il mio dolore era tutta discesa, raggiunto Donnas, la terza base vita con ancora dolore dietro al ginocchio anche se diminuito. Qui ho mangiato, mi sono rimesso in sesto, dormito poco perché dovevo stare nei tempi. Ho deciso di anticipare la partenza sulle barriere successive. Sono ripartito meno dolorante, risistemato il bendaggio, partito ottimista nonostante mi stesse aspettando una salita di 2000 metri di dislivello di salita, raggiunto il 150emo km con circa 10mila metri di dislivello fatti. La tappa da Donnas a Gressoney è ritenuta una delle tappe più dure di tutto il Tor des Geants, a metà del percorso, terreno molto tecnico, salite impegnative, discese complicate, sovente il percorso è umido e bagnato con il rischio di scivolare, si passa in zone impervie. E’ una tappa complicata, si iniziano ad accusare i primi sonni, da più di 2/3 gg che si cammina, arrivano i primi cedimenti, ma per fortuna sono riuscito a chiuderla seppur in maniera piuttosto giusta. Raggiunta la base vita di Gressoney, mangiato, dormito un’ora e mezza e sono ripartito. La cosa bella di questa tappa è stato che il dolore al ginocchio era passato, ho eliminato il bendaggio. In tanti mi hanno detto che chi raggiunge Gressoney concluderà sicuramente il Tor, in realtà siamo solo al 200emo e ne mancano ancora 130/140. Da qui in poi i sentieri sono meno impervi, anche le barriere orarie sono più larghe e il percorso secondo me è uno dei più belli. Il problema grosso diventa il sonno che porta a momenti difficile in cui si fa fatica a restare svegli, concentrati, questo rende ancora più difficoltoso l’avanzare. Mi rendeva difficile rientrare nei tempi, un passo dietro l’altro sono avanzato da una base all’altra fino a Valtournanche Olomon, ultima base vita prima dell’arrivo. Non ero in perfette condizioni, grande fatica in discesa, compensavo in salita mantenendo un buon passo. Parto con qualche ora di vantaggio rispetto al limite massimo e mi incammino per le ultime due salite e due discese prima dell’arrivo a Courmayeur. E’ andato bene tranne in un tratto monotono che ha accentuato il sonno ma ho dovuto resistere fino a dormire mezzora rifocillarmi ed affrontare l’ultima salita tostissima per il sonno che prende il sopravvento ad ogni passo, la fatica è al massimo ma sai che lassù c’è l’ultimo colle il Malatran, sai che quando arrivi il Tor lo porti a casa. Si cerca di non fermarsi troppo, arriva l’ultima alba del Tor des Geants, l’ultima minestrina, arrivo questo intaglio e vedo il Monte Bianco e praticamente sei consapevole di esser arrivato. Ho chiamato Monica per dirle che oramai il più era fatto, la voglia di arrivare è troppa, l’obiettivo è questo. L’arrivo in paese è stato bellissimo, ad attendermi i miei genitori, i miei amici, attraversare il centro di Courmayeur con tutta la gente che ti applaude e ti incita, quando raggiungi l’arco ti rendi conto di aver fatto qualcosa di forte e che ti sembrava quasi impossibile finché non lo concludi.
Il Tor des Geants l’ho concluso grazie all’assistenza, mia moglie mi ha seguito in tutti i ristori e base vita, aspettandomi ore e ore di notte e di giorno, per passarmi una maglietta di ricambio o per aiutarmi a preparare lo zaino, l’assistenza dal mio punto di vista è stata fondamentale. I miei complimenti vanno anche a chi ha fatto tutto con le proprie forze senza aiuti. Un altro fattore importante sono gli amici, chi viene a salutarti lungo il percorso, ogni tanto a sorpresa arrivava qualcuno Alberto, Flavio, Valentina, i miei genitori, mia sorella, i miei suoceri, i miei nipoti, mi hanno accompagnato per qualche tratto e il poter scambiare 4 parole aiuta psicologicamente. La gestione del sonno tra le maggiori difficoltà, ho dormito circa 6/7 ore, avrei voluto dormire di più ma è un aspetto che non puoi pianificare ma devi assolutamente rivedere in base alla gara. L’alimentazione altrettanto importante, mangiare il più possibile, il fabbisogno energetico richiesto non sarà comunque mai soddisfatto lungo il percorso. Bere tanto the e caffè caldo durante le ore notturne per non raffreddarsi. Una gara come il Tor non si improvvisa serve una grossa preparazione fisica e mentale. Ho sentito dire che si finisce con la testa, sicuro posso dire che serve una determinazione grande, una forza di volontà, una grandissima capacità di rimanere da soli al buio, in montagna senza andar in panico. Anche delle persone normali lo possono portar a termine ma non senza la giusta preparazione.

Qualche consiglio a chi volesse avvicinarsi a questo sport?Corsa in montagna o come si chiama adesso trail running posso consigliare una partenza graduale, non strafare, basta poco per infortunarsi e si rischia di farsi molto male o stufarsi subito. Le camminate in montagne sono un buon inizio ma altrettanto importante anche allenamenti di velocità in pianura per mantenere elasticità, altro consiglio è di farsi seguire da un allenatore piuttosto che da una squadra, ce ne sono molte che preparano a questo tipo di gare sia chilometraggi che endurance Trail.