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Come si vive nella Residenza per Anziani “F.lli Ariaudo” di Levaldigi ai tempi del covid-19

17 settembre 2020 | 19:06
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Come si vive nella Residenza per Anziani “F.lli Ariaudo” di Levaldigi ai tempi del covid-19
Come si vive nella Residenza per Anziani “F.lli Ariaudo” di Levaldigi ai tempi del covid-19
Come si vive nella Residenza per Anziani “F.lli Ariaudo” di Levaldigi ai tempi del covid-19
Come si vive nella Residenza per Anziani “F.lli Ariaudo” di Levaldigi ai tempi del covid-19
Come si vive nella Residenza per Anziani “F.lli Ariaudo” di Levaldigi ai tempi del covid-19
Come si vive nella Residenza per Anziani “F.lli Ariaudo” di Levaldigi ai tempi del covid-19

Un ospite chiede: “Tutti questi giorni che ci hanno rubato dove sono andati a finire?

Negli ultimi giorni si è tanto parlato del ritorno sui banchi di scuola, della mancanza degli insegnanti anche e soprattutto per i ragazzi che necessitano del sostegno. Non dimentichiamo però un’altra delle categorie più a rischio, siccome l’emergenza non è ancora finita, che va protetta: gli anziani.

A questo proposito anche se soltanto attraverso i social abbiam visitato la Residenza per Anziani Fratelli Ariaudo di Levaldigi che ha una pagina Facebook molto attiva e sempre aggiornata.

L’appello che lanciano è di non dimenticarsi degli anziani, continuando ad utilizzare ogni possibile precauzione ed evitare assembramenti proprio per proteggerli in quanto fragili.

A seguire gli ospiti della struttura sono il presidente Egidio Boglione, il direttore sanitario Paolo Toselli, la direttrice Antonella Beccaria, la coordinatrice infermieristica Alessia Margaria, l’educatrice professionale Marta Mondino.

Ci siamo fatti raccontare da Marta, l’educatrice, come stanno vivendo questo periodo che ormai va avanti da oltre metà anno gli ospiti che segue e a cui cerca di regalare momenti sereni.

Si tratta di anziani fragili, anziani indifesi, uomini e donne che hanno sperimentato sulla loro pelle il dolore della guerra, le perdite, la paura. E adesso?

Sono costretti ad una reclusione in quella che dovrebbe rappresentare invece un luogo sereno, circondato dai propri cari ed amici. I corridoi della struttura sono incredibilmente vuoti, gli anziani trascorrono molto tempo a guardare fuori dalla finestra; alla ricerca di un volto conosciuto.

Alcuni, quelli consapevoli, guardano il telegiornale alla ricerca di uno spiraglio di risoluzione, che non sembra però mai arrivare. Alcuni, d’altro canto, chiedono come mai si indossano i presidi: “…ma gaute la mascherina, mi capisu nen!”.

Le loro giornate si rasserenano quando, “la ragazza in verde”, come chiamano loro l’educatrice Marta, arriva e per mano li porta fino alla postazione protetta adibita con plexiglass (previo appuntamento). Dietro una protezione però, come si può dialogare? E chi ha deficit uditivi come fa a sentire? Alcuni utilizzano il cellulare come tramite comunicativo, ma per chi non riesce più? Sono questi i problemi “quotidiani” qui e sicuramente in altre strutture come queste.

A Levaldigi gli anziani più in difficoltà hanno messo in atto delle meravigliose risoluzioni per far fronte agli ostacoli comunicativi trovando così percorsi inaspettati e commoventi per arrivare a quella che amiamo chiamare “MEMORIA DEL CUORE”. Un piccolo ritornello di una canzone, un tocco di mano tramite plexiglass, una smorfia con cui si usava scherzare quando ancora si era insieme.

Quando un ospite chiede: “Tutti questi giorni che ci hanno rubato dove sono andati a finire?“.

E in questa occasione gli operatori approfittano per ribadire a tutti di seguire le regole del governo, perché la
categoria più fragile di tutte è ancora notevolmente a rischio e, soprattutto, stanno soffrendo molto.

I nostri ospiti, così come tutti gli altri assistiti delle case di riposo hanno bisogno del vostro aiuto, di tutti, per vedere finalmente una luce in fondo a questo tunnel scuro che ormai stanno percorrendo da mesi, in solitudine.”

L’educatrice, da due anni presente in struttura, è restata coinvolta nell’équipe di lavoro per tutto il periodo covid, scegliendo volontariamente di incrementare il monte ore settimanale per essere presente anche durante il sabato e la domenica seguendo tutte le precauzioni previste e necessarie, svolgendo interventi individuali con gli ospiti (rapporto 1:1).

Il “mondo di prima” contornato da attività di gruppo sembra ormai un vecchio sogno. Il tablet, soprattutto nei primi mesi di lockdown dove non avvenivano incontri protetti per gli assistiti è diventato una sorta di meraviglioso e strano marchingegno per riuscire a vedere qualche minuto i loro cari.

Uno di loro dice: “La guerra è stata tremenda, ma il Covid-19 è un nemico invisibile che colpisce in silenzio. All’epoca se non c’erano i bombardamenti si era liberi. Durante la guerra nei rifugi si poteva abbracciare qualcuno per farsi coraggio. Adesso è come se fossimo in prigione.”

Non è facile nemmeno il lavoro degli operatori senza poter dare un bacio o una carezza ad un ospite giù di morale, non poterli riunire per una bella merenda tutti insieme è triste. Triste, ma non per questo demotivante; sono stati effettuati molti più interventi individuali dove l’ospite si è sentito veramente protagonista del
colloquio.

Per noi operatori il regalo più bello che possono farci gli ospiti durante un turno di lavoro è un bel
sorriso con i loro occhi brillanti che ci guardano e vi assicuriamo che, nonostante tutto, i nostri nonnini
ci hanno donato delle emozioni meravigliose. Ad oggi la nostra struttura non ha incontrato nessun caso positivo al Covid-19.”

Facciamo tesoro di quanto è accaduto e sta accadendo agli anziani in questi mesi per impegnarci ancor di più nel rispetto delle regole. Non dimenticateli. Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore e per correre insieme più veloci domani. Ce la faremo. conclude Marta.