Ottimismo degli imprenditori cuneesi

23 ottobre 2019 | 22:02
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Ottimismo degli imprenditori cuneesi

L’indagine di previsione di Confindustria Cuneo per il quarto trimestre  2019 mette in evidenza indicatori positivi che consentono agli imprenditori cuneesi un maggior ottimismo rispetto alle situazioni che si registrano nel resto del Piemonte

L’economia italiana è ancora sulla soglia della crescita zero, rischiando di cadere in recessione in caso di eventuali nuovi shock, che soprattutto dal fronte estero sono sempre possibili, come mostra l’elevatissimo grado di incertezza oggi presente sui mercati.

Per quanto riguarda il Piemonte, le attese delle imprese restano improntate alla cautela, nonostante ampi divari settoriali e territoriali. Nel manifatturiero il clima di fiducia su produzione, ordini ed export è lievemente sfavorevole, con indicatori appena al di sotto del punto di equilibrio tra previsioni di crescita e di contrazione dell’attività. Il disallineamento tra manifattura e terziario, comune alla maggior parte dei paesi industriali, riguarda anche la nostra regione: nei servizi, infatti, le imprese piemontesi esprimono ancora valutazioni molto ottimistiche, con indicatori allineati a quelli di marzo e luglio.

Considerando invece la provincia di Cuneo, l’indagine di previsione per il quarto trimestre 2019, realizzata da Confindustria Cuneo nel mese di settembre su un campione di circa 310 imprese associate, registra attese ancora improntate all’ottimismo sebbene, rispetto a luglio, si evidenzi un parziale ridimensionamento di alcuni indicatori.

Le imprese manifatturiere esprimono valutazioni più prudenziali su export, ordini interni e occupazione, pur consolidando le aspettative sulla produzione e la propensione ad investire. Il ricorso alla cassa integrazione sale di circa un punto percentuale, portandosi al 7%. Relativamente stabili il tasso di utilizzo degli impianti e i tempi medi di pagamento.

Si riscontra qualche segnale di decelerazione del ciclo anche nelle previsioni delle imprese dei servizi. Frenano occupazione e ordini, a fronte di un incremento del già elevato tasso di utilizzo delle risorse aziendali e una situazione pressoché invariata dei tempi di pagamento. Si azzera il ricorso alla CIG.

L’analisi di Confindustria Cuneo si proietta su un quadro più generale che mette in evidenza come l’economia mondiale freni ancora. Si tratta di una decelerazione che coinvolge soprattutto la manifattura, mentre i servizi sembrano esserne stati finora interessati solo marginalmente. Diminuiscono gli investimenti in beni strumentali, mentre i consumi privati mantengono ritmi soddisfacenti, complice la bassa inflazione che sostiene il potere di acquisto delle famiglie. La BCE a inizio settembre ha annunciato una serie di misure a sostegno dell’economia, mentre la Fed ha più recentemente abbassato, per la seconda volta da luglio, il tasso d’interesse di altri 25 punti base, cercando di scongiurare il rischio di un rallentamento più forte del previsto.

Ma mentre da un lato l’Area Euro sta visibilmente rallentando, con una crescita attesa per il 2020 dell’1% (ben lontana dal picco del 2,7% nel 2017) e la Germania già forse in recessione, dall’altra parte gli Stati Uniti crescono ancora su buoni ritmi. Non si prospettano rischi di recessione immediati almeno fino a quando mercato del lavoro e consumi americani si manterranno sui livelli attuali. Un numero crescente di osservatori è ormai concorde nel ritenere che la bassa inflazione e il contestuale rallentamento del manifatturiero riflettano elementi strutturali e non solo congiunturali. È sotto gli occhi di tutti come, grazie alle tecnologie e al commercio online, il sistema della distribuzione stia cambiando coinvolgendo le strutture dei margini: a fronte di catene del valore ormai globali, i prezzi subiscono meno gli andamenti dei costi interni. Per contro le incertezze legate al commercio internazionale frenano la manifattura. Tra i grandi player, la Cina non sembra più in grado di stimolare l’economia con politiche fiscali e monetarie: la bassa crescita delle esportazioni, la contrazione delle importazioni e la decelerazione della produzione industriale indicano la difficoltà dell’attuale fase ciclica. Il minore contributo alla crescita del commercio internazionale e il deprezzamento dello yuan, a loro volta, incidono negativamente sull’economia mondiale, soprattutto su paesi, come la Germania, con una forte esposizione sul mercato cinese in termini di quota di export, e sugli emergenti asiatici che hanno una stretta integrazione commerciale con la Cina.

In questo scenario globale incerto, si conferma la sostanziale stagnazione dell’economia italiana. Molto dipenderà da come il Parlamento modificherà l’attuale legislazione, che prevede un aumento dell’IVA e delle accise per 23,1 miliardi di euro a partire dal1° gennaio 2020. Secondo le più recenti analisi, in uno scenario a “politiche invariate”, includendo il rialzo di IVA e accise e le spese indifferibili, il PIL rimarrà fermo non solo nel 2019, ma anche nel 2020. Se, invece, l’aumento delle imposte indirette venisse annullato e finanziato interamente a deficit, il PIL crescerebbe dello 0,4% nel 2020, ma il rapporto deficit/PIL sarebbe pericolosamente vicino al 3%, retroagendo sulla crescita: rimarrebbe al di sotto di questa soglia solo se i risparmi acquisiti dal minor utilizzo di Quota 100 e Reddito di cittadinanza andassero interamente a riduzione strutturale del deficit. Nelle intenzioni del Governo – rappresentate nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NaDEF) di inizio ottobre – malgrado la sterilizzazione degli aumenti IVA, il deficit sarà al 2,2 per cento del PIL. Spetterà al disegno di Legge di bilancio specificare esattamente le coperture.