Relazione Dia, Granda a rischio ‘ndrangheta

20 gennaio 2020 | 09:18
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Relazione Dia, Granda a rischio ‘ndrangheta

Dalla relazione del Dipartimento investigativo antimafia relativamente all’attività svolta su tutto il territorio nazionale nel primo semestre del 2019, emergono notizie di infiltrazioni malavitose nella Granda

La relazione semestrale, relativa al periodo gennaio-giugno 2019, presentata al Parlamento dalla Direzione investigativa antimafia propone un quadro di insieme che difficilmente si abbina al concetto di “Cuneo provincia tranquilla”. Da quanto si legge nella lunga relazione che prende in esame l’attività svolta e i risultati ottenuti su tutto il territorio nazionale dalla Dia, viene certificato come anche la Granda sia diventata provincia di interesse per le organizzazioni criminali di alto livello come la ’ndrangheta. A testimoniarlo ci sono operazioni di polizia come “Alba chiara”, che risale al 2011, che portò alla scoperta del “locale” del basso Piemonte o come quella denominata “Barbarossa”, del 2018, e in questo caso venne individuata una cellula ‘ndranghetista ad Asti, con affiliati nel Cuneese.

Servissero altre conferme, ecco che la presenza di cosche calabresi nel cuneese è stata dimostrata, e siamo all’anno scorso, dall’inchiesta «Carminius», contro soggetti collegati ai Bonavota di Sant’Onofrio, operanti a Carmagnola in contatto con Cosa nostra. In quel caso i malvavitosi hanno iniziato dalla gestione degli stupefacenti, passando poi a investire in attività apparentemente legali: società finanziarie, immobiliari, concessionarie di autoveicoli, imprese edili, ditte operanti nella ristorazione e gestione di slot machine. Valore totale del “giro d’affari”? 45 milioni di euro.

Segnaliamo alcuni passaggi della relazione della Dia: “Il territorio in esame appare esposto a tentativi di infiltrazione da parte di sodalizi calabresi, siciliani, campani e pugliesi anche in ragione del fatto che diversi sodali sono sottoposti a regime detentivo differenziato presso la Casa Circondariale di Cuneo. Tale circostanza potrebbe favorire, nell’area, forme di stabile insediamento da parte dei familiari. Sul fronte del contrasto agli stupefacenti, nel semestre si annovera l’ingente sequestro di circa kg. 120 di marijuana operato dalla Polizia Stradale nel mese di marzo 2019, a Piobesi d’Alba . Nell’occasione è stato tratto in arresto un soggetto originario della provincia di Latina, sorpreso alla guida di un’autovettura con a bordo lo stupefacente. Per quanto concerne la criminalità di matrice straniera, si conferma anche nel cuneese la presenza di gruppi di origine nord-africana ed albanese che gestiscono prevalentemente le attività di spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, nonché il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione di connazionali. La provincia ospita anche gruppi di “sinti”, dediti per lo più alla commissione di reati predatori. Data poi la vicinanza con la Francia, il cuneese viene utilizzato come rotta per trasportare via terra immigrati clandestini.

La conclusione alla quale giungono gli investigatori è che: “Nonostante il radicamento mafioso in Piemonte sia consolidato negli anni e sia definito da pronunce giudiziarie, attraverso le più recenti inchieste si è evidenziato come in molte aree interessate dal fenomeno mafioso non si avesse ancora piena coscienza degli effetti nefasti di questo insediamento”. 

Per chi volesse approfondire quanto descritto nella relazione presentata in Parlamento: http://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it/semestrali/sem/2019/1sem2019.pdf