Al QI di Cuneo una nuova mostra dal titolo “L’universo delle stelle sconosciute”

27 dicembre 2020 | 15:34
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Al QI di Cuneo una nuova mostra dal titolo “L’universo delle stelle sconosciute”

Firmata Stefano Venezia, l’installazione si propone di indagare come le persone che ci stanno attorno e in generale l’universo indirizzano le nostre personalità e le nostre visite. La mostra, composta da cinque opere è visitabile solo su appuntamento.

Nella mattinata di oggi, domenica 27 dicembre 2020, è stata installato al QI di Cuneo, il lavoro dell’artista Stefano Venezia, intitolato “L’universo delle stelle sconosciute”. La mostra sarà visitabile, gratuitamente, fino a metà gennaio, ovviamente previa prenotazione al numero 347.9734612, per rispettare tutte le regole dei protocolli anti-Covid in vigore. Di seguito le parole di presentazione dell’installazione da parte dello stesso Venezia.

Nell’odierna società dove ogni atto può essere assunto al mondo dell’arte, allora è arte quello che non si è registrato né raccolto: arte è dunque ciò che si è perso. Percepisco la mia persona in continuo mutamento specialmente per il fatto che incontro e mi confronto con altre persone, così una parte di loro mi rimane addosso, nell’anima. Ogni giorno mi tuffo in un universo di relazioni, mi affiancano nuove identità come potenziali attivatrici di conoscenza, tra 7,7 miliardi di stelle sconosciute. Siamo il risultato di scambi inarrestabili e di noi cosa traspare?

Il sentimento di perdere qualcosa per il mancato incontro con una persona o perché se conosciuta ne ho dimenticato il contributo, mi ha spinto ad immaginare e realizzare questa operazione dell’anno 2020. In questi dodici mesi ho interrogato la memoria, dialogato con familiari e conoscenti, riletto documenti e analizzato fotografie per tradurre il tutto in cinque tavole temporali, ognuna rappresentante cinque anni. I miei primi venticinque anni, il tempo di una generazione. Dall’insieme di affetti, di scelte personali e desideri, di esperienze lavorative e di studio, ho voluto distillare la mia parte creativa affiancandovi spunti dalla storia dell’arte intrecciati con lo sviluppo della tecnologia dell’informazione e della comunicazione. Tutta l’operazione è una semplice tappa, con la prospettiva di continuare la ricerca attraverso la medesima ricetta.

Contributi al mio pensiero affiorano ad esempio in Giovanni Floris, giornalista, il quale in un recente testo dice: “i tratti che ci formano sono tantissimi, e per lo più agiscono invisibili. Non te ne accorgi, e ti danno una forma. I nostri comportamenti, le nostre abitudini, i modi di pensare, di agire sono dovuti a un pulviscolo di fatti, linguaggi, momenti che penetrano attraverso la nostra pelle col lento passare del tempo. Le persone che ci vivono accanto ci modellano con le loro vite, a nostra e loro insaputa”. Dall’artista Carol Rama attingo tracce poiché dei suoi ambigui lavori non è dato sapere se sono un quadro, un sogno o una pagina di un diario. Ancora nel campo dell’arte, un mio punto di riferimento sono le esperienze riconducibili al concettualismo storico degli anni settanta, corrente che costituisce il punto d’arrivo della “linea analitica” dell’arte; la sua specificità è una sostanziale neutralità dell’opera nei confronti dei modi espressivi, poiché ciò che conta è il processo mentale che sta a monte. Ne consegue dunque una “freddezza” mentale e intellettuale alla quale ho voluto rispondere con un operare artistico che nasce invece da un dialogo emotivo. E questo cerco”.