Dalla Valle Stura Stefania Belmondo e Lorenzo Dadà Romano: “lo sci è per eccellenza sport all’aperto ed individuale”

25 novembre 2020 | 07:28
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Dalla Valle Stura Stefania Belmondo e Lorenzo Dadà Romano: “lo sci è per eccellenza sport all’aperto ed individuale”
Stefania Belmondo e Dadà Romano

Le due generazioni di fondisti a sostegno dell’apertura degli impianti

Stefania Belmondo, ex fondista italiana, è una delle atlete più titolate della storia della disciplina, con dieci medaglie olimpiche e tredici iridate, e Lorenzo Dadà Romano, atleta della Nazionale Azzurra di Sci di Fondo, pluricampione d’Italia, due generazioni entrambi provenienti dalla Valle Stura. Montagna, sci, elementi che hanno caratterizzato la vita di entrambi e che stanno facendo molto discutere in questi ultimi giorni.

Abbiamo chiesto loro un commento sul tema tanto attuale: impianti sciistici, apertura sì o no? La plurimedagliata campionessa a Cuneo24 ha dichiarato: “A prescindere dallo sport dico che se tutti seguissero le regole, indossassero le mascherine, si evitassero gli assembramenti sarebbe un grande aiuto per noi stessi, la comunità e gli altri. Credo che lo sci di fondo sia diverso dallo sci alpino ma usando il buon senso tutto sarebbe fattibile, con il rispetto delle regole come vengono imposte, mettendo sempre davanti la salute. Le soluzioni anche per lo sci alpino ci sarebbero, realizzando corridoi laterali ad esempio. Si creerebbero code? Si farà questo sforzo.”

Ricorda quando sciava e la gente ironicamente le diceva: “Nevica, sei contenta vero?”. Ci spiega: “Non sono mai stata egoista la neve l’avrei trovata comunque, la mia contentezza era legata alla gente che ci vive sulla neve. E in questo momento difficile va a loro il mio pensiero, mi metto nei panni di chi lavora su questo, chi ha investito tutta la propria vita. Lo sci rappresenta il 60-70% dell’economia della montagna e c’è da considerare poi tutto l’indotto legato a questo mondo: dal negozio di articoli sportivi agli hotel, senza dimenticare ristoranti piuttosto che piccoli negozi di generi alimentari.”

Conclude con una riflessione comune a molti: “Spesso mi sono trovata a chiedermi: Stefy avresti mai pensato che un virus avrebbe fatto tanto? E la risposta è sempre no.”

Sulle stesse montagne della Valle Stura è cresciuto anche Lorenzo Dadà Romano che ci confida: “La mia opinione sulla chiusura degli impianti sciistici, o meglio la non riapertura, si potrebbe dividere in due parti. La prima è che la linea dura del governo porterebbe a un danno economico quasi irreparabile per tutti i gestori degli impianti, alcuni già colpiti dall’alluvione come Limone Piemonte, dall’altra parte è vero che la salute delle persone passa prima dell’economia. Quello che però tengo a sottolineare sono alcune differenze che ci sono nei due principali sport in questione, ovvero lo sci di fondo e lo sci alpino. Per l’alpino ci sono alcuni rischi in più, che vanno dalle code alle biglietterie alle code prima di riprendere la seggiovia o dagli assembramenti dentro le stesse cabinovie/ovovie. Ho vissuto in prima persona quest’autunno, quand’ero ad allenarmi in ghiacciaio, sia in Italia che all’estero, che purtroppo in certi posti distanziamento e divieto di assembramento proprio non ce n’era e in più molti sciatori usavano lo scaldacollo al posto della mascherina o addirittura non mettevano nulla mentre risalivano in seggiovia. Quindi in questo caso bisogna cercare di trovare delle misure adatte per ripartire in sicurezza, poi è ovvio che mentre si scia all’aria aperta in quota i rischi sono veramente bassissimi. Per quanto riguarda il fondo invece, non mi capacito proprio perché dovrebbe aver problemi a ripartire. È uno sport individuale che si pratica all’aria aperta come la discesa, ma a differenza di quest’ultima non ci sono pericoli di assembramenti in prossimità degli impianti di risalita, perché non esistono, in più le piste solitamente sono molto meno affollate di quelle di discesa e poi non ho quasi mai visto code in biglietteria o assembramenti di persone al bar all’apresski. Il fondo è molto simile all’andare in bici, se praticato individualmente e con buon senso, non ci trovo proprio nulla di pericoloso, anzi essendo uno sport di fatica non può che fare bene al nostro corpo rinforzando in nostro sistema cardio respiratorio, rendendoci quindi più forti e resistenti a qualsiasi virus.”

Belmondo-Romano il duo della Valle Stura sostiene l’apertura degli impianti “in quanto ne va dell’economia della montagna“.