Dario Viale: “Quando metto musica, il pubblico, con la mente, viaggia”

28 luglio 2019 | 17:30
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Dario Viale: “Quando metto musica, il pubblico, con la mente, viaggia”
Dario Viale: “Quando metto musica, il pubblico, con la mente, viaggia”
Dario Viale: “Quando metto musica, il pubblico, con la mente, viaggia”
Dario Viale: “Quando metto musica, il pubblico, con la mente, viaggia”

Si racconta a Cuneo24 uno dei DJ più conosciuti ed apprezzati della provincia. Il suo entusiasmo e la sua pazzia sono le caratteristiche principali: “Cerco di assecondare il pubblico con la musica che mi viene chiesta, ma dedico sempre un momento ai miei brani preferiti”.

Cuneo.  Si presenta con dieci minuti di ritardo davanti alla porta scorrevole del bar. Non faccio in tempo a farglielo notare che già sorride e mi abbraccia. Un abbraccio forte, sincero, energico. Non me lo aspettavo. Come a dire: “siamo amici da una vita”. Sto parlando di Dario Viale, 40 anni con la passione della musica. Da molto tempo si diletta nel produrre brani e fare il DJ alle feste in provincia, anche se il suo vero lavoro è fare il consulente energetico.

Ogni evento è caratterizzato da un viaggio. Un viaggio mentale che deve fare il pubblico. Il suo show non è solo “alzate le mani”, è (forse) poesia. Ai microfoni di Cuneo24 si racconta così: “Noi DJ abbiamo una grande responsabilità durante la serata. Dobbiamo far innescare la felicità al pubblico, siamo pagati per questo. Io propongo sempre un’alternativa alla volgarità e alla durezza, voglio che il pubblico si diverta. La festa sono loro. La musica è solo un ‘di più'”

Come imposti la tua serata tipo?
“La mia serata tipo è composta da una parte iniziale (preserata) e poi una parte finale. Di mezzo, solitamente, c’è una band o un artista importante”

Quindi tu non sei il protagonista…
“Penso che il protagonista sia il pubblico, il quale viene per la festa. Ecco, la festa è forse un concetto ancora più ampio che va oltre lo stile musicale della serata. Io di solito apro e chiudo una band, studio il pubblico prima di iniziare a mettere i dischi e mi dedico un momento per me. In questo momento metto la mia musica. Di solito è all’inizio. D’altronde, la psicologia parla chiaro, i momenti per il quale una cosa viene ricordata di più sono l’inizio e la fine…”

Che importanza dai al pubblico?
“Il pubblico è il protagonista principale. Quando faccio un preserata, raramente utilizzo il microfono e anche la musica ha un volume moderato. Voglio che la gente riesca a parlare, a fare conoscenza, a salutarsi. Io sono sempre un tramite al divertimento”

Quindi sei un DJ umile?
“In realtà sono abbastanza arrogante. Ho la presunzione di incontrare l’anima del pubblico, anche attraverso la musica. Però vorrei che, a casse spente e festa finita, il pubblico si senta un po’ vicino alla mia anima. E’ questo il grande potere della musica. Ed è forse anche un grande strumento che accomuna tutti noi. Alla fine di ogni serata mi fermo con il pubblico per capire le sensazioni. Abbraccio tutti e rispondo anche alle critiche e ai consigli”.

Bevi durante le serate?
“Assolutamente no, solo acqua. Per prima cosa firmo dei documenti di lavoro quindi alcool 0, seconda cosa, perdo il senso della realtà…”

Vuoi essere proprio sul pezzo…
Si interrompe, non riesce a concentrarsi perché alla radio sta passando “LA CURA di Battiato (2003)”.
“Assolutamente voglio essere lucido e raccogliere tutta l’energia che mi dà il pubblico. E’ una continua lettura: capire cosa vogliono e cosa si aspettano, anche scrutando gli abbigliamenti posso capire che taglio dare alla serata. E se sbaglio devo accorgermene immediatamente per rimediare”.

Che rapporto hai con gli altri DJ? Ci vai a braccetto o li sfidi?
“Di solito preferisco collaborare con i colleghi DJ. Non credo nella concorrenza ma nella competizione. Io sono unico. Chi sceglie me è perchè ha capito cosa faccio e conosce come la penso. Forse anche un po’ per la mia pazzia”.

E’ giusto quantificare in denaro una prestazione artistica?
“Il mio metro di valutazione non è il denaro ma il divertimento del pubblico. Trovo bambinesco attaccarsi ai soldi. Io voglio creare una rete dove possiamo lavorare tutti e bene. Questo ci insegna la musica”.

Le tue serate sono un viaggio…
“Sì, cerco di unire tanti generi musicali per accontentare tutte le età. I miei cambi sono veloci, le canzoni non durano tanto. La mente dei giovani è rapida, così anche io devo avere la prontezza di cambiare sul più bello. Poi ci sono brani che devono essere lasciati per intero….

Tipo?
“Children di Robert Miles. Questo pezzo mi fa sognare. E su queste note invoglio sempre il pubblico ad inseguire i propri sogni e i propri talenti”.

Il tuo talento quando l’hai scoperto?
“In un campeggio parrocchiale a Frabosa Soprana, il 14 agosto 2011, quando Cristiano Ghibaudo ci diede dei gilet colorati che rappresentavano i talenti. Io ero l’unico con quello bianco. Rappresentava la musica. La domanda che ha preceduto la scelta del colore del gilet era: cos’è che fatichi meno fare?”

Tiru Tiratta, la canzone più conosciuta di Dario Viale, com’è nata?
“E’ nata da un sogno. Vedi? Tutto torna. Sognavo di essere in un locale e di suonare il mio brano. Mi sono svegliato, sono andato nella sala registrazioni e, con la mia Roland MC 303, ho registrato la melodia. Poi sono tornato a dormire. All’inizio la canzone doveva chiamarsi SIERO NEG. Non sapevo che titolo dare, poi, quando mi mancava solo più il ritornello, ecco che mi appare in sogno anche quello: TIRU TIRATTA. Successivamente il pezzo è stato rimosso da YouTube perché qualcuno l’ha segnalato come pornografia, ma vive tutt’ora. E’ un’emozione quando me lo chiedono in serata; di solito non lo metto mai di mia spontanea volontà”.

Cosa consigli ai giovani che vogliono approcciarsi a questo mondo?
“Mi sento di dare un consiglio in generale, non specifico al Djing. Secondo me, ognuno di noi, deve trovare il proprio talento. Perché il talento è un colore. E, come tale, brilli quando lo pratichi”.