Il rapporto annuale IRES Piemonte sulle montagne

4 agosto 2019 | 10:34
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Il rapporto annuale IRES Piemonte sulle montagne

Problemi endemici che non hanno avuto ancora risposte concrete ma che richiedono l’attenzione costante della politica

Secondo quanto riportato nel sito dell’assessorato regionale competente “la montagna piemontese costituisce un’ importante risorsa per il sistema economico e sociale regionale” concetto sul quale è difficile non essere d’accordo. Ma al di la delle affermazioni da vetrina istituzionale è indubbio che la montagna viva delle criticità tutt’ora irrisolte, come ben spiega l’IRES Piemonte, ente di ricerca della Regione, nel suo rapporto annuale dal titolo “Le montagne del Piemonte”.

Ecco le problematiche ricordate dal rapporto.

Lo spopolamento. Con la popolazione residente in montagna che continua a diminuire più che in pianura e collina. Il ridimensionamento che ne consegue si riflette anche sulla densità significativamente inferiore e sulla maggiore presenza di comuni montani piccoli o piccolissimi dal punto di vista demografico.

L’ invecchiamento della popolazione. Contrastato oggi dall’interruzione dello spopolamento nelle basse valli (la montagna integrata) dovuto all’attrazione residenziale di questi territori. Un altro segnale di controtendenza è dato dal fenomeno dei “nuovi montanari”, cioè di giovani che decidono di andare a vivere e a lavorare in montagna. Il processo di invecchiamento resta tuttavia rilevante, soprattutto nella montagna interna e negli Appennini, dove i tassi di invecchiamento hanno raggiunto livelli difficili da invertire.

Il consumo di suolo. La quota di suolo consumato cresce più velocemente in montagna che nel resto del Piemonte. Gli incrementi maggiori interessano in particolare gli Appennini, ma è nelle Alpi che il fenomeno si lega in modo più marcato alla presenza di case non utilizzate. Ciò avviene soprattutto nel pedemonte, che è maggiormente segnato dallo sprawl delle città “porte di valle” e nei distretti turistici mentre, soprattutto nelle aree interne, cresce l’abbandono dei terreni già coltivati.

La sicurezza del territorio. Tradizionalmente in montagna è maggiore il rischio legato a frane, valanghe e incendi. Minore quello per siti pericolosi e esondazioni. Nel tempo, tuttavia, l’incuria e l’abbandono delle attività agricole ha reso più debole il territorio. Su tutto ciò grava l’evenienza del cambiamento climatico che per un verso renderà attrattive alcune aree produttive (si pensi ai vigneti eroici e alle aree vitate che potrebbero salire di quota) ma nel contempo l’incremento dei fenomeni estremi aumenterà i rischi di incendi, frane e valanghe.

La monovocazione economica. La quota maggiore dell’occupazione si ripartisce ancora tra due soli settori: turistico-ricettivo e agro-silvo-pastorale, arrivando a ricoprire a livello regionale un peso maggiore di quello della popolazione (19,4% della popolazione piemontese è montana, ma solo il 16,0% degli addetti sono montani). Sta crescendo tuttavia la multifunzionalità lavorativa e quella settoriale. Si recuperano vecchie attività artigianali e si innovano alcune filiere, ad esempio quella energetica, non più solo idroelettrica, ma rivolta all’utilizzo della biomassa, del vento, del sole.

La connessione viaria e ferroviaria. L’orografia montana, la bassa densità demografica e la presenza di flussi di mobilità polarizzati e stagionalizzati generano condizioni di relativo isolamento e di diseconomicità nell’erogazione dei servizi di trasporto. Nonostante siano proprio in montagna i maggiori corridoi di trasporto internazionale, resta difficile la connettività: sia dei trasporti che telematica. Il riutilizzo e la rifunzionalizzazione di alcuni tratti ferroviari come la Ceva-Ormea arriva tardivo ed è funzionale solo al turismo, mentre manca una strategia per l’intera montagna. Si attende, sebbene la pianificazione sia già attiva, la nuova rete a banda larga e ultralarga, quale infrastruttura in grado di risolvere molti degli attuali problemi di connessione.

La desertificazione commerciale. La multifunzionalità e la riconversione del commercio (dai servizi stanziali ai “mercatini” mobili orientati al turismo) sono una parziale risposta alla mancanza di opportunità lavorative, al declino industriale dei distretti pedemontani e all’erosione dei margini di economicità dei servizi che determinano un impoverimento delle attività terziarie e produttive. Si assiste ad un mutamento dei servizi commerciali più orientati al turismo e sempre meno in grado di rispondere alle esigenze della popolazione residente. Le tecnologie digitali sono una risposta possibile, ma una mobilità minuta, reticolare e sostenibile è ancora di là da venire.

Il depotenziamento della base economica. La minore disoccupazione è accompagnata in montagna da una migliore distribuzione dei redditi. Tuttavia i redditi di chi lavora sono molto inferiori a quelli medi della pianura determinando, soprattutto nelle aree interne, una minore disponibilità a spendere per consumi e investimenti. La struttura della popolazione, più anziana del resto dei territori regionali, e l’abbandono delle attività agropastorali hanno contribuito a innescare quel circolo vizioso negativo di depotenziamento della base economica di cui si intravedono segnali d’inversione ancora troppo labili.

La debole rappresentatività politica. La maggiore polverizzazione amministrativa della montagna non facilita il governo locale, peraltro destrutturato dall’abolizione delle Comunità montane. Le nuove forme di governance dei Gruppi di Azione Locale – GAL, seppure importanti punti di riferimento, non bastano alla costruzione di nuove forme di governo e appaiono deboli le Unioni di comuni e le altre forme di associazionismo promosse. La rappresentanza locale è inoltre limitata dalla minore presenza di popolazione e da una minore partecipazione al voto. Ciò si riverbera tanto sulla possibilità di eleggere rappresentanti politici attenti alle istanze territoriali, quanto sulla possibilità di individuare tra i residenti le figure più competenti.

Sono tematiche a cui è difficile dare una risposta perché hanno origine lontane nel tempo ma sono comunque argomenti sui quali la politica e nel caso specifico la nuova Giunta regionale, sono chiamate a prestare attenzione come è più che per autostrade e trafori internazionali.

In tutto questo è divertente leggere dello scontro, degno del migliore Guareschi con i suoi “Peppone e don Camillo” avvenuto tra la dipendente del Consorzio turistico e il presidente della Pro loco di Acceglio con oggetto del contendere un crocifisso non gradito dalla laica impiegata. Problema risolto con l’adozione di un crocifisso più piccolo, accettato dalla dipendente.

(Dati rilevati dal sito www.ires.piemonte.it/pubblicazioni_ires/LE%20MONTAGNE%20DEL%20PIEMONTE%202019_RAPPORTO_03_APRILE_2019.pdf)