Matteo Gaj, 23enne buschese: “Donare il midollo mi ha fatto crescere come persona”

21 settembre 2020 | 18:33
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Matteo Gaj, 23enne buschese: “Donare il midollo mi ha fatto crescere come persona”
Matteo Gaj

A fine agosto la donazione presso il Centro trasfusionale dell’ospedale Santa Croce di Cuneo

Busca. Matteo Gaj ha 23 anni e vive ha Busca. E’ diplomato geometra e lavora da 3 anni e mezzo come operaio in Bitron a Rossana.

A fine agosto ha donato il midollo osseo presso il Centro trasfusionale dell’ospedale Santa Croce di Cuneo.

Ha raccontato a Cuneo24 che proprio durante il percorso di studi all’Istituto geometri di Cuneo è venuto a conoscenza della possibilità di donare il midollo osseo, quando il dott. Pellegrino e i volontari dell’associazione ADMO durante un incontro illustrarono questa possibilità spiegando meglio il suo funzionamento.

“Così io e alcuni dei miei compagni ci iscrivemmo all’ADMO a seguito di un prelievo di un tampone di saliva per valutare una eventuale futura compatibilità.”

Cosa ti ha spinto a sceglier di iscriverti all’ADMO? “Ho scelto di iscrivermi all’ADMO perché fin da subito mi è sembrata una cosa buona, poter aiutare il prossimo. Inoltre ho pensato che se avesse riguardato un mio stretto parente o un conoscente lo avrei sicuramente fatto e ho deciso di iscrivermi a prescindere dalla persona che avrei potuto aiutare.”

Cosa hai pensato quando sei stato contattato perché compatibile per la donazione?Onestamente non avevo più pensato alla mia iscrizione al registro donatori e di certo non mi aspettavo una chiamata per la compatibilità quindi quando mi hanno contattato sono rimasto sorpreso.”

Quali sono stati gli step successivi alla chiamata? Hai mai avuto ripensamenti, magari di rinuncia per il periodo che stiamo vivendo a causa del covid? “Proseguimmo con l’iter dell’ospedale e feci ulteriori esami del sangue per verificare la compatibilità mia con quella del paziente. Mi chiamarono a febbraio e dopo gli esami mi dissero che sarebbe potuto passare diverso tempo prima di un ulteriore chiamata. Un paio di settimane dopo ci fu il lock-down e sperai che non mi chiamassero in quel periodo ma non pensai mai di tirarmi indietro. Passarono 4 mesi abbondanti e finalmente arrivò la chiamata, era inizio luglio. Mi dissero che ero compatibile oltre l’80 % con il paziente e confermai la mia volontà di proseguire con la donazione. Mi fecero fare molti esami di controllo per verificare che il mio stato di salute fosse buono per poi effettuare il prelievo. Fui seguito molto bene dagli addetti ai lavori e mi spiegarono in modo molto specifico che cosa avrei dovuto fare e quali sarebbero stati i rischi che avrei corso. Donai circa un mese dopo quella chiamata.”