Le Marittime “laboratorio” per le ricerche di università americane

13 febbraio 2020 | 11:15
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Le Marittime “laboratorio” per le ricerche di università americane
Le Marittime “laboratorio” per le ricerche di università americane
Le Marittime “laboratorio” per le ricerche di università americane

Unione tra vecchi e nuovi strumenti per lo studio delle malattie infettive

IlDianthus pavonius, garofano di montagna endemico delle Alpi occidentali, molto diffuso in Valle Pesio, illustra la copertina dell’ultimo numero dell’American Journal of Botany, la più prestigiosa rivista botanica degli Stati Uniti.

La pianta è al centro di una collaborazione decennale tra Centro Regionale di Biodiversità Vegetale di Chiusa Pesio, istituito presso l’Ente Aree protette Alpi Marittime, e importanti Università americane (Virginia University, University of Maryland e Amhest College) per l’approfondimento delle modalità e degli effetti della trasmissione di malattie infettive tra specie diverse. Tema dei fatti di cronaca di questi giorni che riporta in maniera prepotente l’attenzione sulle malattie infettive, sui loro effetti sulla salute umana e sulle modalità di trasmissione tra specie diverse.

Di grande utilità, per meglio comprendere cosa siano le malattie infettive e come si possano prevenire e combattere, sono l’osservazione e lo studio del loro comportamento, sia in natura che in laboratorio, nonché l’analisi della loro distribuzione geografica presente e passata. Ed è quello che stanno facendo nella loro attività scientifica i ricercatori delle istituzioni americane e cuneesi.

L’elemento di interesse per questi ricercatori (si tratta di biologi specializzati proprio nello studio delle malattie infettive) è dato dalle interazioni (cioè dai giochi di forza) esistenti tra un garofano di montagna, endemico delle nostre vallate (Dianthus pavonius Tausch) e un fungo parassita della pianta (genere Microbotryum) che provoca la sterilità del fiore sostituendo le sue spore violacee ai granuli di polline e impedendo, di fatto, la fecondazione dei garofani e la successiva produzione di semi.

L’osservazione scientifica di queste interazioni tra ospite (il garofano) e patogeno (il fungo parassita) è assurta quale modello di studio anche per altre malattie infettive e può avvenire con metodi e materiali molto differenti, ad esempio anche grazie ad indagini condotte in collezioni di storia naturale quali sono gli erbari.

Che cosa sono gli erbari? Sono collezioni di campioni di piante opportunamente determinate (cioè identificate), pressate, essiccate e poi fissate su fogli di carta bianca, a loro volta racchiusi entro appositi raccoglitori. Ogni campione d’erbario è dotato di un cartellino identificativo della specie che rappresenta, della data e del luogo in cui è stato raccolto e del nome del suo raccoglitore e/o identificatore.

In giro per il mondo il numero degli erbari riconosciuti si aggira intorno a 2600 (fonte: www.enciclopedia.com); ognuno di essi può contenere una buona rappresentanza sia della flora locale che di quella alloctona, con esemplari di specie raccolti dai botanici nel corso dei secoli.
È proprio in questi tre fattori – la specie, lo spazio ed il tempo – che sovente si nascondono informazioni molto utili ai ricercatori impegnati nello studio delle malattie infettive.

Infatti, l’osservazione attenta di campioni di garofani presenti negli erbari può rivelare la presenza della malattia fungina su alcuni di essi (i fiori appaiono “sporcati” dalla polvere violacea prodotta dalle spore del fungo) consegnando ai ricercatori importanti informazioni sulla provenienza geografica di quel campione, sull’anno di raccolta e sulla specie infettata.

Negli ultimi anni, con l’avvento di una tecnologia telefonica sempre più raffinata e di diffusione globale, oltre ai dati ritrovati nelle collezioni d’erbario si sono aggiunti quelli raccolti direttamente sul campo dai cittadini, mediante iniziative di citizen science in cui, con una semplice applicazione del telefono, è possibile partecipare a progetti di ricerca e contribuire così a mappare con precisione la presenza di malattie infettive come quella descritta per il garofanino.

Questo è quanto stanno facendo i ricercatori americani e di cui si parla nell’articolo pubblicato sul numero dell’American Journal of Botany (Kido & Hood, 2019) che ha voluto dedicare la copertina al garofano delle montagne cuneesi. Grazie a metodologie vecchie e nuove, mai come oggi è possibile disporre di una mole così sostanziosa di informazioni, in grado di confrontare la distribuzione di una pianta o di una malattia infettiva, non solo sulle Alpi, ma anche in altre aree geografiche e su altre specie non ancora documentate.

La sovrapposizione di dati storici, come quelli degli erbari, con quelli raccolti in tempo reale con gli smartphone, rappresenta una importante evoluzione del modello di studio a fenomeni di difficile comprensione, rappresentando uno strumento efficace anche per la gestione strategica delle emergenze di carattere sanitario, in qualunque contesto.