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Boves, Elisa Dani: non solo teatro

18 giugno 2019 | 13:34
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Boves, Elisa Dani: non solo teatro

La Dani usa la recitazione come strumento per superare le incertezze, le difficoltà a comunicare

Boves.Elisa Dani conduce, da parecchi anni, «percorsi espressivi e formativi in ambito teatrale», per adolescenti ed adulti, all’Atlante dei Suoni. Vengono sempre intesi come «corsi di recitazione», invece sono qualcosa di diverso, anche se insegnano a recitare, pure.

La Dani è «educatrice», «formatrice», cura molto, sono per lei prioritari, la creazione di gruppi affiatati e la formazione degli individui che li compongono, usando la recitazione come strumento per superare le incertezze, le difficoltà a comunicare.

Questo si vede bene dai, ripetuti, spettacoli frutto del lavoro di mesi di incontri. Non si prende un testo, magari famoso, «classico», e lo si mette in scena fedelmente, od adeguandolo, aggiornandolo. Un testo viene usato come base, ma lo si rielabora, insieme, in scrittura creativa, coralmente, ma con il contributo personale di ognuno, aggiungendone altri, con la Dani che non è proprio «regista», più «facilitatrice», «guida», «coordinatrice», attenta nel suggerire spunti, ma che si sviluppano dalle sensibilità e riflessioni degli allievi. Sono veri trattati filosofici, riflessioni storiche e sociali, di analisi del rapporto tra individui, di visioni della vita, di inquietudini, paure e speranze. Sono di complessità tale che meglio è, per coglierli più profondamente, vederli più volte.

Il saggio della «Palestra» degli «adulti», «over 18», si è tenuta, domenica 19, nel pomeriggio, con replica serale , come quello per i «ragazzi» un paio di settimane prima, nello stesso «salone» dell’Atlante dei Suoni, quest’anno giudicato palcoscenico ideale (in passato furono scelti cimitero di montagna, discarica comunale, sotterraneo dimenticato del Palazzetto).

Si è parlato di amore e guerra: «Un giorno riuscirò ad esprimere il paradiso» è «studio su war and love liberamente ispirato al saggio “Un terribile amore per la guerra” di James Hillman». Hillman, è psicoanalista, saggista e filosofo statunitense, non proprio autore di opere teatrali.

Come per i ragazzi si era lavorato sul mito di «Eco e Narciso», sull’amore, verso gli altri e verso se stessi, qui, la tematica presa in considerazione tra spunto dagli dei greci classici Ares ed Afrodite, dio della guerra e dea dell’amore, non a caso marito e moglie, tra tanta passionalità, qualche tradimento, non poca gelosia.

Uno degli aspetti maggiormente presi in considerazione era proprio questo rapporto strettissimo tra guerra ed amore, sul bisogno che l’essere umano ha di tutti e due, di amare ed odiare. «Siamo tutti abitati da un grido, di notte esce coi suoi uncini a cercare qualcosa da odiare od amare». Hillmann la identifica come «pulsione primaria e ambivalente della nostra specie», «dotata di una carica libidica non inferiore a quella di altre che la contrastano e insieme la rafforzano, amore e solidarietà». «Il presupposto è che se di quella pulsione non si ha una visione lucida ogni opposizione alla guerra sarà vana».

Le scale che adducevano alla sala (ad uso sia del Comune che dell’Atlante) avevano lunga fila di soldatini di plastica allineati. Un albero di Natale pendeva dal soffitto. Gli attori avevano divise mimetiche e si muovevano del tutto coordinati, marciavano militarmente.

Ha introdotto brano del poeta Simon Armitage (un contemporaneo, poco più che cinquantenne): «Riconosciamo il senso degli affari, delle boutique sul corso, le cose più da urlo per quest’anno sono i corpetti color cachi, i capi mimetici e le divise militari».

Riflessioni sono arrivate anche sul consumismo, che spadroneggia nel Natale… Si è passato dalle «Charlie’s Angels» («Gli Angeli di Charlie», un trio di belle donne investigatrici protagonista di telefilm americano degli anni Ottanta), con le loro pistole, alle majorettes, al «mito americano» Coca Cola, alle citazioni della Guerra del Golfo degli anni Novanta…

«Di che colore è il sangue dell’amore quando si sbriciola l’estate?».

La Dani lo aveva presentato come uno spettacolo fatto, soprattutto, quasi completamente, di «domande». In realtà certe volte le domande son risposte.

Si cerca sempre di far sentire coinvolto il raccolto pubblico.

Ad ognuno degli allievi (e proprio non è cosa tipica di ogni saggio) è stato concesso un momento di «monologo», vi si son esibiti tutti: Erica Berardo, Marco Bergero, Ester Bernardi, Sara Dottarelli, Enrico Gallo, Serena Giordanengo, Annalisa Giraudo, Eva Maio, Sabrina Marinone, Mara Mondino, Anna Isoardi, Gabriella Pellegrino, Letizia Revello, Roberto Saba e Marina Vallati.

Le luci sono state ancora curate da Cristina Titti Ferrero, il trucco da Marta Castigliano.

L’iniziativa ha avuto il Patrocinio del comune di Boves, Assessorato alla Cultura (Raffaella Giordano), ringraziati, ed il prezioso contributo della Cassa Rurale ed Artigiana di Boves (che ha aiutato l’allestimento del saggio, con libere offerte dei partecipanti), di Emmaus per oggetti di scena (scenografia comunque sempre spoglia, strehleriana, stanzone vuoto con pochi oggetti).

Come nella miglior tradizione teatrale, specie «di strada», girovago, all’uscita non manca mai la cassetta per le «libere offerte» del pubblico (quasi tradizione).