“La grande fuga dei medici ospedalieri in Piemonte”: l’allarme di Anaao Assomed

12 maggio 2021 | 15:51
Share0
“La grande fuga dei medici ospedalieri in Piemonte”: l’allarme di Anaao Assomed

“Sempre più medici ospedalieri cercano realizzazione professionale e miglioramento della qualità di vita al di fuori dell’ospedale. Nel 2019, in Piemonte un totale di 292 dimissioni volontarie, dati in forte aumento dal 2017”

Scrive Anaao Assomed Piemonte.

Il lavoro in ospedale non è più attrattivo. Pochi decenni fa, essere assunti a tempo indeterminato in un reparto ospedaliero era un traguardo, l’obiettivo. Era il posto fisso di prestigio, che dava soddisfazione professionale, opportunità di carriera, una certa sicurezza economica. Ci si realizzava. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di dimettersi dagli ospedali.

Oggi non è più così.

Nel 2019, dai dati del Conto Annuale del Tesoro, il 3,5% dei medici ospedalieri, contro il 2,9% della media nazionale, ha deciso di dare le dimissioni. Siamo la quarta Regione d’Italia come percentuale di medici che decidono di licenziarsi, dopo Marche, Veneto e Valle d’Aosta.

292 colleghi, che hanno visto un’alternativa migliore nel privato o nel lavoro sul territorio. Migliore dal punto di vista economico, forse, ma certamente di qualità di vita.

Le ASL che hanno registrato più abbandoni sono, in proporzione ai medici dipendenti, ASL AL, ASL VCO, ASL CN1, AO CN, AO AL, AOU NO, ASL VC. Quindi, si scappa più dalla provincia.

Le specialità con maggiore emorragia sono state, in Piemonte nel 2019, Rianimazione, Medicina d’Urgenza, perché prevedono molti turni disagevoli ed un lavoro usurante, Pediatria, perché offre allettanti sbocchi sul territorio, e a seguire Ortopedia e Ginecologia, che permettono di lavorare nel privato.

Se analizziamo il trend degli ultimi 10 anni, i dati sono allarmanti: la percentuale di medici piemontesi che si sono dimessi dagli ospedali è passata dai 92 del 2009 ai 292 del 2019. Anche se analizziamo i dati in relazione al numero totale di medici dipendenti la situazione è allarmante: si è passati dal 1% di dimessi nel 2009 al 3,5% nel 2019.In 10 anni, imedici che si licenziano sono aumentati di tre volte e mezza.
Se analizziamo infine l’andamento, è da notare come la curva dei licenziati si impenni proprio negli ultimi 3 anni.

Complessivamente, si sono dimesse più donne che uomini (il 3,2% del totale delle dottoresse, contro il 2.8% dei colleghi uomini).

Questi dati confermano il quadro di gravissima sofferenza, non solo dei professionisti, ma anche del Sistema Sanitario nel suo complesso, che era stato fotografato dal sondaggio condotto da Anaao Assomed ad Ottobre.

In ospedale i problemi sono molti:

– il taglio del personale e la carenza di specialisti hanno creato organici sempre più ridotti rendendo insostenibile il carico di lavoro;
– la presenza delle donne in sanità è in progressivo aumento, e i turni disagevoli previsti dal lavoro in ospedale non consentono, soprattutto a loro, di dedicarsi alla famiglia come vorrebbero;
– il lavoro burocratico è diventato intollerabile;
– l’autonomia decisionale è svilita, la professionalità poco premiata e per nulla incentivata;
–  il coinvolgimento nei processi decisionali è assente;
– il loro lavoro ha perso valore, anche economico, come il proprio ruolo sociale;
– la solitudine di fronte a tutte le mancanze e le carenze organizzative è pesante da tollerare;
– il rischio di denunce legali e aggressioni, verbali e fisiche, è aumentato negli anni;
–  le ambizioni di carriera sono frustrate.

In queste condizioni, il privato diventa sempre più attrattivo, anche per la possibilità di un trattamento fiscale agevolato del reddito prodotto. La medicina di famiglia o specialistica ambulatoriale per il fatto di non conoscere il lavoro notturno e festivo.  

La speranza è soprattutto di avere un lavoro meno burocratico, piùautonomo, con orari più flessibili.

I medici ospedalieri si sentono pedine per coprire i turni, alle quali mandare ordini di servizio, chiedere di sopperire alle carenze del sistema, dalle quali pretendere sempre maggiore produzione ed efficienza. Non parte di un progetto, ma elementi marginali, sostituibili, che pesano sul bilancio quando sono malati, in gravidanza o in congedo, anche per motivi formativi.

I dati del Conto Annuale ci permettono di fotografare le dimissioni dei dirigenti medici solo fino al 2019. Ma, c’è da scommettere, la pandemia Covid aggraverà le fuoriuscite. E lo vedremo probabilmente dal 2021, perché nel 2020 lo spirito di servizio ha certamente fatto posticipare la scelta di dimettersi.

I dati dei licenziamenti volontari, che peggiorano di anno in anno, paiono un grido di aiuto. E se è vero che nei colleghi sopravvive una grande passione per il loro lavoro, è anche vero che in tanti stanno cercando luoghi diversi dall’ospedale pubblico dove realizzarla”.