Alla ‘ndrangheta piace il Rosso

21 dicembre 2019 | 09:26
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Alla ‘ndrangheta piace il Rosso

Chissà qual è il vero Roberto Rosso, se quello che denunciò le irregolarità nei rimborsi spesa dei consiglieri regionali del Piemonte o quello che sarebbe ricorso all’aiuto della malavita per essere eletto?

Non si è colpevoli fino a quando non si è giudicati tali in un tribunale, certo è che il caso dell’ex, oramai, assessore Roberto Rosso non è l’unico che ha investito la Regione Piemonte negli ultimi anni e sempre con l’ombra oscura e inquietante dei rapporti tra organizzazioni malavitose e politica. Rosso deve rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso, reati fiscali per circa 16 milioni di euro e del reato di scambio elettorale politico- mafioso. Da lui hanno preso le distanze sia il governatore Alberto Cirio che Giorgia Meloni, leader del partito, Fratelli d’Italia, nel quale militava Rosso, fino alla sua espulsione odierna. Rosso si è sempre vantato di essere discendente di don Bosco. Chissà cosa penserebbe di lui il Santo avo…

L’altro caso di commistione politica-malavita si è verificato nel giugno del 2011, non un secolo fa, quando era stata arrestata un’altra esponente politica del centrodestra, Caterina Ferrero, dell’allora Pdl, ex assessore alla Sanità accusata di turbativa d’asta e abuso d’ufficio, in pratica di essersi fatta guidare da interessi politici nell’assumere alcune decisioni istituzionali. Le sue dimissioni da assessore arrivarono pochi giorni dopo l’operazione “Dark side”, che portò in carcere  il suo braccio destro, Pietro Gambarino e altre quattro persone, mentre altre due finirono ai domiciliari. Ma qualcosa di molto peggio per la Ferrero,  che all’epoca dei fatti contestati era assessore regionale ai Lavori pubblici, successe pochi giorni dopo con l’operazione anti ‘ndrangheta denominata “Minotauro” nel corso della quale suo suocero, l’imprenditore Nevio Coral, sindaco di Leinì, venne accusato di intrattenere rapporti con uomini della criminalità calabrese. Il nome della Ferrero emerse in alcune intercettazioni di malavitosi che erano alla ricerca di appoggi politici per ottenere appalti. E i giudici della quinta sezione penale del Tribunale di Torino, che condannarono Coral a dieci anni di reclusione, nelle motivazioni della sentenza scrissero che avrebbe sfruttato l’appoggio dei calabresi per far eleggere la nuora, diventata poi assessore alla Sanità della Regione Piemonte.

Gli intrecci tra ‘ndrangheta, mafia, camorra e politica purtroppo non sono fatti isolati, ma si è sempre pensato dovessero riguardare altri ambiti e altre regioni. Invece… Anche dalla provincia di Cuneo arrivano segnali preoccupanti. Qualche esempio? Nel 2010, con l’operazione “Crimine” si venne a conoscenza della richiesta di aprire una locale ad Alba dove per locale si intende il luogo dove si svolgono le riunioni degli ‘ndranghetisti. Il termine è anche usato in riferimento ad uno o più rami dell’organizzazione che comprende più ‘ndrine o famiglie di una stessa zona geografica. Dalle intercettazioni degli inquirenti sembrava che alla costituzione di una locale fosse interessata anche la zona di Sommariva Bosco.

Francesco Giarratano, che venne definito esponente della ‘ndrangheta di Fossano, venne arrestato nel marzo 2013 e condannato a 21 anni di carcere per detenzione di armi da guerra e omicidio.

Altro processo, nel 2015, nato dall’omonima operazione “Albachiara”,  confermò l’esistenza della ‘ndrangheta nel cosiddetto Basso Piemonte: Alba, Fossano e Sommariva Del Bosco.

E, ancora, il 3 maggio 2018 si conclude l’operazione “Barbarossa” in cui si scoprì una organizzazione ‘ndranghetista operante tra l’astigiano e il cuneese, in particolare ad Alba, delle famiglie Catarisano, gli Emma e gli Stampè con a Capo Rocco Zangrà che faceva da riferimento per la ‘ndrangheta del vibonese in Calabria col ruolo di capo-crimine del locale. Sono accusati di estorsione, associazione mafiosa, traffico di droga e armi.

Se non è ‘Ndrangheta è camorra, come nel caso dell’uomo arrestato dai carabinieri nel novembre scorso a Paesana. Su di lui pendeva un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, ma a Paesana eseguiva lavori in subappalto in un impianto di produzione idroelettrica.

E, ancora, gli investigatori della Guardia di Finanza hanno ricostruito l’attività di una ‘ndrina che operava nella zona tra Carmagnola e Cuneo che per riuscire a gestire meglio i traffici illegali si era accordata con esponenti di Cosa Nostra siciliana, anche loro radicati sul territorio. In questo modo, le due organizzazioni criminali hanno mandato avanti in perfetto accordo traffici di droga ed estorsioni.