“Ci vediamo presto a teatro!”: l’auspicio dell’attrice e vicesindaco di Peveragno

27 marzo 2021 | 09:05
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“Ci vediamo presto a teatro!”: l’auspicio dell’attrice e vicesindaco di Peveragno
Vilma Ghigo interpreta Agnesina, protagonista de "Il martello delle streghe" dei Gai Saber
“Ci vediamo presto a teatro!”: l’auspicio dell’attrice e vicesindaco di Peveragno
“Ci vediamo presto a teatro!”: l’auspicio dell’attrice e vicesindaco di Peveragno
“Ci vediamo presto a teatro!”: l’auspicio dell’attrice e vicesindaco di Peveragno
“Ci vediamo presto a teatro!”: l’auspicio dell’attrice e vicesindaco di Peveragno
“Ci vediamo presto a teatro!”: l’auspicio dell’attrice e vicesindaco di Peveragno

Nella Giornata Mondiale del Teatro abbiamo incontrato Vilma Ghigo per fare con lei il punto della situazione sul mondo dello spettacolo e per farci raccontare della sua passione per il palcoscenico 

Oggi, 27 marzo, si festeggia la Giornata Mondiale del Teatro, ideata 60 anni fa dall’Istituto Internazionale del Teatro a sostegno delle arti di scena. Le rassegne teatrali, come tutte le altre forme di spettacolo, sono state profondamente colpite in questo ultimo anno segnato dalla pandemia e oggi, per celebrare questa giornata, abbiamo scelto di dare voce ad una attrice di teatro amatoriale che, seppur come hobby, ha fatto del palcoscenico il suo ambiente naturale: Vilma Ghigo, conosciuta a Peveragno come insegnante della scuola dell’infanzia in pensione e da quasi 6 anni vicesindaco e assessore alla Cultura.

Anche quest’anno, così come l’anno scorso, ci troviamo a celebrare il teatro “a sipari abbassati”. Qual è oggi lo stato di salute di questa antichissima forma di spettacolo?
Il teatro, come tutte le altre forme di spettacolo che prevedono la presenza del pubblico, ha subito un danno enorme in questo ultimo anno. A febbraio 2020 abbiamo lasciato i nostri spettatori con un “Ci scusiamo per il disagio” dopo aver annullato in fretta e furia tutte le date già programmate e con una promessa “ Ci rivedremo presto” che, ovviamente, non siamo riusciti a mantenere. La scorsa estate abbiamo visto qualche piccolo spiraglio di luce grazie agli spettacoli all’aperto, per poi tornare però dall’autunno alla chiusura totale. Il teatro sta vivendo momenti bui: chi della recitazione ha fatto un lavoro si è ritrovato a doversi reinventare il mestiere e chi, come me, lo fa a livello amatoriale ha perso un hobby che però spesso va al di là del semplice passatempo.

Da attrice con molti spettacoli alle spalle, come vive questo momento e cosa auspica avvenga nell’immediato futuro?
Il covid ci ha costretti a lavorare instancabilmente per preservare la salute fisica ma dobbiamo iniziare a pensare anche alle implicazioni sociali e a come “far star bene” le persone anche a livello mentale. Spero che presto si inizi a sentire l’effetto della campagna vaccinale che sta andando avanti e che quindi ci venga concesso di riaprire le porte delle nostre sale, magari con ingressi scaglionati, posti molto distanziati ecc.. Abbiamo tutti bisogno di vedere che qualcosa sta cambiando in meglio. Il covid ci ha costretti a cambiare molte nostre abitudini, dobbiamo evolverci anche dal punto di vista sociale per non “estinguerci”, ma è del tutto evidente che non è possibile rendere il teatro solamente “digitale” perchè significherebbe snaturarlo completamente. Il teatro è emozione: quella di chi recita e quella di chi guarda. Dall’emozione del pubblico chi recita capisce se sta andando per il verso giusto o se, invece, deve applicare qualche correttivo perchè non sta coinvolgendo gli spettatori come vorrebbe. Ho provato tristezza, me lo lasci dire, nel vedere i cantanti di Sanremo esibirsi di fronte a quelle sedie vuote.

Come e quando nasce questa grande passione per il teatro?
Probabilmente l’ho ereditata da mia mamma. Recitava nel teatro parrocchiale di Beinette, dove anche io ho “debuttato” a 6 anni. Ammetto che all’epoca non fu amore a prima vista (ride ndr). Mi dovettero quasi supplicare per convincermi ad accettare la piccolissima parte che mi era stata assegnata. Sono stata una bambina e una ragazzina molto timida che guardava al teatro con una sorta di ammirazione mista a paura. Solo dopo le scuole magistrali ho deciso che, in qualche modo, avrei dovuto superare quell’ostacolo e “buttarmi”. E così ho fatto.
Dal 1978 in poi il teatro è stato uno dei compagni più graditi della mia vita. Mi è costato tanti sacrifici perché non riuscivo mai a dire di no: c’è stato un periodo in cui recitavo in 3 compagnie contemporaneamente. Per me era ed è tuttora indifferente avere la parte principale o semplicemente qualche battuta di un personaggio minore. Quello che contava e conta tutt’ora è provare quell’ineguagliabile emozione e quel batticuore che senti prima di salire sul palco e pronunciare la prima parola. Sensazioni così forti che per me sono la vita, e anche ciò a cui aggrapparmi nei momenti più difficili.

Una carriera lunga, la sua, che l’ha portata a recitare in varie compagnie e a calcare i palchi di moltissimi teatri.
Sì, a partire dagli anni ‘90 ho collaborato saltuariamente con la “Compagnia del Birùn” e con i “Gai Saber” di Peveragno, con il gruppo i “Viragalet” delle Combe a Chiusa di Pesio e negli anni più recenti 2014-2015 con la compagnia i “pianoForte” di Cuneo. Ma è con gli “Amici del Teatro” di Beinette che collaboro costantemente fin da ragazza dal 1978. L’ultimo spettacolo che abbiamo fatto risale a febbraio dell’anno scorso, poco prima del Covid, e speriamo di poter tornare presto a recitare tutti insieme. Il pubblico che ci segue, in questo anno di inattività, ci ha fatto sentire costantemente la sua vicinanza e la sua presenza. Per ringraziarlo stiamo pensando di pubblicare sulla nostra pagina facebook alcuni spezzoni di vecchi spettacoli per cercare di portare comunque nelle case un po’ di sorrisi e allegria.

Che tipo di ruolo le si addice di più e quali sono le opere in cui ha recitato?
Nella maggior parte dei ruoli che mi vengono assegnati mi trasformo rispetto alla persona che sono nella realtà. Mi ritrovo a impersonare donne molto decise e a volte burbere e secche nei modi di fare. Insomma, un’altra me che vive solo lì sul palcoscenico anche perché non mi rivedo mai, per paura di trovare difetti nella mia interpretazione.
Le opere che mi hanno vista coinvolta sono di vario genere: commedie in dialetto piemontese, ma anche pièce teatrali più impegnate anche come temi sociali.

E quali sono le sue preferite?
Sicuramente le commedie in dialetto piemontese, ma non perché le altre non mi piaccia interpretarle, anzi, ma perché credo che il dialetto dia un tocco in più all’insieme. Le commedie in piemontese dalle nostre parti sono molto sentite e seguite. Credo che il dialetto avvicini di più le persone ed è un peccato che nel tempo si stia perdendo. Le radici del nostro teatro locale affondano in questo idioma che è concreto ma anche fantasioso, ricco di sfumature e capace di far ridere e commuovere con una sola frase o addirittura una sola parola. Mi auguro, infatti, che oltre a noi “vecchie generazioni” ci sia qualche giovane che possa raccoglierne l’eredità.

In conclusione, cosa si sente di dire ai tanti appassionati che attendono con trepidazione che i sipari tornino a rialzarsi?
“Arvëdse a prest a teatro!”