Tre anni fa la frana che “sfrattò” l’alberghiero di Mondovì: “Una ferita ancora aperta”

29 dicembre 2020 | 13:28
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Tre anni fa la frana che “sfrattò” l’alberghiero di Mondovì: “Una ferita ancora aperta”

Donatella Garello, preside dell’istituto “Giolitti”, afferma: “Abbiamo il sogno di avere una scuola unica, tutta per noi. Finora abbiamo tutti compiuto grandi sforzi e sono grata al personale, ai docenti, agli allievi e alle loro famiglie”

Venerdì 29 dicembre 2017. Tre anni fa. Era metà mattina, quando, improvvisamente, accadde qualcosa destinato a stravolgere la quotidianità dell’istituto alberghiero “Giolitti” di Mondovì Piazza.

“Evacuammo subito l’edificio, pensavamo si trattasse di una scossa di terremoto”, ricorda la preside, Donatella Garello. In realtà, quel boato che squarciò letteralmente l’aria, non precedeva alcun sisma, bensì una frana, anzi due (la seconda si staccò pochi istanti dopo la prima).

Un duplice smottamento che unicamente per una questione di centimetri, forse millimetri, non travolse l’edificio, facendolo crollare. Lo lambì, tuttavia. Quel tanto che bastava per generare, alle 18 di quella sera stessa, la caduta della torretta che svettava sull’ala nuova della struttura. Non solo: anche la sottostante palestra di Metavia fu invasa dai detriti e dalla terra.

Non vi furono vittime soltanto perché i ragazzi erano a casa con le rispettive famiglie per le vacanze natalizie, mentre la dirigente scolastica e i suoi collaboratori si trovavano fortunatamente all’interno della storica sede di piazza IV Novembre.

Una sciagura sfiorata, che arrecò però notevoli disagi nelle mensilità a venire: di colpo, il “Giolitti” si trovò sfrattato, senza poter fare affidamento su 20 aule e sui suoi laboratori. Fu così individuata rapidamente una soluzione con gli altri plessi scolastici del capoluogo monregalese, attraverso l’intercessione dell’amministrazione Adriano e della Provincia di Cuneo, ovvero “l’alberghiero diffuso”, con studenti e professori costretti a spostarsi sui bus da una parte all’altra della città per raggiungere le sedi delle lezioni.

Una formula tanto efficace quanto dispendiosa sotto il profilo energetico, come racconta la professoressa Garello: “Senza dubbio si tratta di una ferita ancora aperta, accompagnata dall’immensa fatica fatta nell’immediato e nei mesi e negli anni successivi a quell’evento. Questa diaspora è stata ed è tuttora molto faticosa: basti pensare ai docenti, che devono spostarsi di continuo da un plesso all’altro. Abbiamo dunque il sogno di avere una scuola unica, tutta per noi, cosa che credo sognino tutte le comunità scolastiche”.

“Provo un profondo e sincero senso di gratitudine verso il personale, i docenti, gli allievi e le famiglie che hanno collaborato con noi – conclude la preside –, affinché si mantenesse una dignità professionale per tutti e un rispetto per la sicurezza e l’accoglienza, facendo in modo che le difficoltà non incidessero troppo sulla vita quotidiana scolastica”.