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8 marzo, omaggio alla storia e all’importanza delle donne nel mondo del vino

8 marzo 2020 | 16:48
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8 marzo, omaggio alla storia e all’importanza delle donne nel mondo del vino
8 marzo, omaggio alla storia e all’importanza delle donne nel mondo del vino
8 marzo, omaggio alla storia e all’importanza delle donne nel mondo del vino
8 marzo, omaggio alla storia e all’importanza delle donne nel mondo del vino

I momenti di festa che hanno accompagnato l’uomo in ogni epoca hanno sempre avuto due componenti fondamentali: l’amore e il vino

Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza. Queste le parole che non avranno mai fine scritte da Lorenzo De’ Medici per celebrare i momenti di festa che hanno accompagnato l’uomo in ogni epoca nei quali vi erano sempre presenti due componenti fondamentali: l’amore e il vino. Se andiamo indietro nella storia e nelle figure mitologiche possiamo nominare l’unione di Bacco e Arianna per poi proseguire e notare come il vino e la figura femminile sia entrata a far parte, ricoprendo cosi ruoli fondamentali, nelle religioni. Come non dimenticare l’Ultima Cena e il mito generatosi del Santo Graal.

L’articolo di questa settimana non poteva non esser che dedicato alla Donna, figura fondamentale per quanto riguarda il vino. Soprattutto noi delle Langhe non possiamo dimenticare l’importanza che donne di carattere hanno avuto nella storia e il loro successo di cui possiamo così vantarci tutt’ora. Donne come la Bela Rosin, ovvero Rosa Vercellana prima amante e poi moglie del re Vittorio Emanuele II, contessa di Fontana Fredda ( Serralunga d’Alba ) alla quale l’azienda ancora oggi dedica una bollicina dal nome “Contessa Rosa”. Tota Virginia Ferrero, imprenditrice del Barolo, venuta a mancare nel 1949; ma che ancora oggi gli anziani ricordano vederla contrattare le uve migliori al mercato di Alba. Negli anni a seguire i parenti hanno trasformato il Podere Tota Virginia in un ottimo hotel e ristorante dove assaporare la vera e tradizionale cucina piemontese.

Mi vengono in mente le più giovani: Chiara Boschis, Livia Fontana, Teresa Mascarello, Ornella Correggia e Mariuccia Borio, donna della barbera del Monferrato. Ma tutto questo ritengo sia stato possibile grazie a una sola grande Donna, ovvero Giulia Vittorina Colbert de Maulévrier, la rappresentante più popolare della famiglia Falletti, del comune di Barolo

La marchesa Giulia Vittorina Colbert nacque in Vandea, in Francia, da una famiglia imparentata con Luigi XVI, e con il celebre ministro del Re Sole, Colbert. Per questi legami, alcuni membri vennero giustiziati nella Parigi giacobina. La futura marchesa si rifugiò quindi in Olanda insieme alla famiglia per tornare in Francia con l’avvento dell’impero di Napoleone. Le testimonianze dell’epoca affermano il suo carattere molto forte ma anche molto caritatevole che probabilmente ne hanno fatto il personaggio complesso e carismatico a tutti noto. Conobbe il marito Carlo Tancredi Falletti alla corte di Napoleone a Parigi e le nozze furono celebrate nella capitale francese il 18 agosto del 1806. Curiosamente l’ultimo discendente dei Falletti fu apprezzato consigliere di Napoleone, che lo nominò Conte dei Savoia.Tornata in Piemonte la coppia decise di trasferirsi definitivamente a Torino, a palazzo barolo, la loro dimora, che divenne presto un prestigioso salotto di intellettuali e personalità di rilievo, come Cesare BalboCamillo Benso Conte di Cavour e gli Alfieri.

Il suo legame con il  vino Barolo corre parallelo ai molti impegni sociali della marchesa e nasce dall’interessamento del re Carlo Alberto che chiese alla marchesa un po’ dell’ottimo vino prodotto dalle vigne intorno al castello di Barolo. La scena cui assistettero i torinesi pochi giorni dopo la richiesta del sovrano doveva essere tanto impressionante da entrare nella leggenda popolare. Esattamente 325 carri attraversarono la città per dirigersi a palazzo reale, ognuno portava una carrà di vino (una piccola botte utilizzata nel XIX secolo da 26 ettolitri). Una per ogni giorno dell’anno, salvo i 40 della quaresima, durante la quale bisognava, secondo la marchesa, astenersi dall’alcol. Presto la fama di quel vino valicò anche le frontiere del piccolo Piemonte. I Falletti lo offrivano ai loro invitati e secondo i registri di cantina arrivarono a esportarlo anche a Istambul. Giulia Colbert vide del potenziale in quello che all’ora era semplice nebbiolo e nel 1843 chiese la collaborazione dell’enologo francese Oudart che dal  1843 offriva i suoi servigi a Camillo Benso Conte di Cavour. Il suo obiettivo era quello di dare vita a un vino che potesse rivaleggiare con le bottiglie d’oltralpe. Questo impegno, mantenuto fino agli ultimi giorni di vita l’hanno proiettata nell’olimpo dei fondatori del Re dei vini, ovvero del Barolo come lo conosciamo oggi.

Dopo aver speso circa 12 milioni di lire (una cifra astronomica nel XIX secolo) per portare avanti tutte le sue attività sociali Giulia Colbert morì il 19 gennaio del 1864 nel suo palazzo di Torino. Non aveva figli e il marito l’aveva nominata erede universale. Tutte le sue ricchezze e proprietà furono destinate a finanziare l’Opera Pia Barolo l’ente che per diversi decenni proseguì quell’impegno sia a Torino che nel paese delle Langhe. Così, nella maniera più luminosa, si è conclusa la secolare storia della potente famiglia dei Falletti di Barolo, portata però avanti dalla famiglia Marchesi di Barolo con le altrettanto tenaci donne Anna e la figlia Valentina Abbona.