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Il monitoraggio che accompagnerà la riapertura

2 maggio 2020 | 17:34
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Il monitoraggio che accompagnerà la riapertura

Il 4 maggio è alle porte ma comporterà, insieme alla riapertura di molte attività, anche alla necessità di monitorare la situazione per evitare nuovi focolai di coronavirus, in parte già previsti dagli esperti come effetto rebound dopo l’apertura

Tutti in attesa del 4 maggio, data fatidica per la ripresa di una parvenza di normalità, che però sarà ancora scandita dal monitoraggio effettuato su tutto il territorio nazionale per valutare l’eventuale necessità di emanare nuovi provvedimenti restrittivi, nel caso che in alcune aree l’epidemia dovesse riprendere forza.
Monitoraggio in tutta Italia e a maggior ragione in Piemonte dove, dati di ieri, il numero dei nuovi casi positivi è pari a un quinto rispetto a quello nazionale, per cui la curva epidemica sarà controllata attentamente e costantemente. Il problema è, nella sostanza, che secondo gli esperti nei primi 15-20 giorni dopo la riapertura è probabile un aumento nel numero dei casi di pazienti positivi, per il cosiddetto effetto rebound. L’importante, e qui entra in gioco il monitoraggio a cui facevamo riferimento, è che se ciò succedesse si dovrà reagire tempestivamente senza farsi cogliere impreparati evitando, di conseguenza, l’esplosione di focolai incontrollati.

Ogni decisione governativa passa attraverso dei decreti e quello firmato dal ministro della Salute Roberto Speranza specifica quali saranno le soglie accettabili e quali quelle ritenute di “allerta”, quelle cioè che potrebbero portare ad un nuovo inasprimento delle misure e ad una nuova fase localizzata di lockdown.

I macro criteri individuati dal decreto sono tre: capacità di monitoraggio; capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti; stabilità di trasmissione e tenuta dei servizi sanitari. E contengono 20 indicatori in tutto da tenere sotto monitoraggio costante, come ad esempio il numero di casi sintomatici. E ancora, rispetto alla capacità di accertamento diagnostico, il decreto prevede il monitoraggio della percentuale di tamponi positivi e il tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi. Per la tenuta dei servizi sanitari, cruciale sarà invece il monitoraggio del numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni, il valore R0, il numero di nuovi focolai di trasmissione, numero di accessi al pronto soccorso e il tasso di occupazione dei posti letto totali di terapia Intensiva per pazienti Covid-19.

L’effettuazione dei tamponi ha un ruolo fondamentale nel decreto del ministro Speranza perché per il monitoraggio dell’epidemia sono stati ritenuti indispensabili il grado di reattività e “tenuta del sistema sanitario, per assicurare l’identificazione e gestione dei contatti, il monitoraggio dei quarantenati, un’adeguata e tempestiva esecuzione dei tamponi per l’accertamento diagnostico dei casi”. Così stabilisce il provvedimento e a noi non resta che affidarci al cognome del ministro, Speranza, affinché, finalmente, vengano fatti i tamponi anche nei casi di nuclei famigliari in cui uno o più componenti sono risultati positivi al tampone mentre altri membri, pur con la stessa sintomatologia, non sono stati testati. E’ un punto su cui battiamo da tempo, ma in Piemonte al momento sembra un discorso per non udenti.

Anche se… La task force piemontese capitanata dall’ex ministro Ferruccio Fazio ritiene che in questa seconda fase si debbano adottare misure differenziate per aree omogenee. Abbiamo già segnalato che nella prima relazione presentata dal suo gruppo di lavoro sia stato detto che per contenere il rischio di nuovi macro-focolai “occorre che il sistema di risposta della Sanità regionale si collochi in modalità di tracciamento attivo dei contagi, senza attendere il peggioramento o il ricovero in ospedale, ma intercettandoli all’inizio per impedire che si diffondano ulteriormente su altri loro contatti, oppure che diventino più gravemente malati e prevalentemente ospedalizzabili”. Fazio ha anche aggiunto che servirà, inoltre, incrementare il numero dei tamponi che dovranno passare dagli attuali 7mila a oltre 10mila al giorno, consentendo al sistema sanitario “di attuare una strategia di contact tracing and testing se un nuovo picco epidemico sarà inferiore o al massimo uguale a quello che il Piemonte ha sperimentato”. Insomma, Fazio chiede chiaramente un cambio di marcia nella gestione di questa seconda fase e allora speriamo che tutte le parole declinate all’indicativo futuro come “servirà” si trasformino in indicativo presente, per recuperare il tempo perduto.