“Lotta alle discriminazioni è lotta di civiltà necessaria a tutte e tutti”

20 luglio 2020 | 10:00
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“Lotta alle discriminazioni è lotta di civiltà necessaria a tutte e tutti”
Immagine di repertorio

Arcigay Cuneo: “Secondo una indagine Istat, più del 30% ha subito episodi di violenza: la dimensione del fenomeno mostra quanto sia ancora presente, nel nostro paese, l’idea che le donne siano vittime e oggetto di violenza in quanto tali, e che questa violenza sia diffusa e trasversale, indice di una tara culturale che ha radici profonde”

Scrive Arcigay Cuneo.

Proprio in un momento di crisi, quando si dovrebbero raccogliere le forze per risollevarsi ed evolversi, alcuni reagiscono con paura, levando scudi contro proposte di legge che affrontano problemi radicati a fondo nella nostra cultura. E’ il caso delle polemiche attorno alla legge contro l’omobitransfobia e la violenza misogina, che sta approdando in questi giorni in Parlamento. Alcune affermazioni in un recente comunicato ci hanno spinto a condividere una riflessione sul tema. Viene affermato che una legge contro l’omotransfobia non è necessaria, “non serve all’Italia”.

Purtroppo, la discriminazione esiste, ed è tanto più opprimente perchè chi viene discriminato non ha modo di farsi sentire, sia per la mancanza di studi capillari, sia per l’ordinamento giuridico attuale. Non solo omosessuali, transessuali e transgender, ma molte donne che hanno grande difficoltà a trovare una via per emanciparsi. Secondo una indagine Istat, più del 30% ha subito episodi di violenza: la dimensione del fenomeno mostra quanto sia ancora presente, nel nostro paese, l’idea che le donne siano vittime e oggetto di violenza in quanto tali, e che questa violenza sia diffusa e trasversale, indice di una tara culturale che ha radici profonde.

Sarebbe doveroso ricordare che i casi segnalati all’OSCAD, rapporto citato nel comunicato, sono il 27% di tutte le 611 segnalazioni pervenute: la violenza omotransfobica costituisce quindi la seconda causa di discriminazione in Italia, dopo il razzismo. Altre statistiche, come il report del Trans Euro Study (2008), fanno emergere una realtà agghiacciante e completamente sommersa: più del 79% delle persone trans è stata vittima di violenza diretta esclusivamente alla loro identità di genere.
Nel rapporto conclusivo di una indagine sulla popolazione omosessuale condotta da ISTAT nel 2012 viene riportato che più del 60 per cento degli italiani ritiene le persone omosessuali discriminate o pesantemente discriminate. Per le persone transessuali viene superato l’80%. Una indagine europea ha reso noto che più del 60% delle persone lgbt non sono dichiarate, che più del 38% non si sente abbastanza sicura per tenersi per mano in strada.

A chi apre gli occhi su quanto accade nei nostri giorni, in Italia, è chiaro dove si annidino polemiche puramente ideologiche, quando non pretestuose. Queste polemiche aizzano l’insofferenza, ignorano dati palesi estrapolandone altri senza contesto, non conoscono nulla della storia dell’ordinamento giuridico italiano. Ci si limita cercare consensi fra “comunisti e fascisti”, leghisti e grillini, senza sapere che proprio l’articolo 604 del codice penale, che si vuole arricchire con una variante che tenga conto dell’enormità di un fenomeno così scandalosamente sottostimato, è nato da una legge che applicava la lotta alla riorganizzazione del partito fascista, redatta da Scialba nel 1952 e sancita dalla Costituzione.

Soprattutto, in ragione di contrapposizioni ideologiche che risentono più di appiattimento su posizioni sovraniste e populiste, si ignorano le riflessioni di quel mondo Cattolico che alcuni dicono di difendere a spada tratta. Alle parole del presidente della Cei rispondiamo con le riflessioni, a cui Avvenire in questi anni ha dato voce, di quanti cercano una via che rispecchi il sentimento religioso di tutt*, dagli omosessuali, alle persone trans e transgender, alle persone divorziate e risposate. Potremmo citare il Cardinale Matteo Maria Zuppi, o invitare a leggere Don Maurizio Chiodi, docente di Teologia Morale alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, che afferma come le teorie che si interrogano sull’identità di genere siano «un “provvidenziale” stimolo a superare indebiti assolutismi e stereotipi culturali (sessisti) “di genere”, identificandoli falsamente come “dati”».

Nella speranza di aprire un dialogo sincero, che non decada in una “chiamata alle armi” inutile e dannosa, ci limiteremo a ripensare a quanto detto da Papa Francesco in Amoris Laetitia : « un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone»