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Addio a Gigi Proietti, il Genio gentile dello spettacolo italiano

2 novembre 2020 | 13:18
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Addio a Gigi Proietti, il Genio gentile dello spettacolo italiano

Con la morte dell’attore romano, avvenuta stamattina alle 5.30, nel giorno del suo ottantesimo compleanno, se ne va una delle ultime leggende del teatro nostrano. Diviso tra il palcoscenico, la televisione, il cinema d’autore e quello commerciale e il doppiaggio, Proietti sarà per sempre ricordato come una delle più splendenti stelle dello spettacolo nazionale.

“Potrei esserti amico in un secondo, ma se nun sai ride mi allontano. Chi non sa ride m’insospettisce!”. Potrebbe essere questa la frase manifesto, dall’accento rigorosamente romano, di Gigi Proietti. Un artista e un uomo completamente votato alla risata, che è riuscito, nel corso della sua cinquantennale carriera, a nobilitare la comicità intelligente ad arte prediletta dal pubblico. Ha aperto, più di qualsiasi artista coevo, il genere comico al pubblico alto e intellettuale, che prima di lui cercava di resistere alla tentazione anche solo di sorridere alle battute che facevano ridere le classi meno abbienti, e che dopo il suo ingresso nel mondo dello spettacolo, lo assurse ad artista sommo della scena teatrale italiana. E dire che Proietti a teatro nemmeno doveva arrivarci. La sua prima passione era la musica, tanto che, per pagarsi gli studi universitari (ha lasciato la facoltà di Giurisprudenza a sei esami dalla laurea), si esibiva nei night club romani a suon di stornelli e canzoni popolari. “Il teatro non mi interessava. Non ci andavo mai, e poi non ero figlio di attori”, queste le sue parole in un’intervista recente. Poi arrivarono, quasi per caso, l’iscrizione al Centro Teatro Ateneo e i corsi con docenti quali Giulietta Masina, Arnoldo Foà e soprattutto Giancarlo Cobelli, che lo iniziò al mondo del mimo e ne riconobbe da subito le indiscutibili doti di teatrante e musicista. Da quel momento, la storia di Proietti e dello show business italiano non fu più la stessa.

Gigi Proietti è diventato ben presto un’istituzione del cinema e del teatro nazionale, portando pressoché in ogni medium la propria inconfondibile simpatia, che emergeva anche solo grazie al suo volto, senza che facesse nulla di particolare. Proietti è stato, innanzi tutto, un grandissimo attore teatrale, non soltanto grazie agli spettacoli partoriti dalla sua mente, ma anche nell’interpretazione dei grandi classici. Da Gli Uccelli di Aristofane al Mercante di Venezia, dal Misantropo di Molière a Cyrano de Bergerac ha portato in scena il meglio del teatro mondiale, sia come attore che nei panni di regista. Si è anche distinto come regista di opere liriche, uno dei compiti più ardui con cui fronteggiarsi nel mondo dello spettacolo, con assoluta grazia ed eleganza.

È stato un sublime attore cinematografico, sia in pellicole d’autore (ha lavorato per Monicelli, Petri, Sidney Lumet, Scola e Lattuada), sia in film commerciali e a basso budget, che ha sempre contribuito a rendere veri e propri cult della commedia all’italiana (Febbre da cavallo, Casotto). Si è distinto anche in sede di doppiaggio, prestando la sua voce, oltre che a svariati divi (Robert De Niro, Sylvester Stallone, Paul Newman, Donald Sutherland) anche, se non soprattutto, a due personaggi cult dell’animazione, come il Genio della lampada nell’Alladin di Walt Disney e Gatto Silvestro, negli anni ’60 e ’70, in coppia con Loretta Goggi, che doppiava Titti.

Ma forse il contesto che l’ha fatto conoscere maggiormente al grande pubblico, e dove ha dato il meglio di sé, è stata la televisione. Gigi Proietti, di fatto, ha scritto una pagina fondamentale della tv italiana. È riuscito infatti a creare quasi dal nulla (almeno per quanto riguarda il nostro paese) il cosiddetto one-man show in tv (soprattutto grazie al programma A me gli occhi del 1978). Per la prima volta un attore, da solo, riusciva a tenere alta l’attenzione del pubblico per tutto il corso di una serata, rappresentando sketch memorabili e non cessando mai di far ridere i telespettatori. Per molti anni,oltre ad essere stato il primo a compiere quest’impresa, è stato l’unico, senza rivali di alcun tipo. Le scenette da lui portate sul piccolo schermo, fanno morire dal ridere ancora oggi, e colpiscono per la freschezza che le caratterizza. Si pensi ad esempio allo sketch della telefonata, in cui Proietti finge di parlare al telefono con una persona e mette alla berlina la gestualità che tutti noi compiamo ancora oggi mentre telefoniamo. La forza della comicità di Proietti stava proprio nella sua universalità. Era uno degli attori più colti del panorama spettacolare italiano e avrebbe potuto farsi alfiere di una comicità intellettuale e ricercata. Eppure, preferiva far ridere con poco, portando in scena i vizi comuni a tutti gli italiani, di ogni estrazione sociale ed epoca. In questo senso è stato l’unico che può essere paragonato al mitico Ettore Petrolini (di cui molti, non a caso l’hanno sempre considerato l’erede), che portava le sue “macchiette” a teatro.  Negli ultimi trent’anni aveva abbandonato il mondo del varietà ma non la televisione, recitando in alcune fiction di grande successo come Il Maresciallo Rocca e Preferisco il Paradiso, dove interpreta in modo ineccepibile San Filippo Neri, l’inventore dell’oratorio. In ultimo, ma non per importanza, Gigi Proietti è stato il miglior barzellettiere della storia italiana (insieme, forse, a Gino Bramieri). La cosa straordinaria, però, era che lui non si limitava a raccontare le barzellette. Il suo modo di raccontare qualsiasi cosa era sempre una barzelletta, e riusciva ogni volta a strappare una risata al pubblico anche quando parlava delle cose più banali, nelle sue numerosissime ospitate televisive che, fino a pochi mesi fa, lo hanno visto protagonista.

Seneca diceva che il giorno della nostra morte altro non è se non il nostro compleanno per l’eternità. Nel caso di Gigi Proietti (tra l’altro grande appassionato della cultura classica) è proprio così, e non solo perché il giorno della sua morte corrisponde a quello del suo vero compleanno. È sempre stato, in vita, dalla parte delle masse, della società, perché era nato in esse e si sentiva, nonostante il successo, sempre parte di esse. Ha scelto di lasciare i vivi proprio nel Giorno dei Morti, forse per farsi da subito portavoce del suo nuovo pubblico di riferimento, che da stasera allieterà con il suo cabaret. Noi, i vivi, lo ricorderemo sempre per quello che è stato: un Genio gentile dello spettacolo.