Il futuro è food e il futuro del food è in Piemonte

18 maggio 2021 | 12:28
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Il futuro è food e il futuro del food è in Piemonte

Federico Francesco Ferrero ospite di Alba Capitale della Cultura d’Impresa 2021

Il Comitato da lui presieduto si è dato cinquanta mesi per arrivare alla “istituzionalizzazione” di Torino e dell’intera regione quali Capitale mondiale del cibo e di tutto ciò che gli ruota attorno, pensando soprattutto ai giovani

Cinquanta mesi per raggiungere l’obiettivo, una mèta fissata dopo sette anni di impegno a cui si sono dedicate un centinaio di persone a titolo volontaristico, a volte contribuendo di tasca propria alla crescita del movimento che ha ricevuto un impulso dall’emergenza sanitaria, perché questa è, con ogni evidenza, una delle strade più sicure che la nostra regione possa imboccare per costruire la “nuova crescita” e garantire un domani di sicurezza ai giovani che, in alternativa, potrebbero orientarsi verso l’espatrio.

Questa è la road map delineata da Federico Francesco Ferrero per il Comitato “Torino-Piemonte Word Food Capital” da lui ideato e presieduto.

Il gruppo di lavoro vuole essere un “facilitatore”, non accampa la pretesa di gestire il processo destinato a confermare, anzi affermare, il Piemonte quale food valley riconosciuta a livello globale, intendendo con “cibo” non soltanto le eccellenze alimentari, ma anche tutto ciò che ruota loro intorno, in senso culturale e in senso produttivo ed economico.

Il professor Ferrero è stato il protagonista del primo evento pubblico indetto nel Pala Aba Capitale, ospitato in piazza San Paolo per tutto il periodo di Alba Capitale della Cultura d’Impresa che, dopo l’inaugurazione del 7 maggio, si protrarrà sino a dicembre.

L’“intellettuale del cibo” è stato accolto da Giuliana Cirio, direttore di Confindustria Cuneo, che così lo ha definito, e ha presentato il progetto a cui si sta dedicando anima e corpo dialogando con il giornalista Roberto Fiori.

All’incontro è intervenuto il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, confermando l’apprezzamento delle istituzioni pubbliche per un’idea entusiasmante che ha radici ben ancorate nella realtà odierna di questa regione.

Radici che, volendo associarle a un valore economico, equivalgono a un valore aggiunto annuo di oltre 8 miliardi di euro.

Federico Francesco Ferrero è partito proprio dalla descrizione del valore del food piemontese, riportando i dati relativi al prepandemia.

Ben più di 3 miliardi di euro arrivano dall’agricoltura, articolata in 50.600 aziende, con 64.000 occupati e 900.000 ettari coltivati, di cui 49.000 riconvertiti al biologico (ma si sa che si tratta di una percentuale in vertiginoso aumento).

Industria e artigianato contano il 7 per cento delle imprese agroalimentari italiane ed esportano per 6 miliardi di euro l’anno. I prodotti Dop piemontesi sono 14, gli Igp 9, gli Stp 2 e i vini a Doc e a Docg ben 58. Il valore aggiunto riconducibile e a questo comparto ammonta a 1,5 miliardi.

Quello del commercio legato al food si aggira sui 3 miliardi e mezzo di euro e annovera circa 11.000 negozi alimentari e 35 addetti complessivi. La ristorazione piemontese è articolata in 28.000 fra bar e ristoranti e occupa 103.000 persone.

Sul fronte della cultura e del turismo, oltre ai dati di straordinaria crescita degli anni scorsi inerenti a quest’ultimo, falcidiati dal Covid nel 2020, ma con incoraggianti segnali di ripresa, in Piemonte si tengono 345 fiere legate al cibo, di cui 8 internazionali (l’ultimo Salone del gusto in presenza ha accolto 220.000 visitatori), e sei musei dedicati sono a disposizione dei visitatori.

Vi è poi la ciliegina (e che ciliegina!) sulla torta costituita dal peso della formazione e della ricerca, l’ingrediente forse decisivo di un armonico mix che giustifica l’ambizione di “istituzionalizzare” il ruolo di capitale mondiale del food per Torino (vista come cuore pulsante e senza un ruolo accentratore) e per tutte le otto province del Piemonte, un ruolo che, secondo il professor Ferrero, non deve crescere in competizione con altre aree vocate della penisola, come ad esempio Parma, bensì instaurando una fattiva “coopetition” (la collaborazione fra concorrenti che può generare vantaggi competitivi per tutti). Sono 55 gli istituti professionali e alberghieri della nostra regione imperniati su tutto ciò che può essere ricondotto alla filiera agroalimentare e sono ben 31 i corsi di laurea (l’ultimo istituito in ordine temporale è quello triennale in design sostenibile per l’agroalimentare, con lezioni presso l’Università di Parma e il Politecnico di Torino), 3 i corsi per dottoranti e 5 i master dedicati.

Questo fervore formativo nel proprio risvolto legato alla ricerca ha portato alla realizzazione di oltre 6.100 pubblicazioni scientifiche internazionali.

Se queste sono, come sono, le basi, Federico Francesco Ferrero e i suoi collaboratori ritengono necessario e indifferibile darsi da fare affinché tale immensa ricchezza, in termini di biodiversità, di cultura diffusa ed economica, possa essere indirizzata verso la creazione di un vero e proprio brand riconoscibile in tutto il mondo che non avrebbe difficoltà ad affermarsi anche in quanto emanazione del sempre evocativo “made in Italy”.

La pandemia rende urgente l’attivazione di tutte le sinergie possibili, affinché il patrimonio di eccellenze (fra le quali Ferrero ritiene indispensabile agire soprattutto sul sapore, elemento distintivo che fa la differenza) accumulato nei decenni dal Piemonte sia un punto di riferimento a livello globale nel suo complesso.

Il Piemonte come food valley, appunto, che da un lato può contribuire con cibi di alta qualità, e anche… buoni, all’alimentazione della popolazione mondiale e dall’altro sarà in grado di offrire sbocchi occupazionali importanti ai nostri giovani, affinché decidano di restare invece di pensare a emigrare, sapendo che, non senza dimostrare la capacità di rinnovare la fatica dei propri avi, hanno di fronte a sé concrete possibilità di svolgere lavori gratificanti sotto ogni punto di vista.

L’attenzione alle nuove generazioni è forse il principale propulsore del meccanismo di sensibilizzazione e coinvolgimento avviato dal Comitato “Torino-Piemonte Word Food Capital” ed è per questo che, come testimonial, è stata scelta la campionessa cuneese di sci Marta Bassino, anche lei ormai proiettata su orizzonti globali pur restando ancorata alla propria terra d’origine.