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Savigliano, parliamo di ‘ndrangheta

23 maggio 2019 | 12:02
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Savigliano, parliamo di ‘ndrangheta

L’incontro, organizzato dall’Assessorato alla Cultura, prevede l’intervento dell’Assessore alla Cultura Petra Senesi e di Giuseppe Bori, che dialogheranno con l’autore.

Savigliano.  Sono trascorsi 27 anni dal 23 maggio 1992, quando un attentato mafioso uccise presso Capaci il magistrato antimafia Giovanni Falcone. Nell’esplosione, oltre al giudice, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. La Biblioteca Civica, anche su suggerimento del Consiglio di Biblioteca, ha ritenuto di commemorare la morte del giudice Falcone e tutte le stragi di mafia con la presentazione dell’ultimo libro di Roberto Rossetti.

L’autore ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Torino e sin dal 2013, anno di conseguimento della triennale in Storia, si è occupato di studi storici sulle organizzazioni criminali mafiose. La tesi della sua prima laurea era incentrata sul giudice Paolo Borsellino e si intitolava “Un eroe semplice. Successivamente trasformata da un editore di Palermo in un libro che racconta la vita dell’uomo Paolo e del giudice, Borsellino, concilia i due aspetti nel modo più armonico possibile, tentando di comprendere quanto l’aspetto umano e l’aspetto lavorativo fossero intrecciati fra loro nella quotidianità.

Dalla tesi di Laurea Magistrale è stato tratto “Mamma ‘ndrangheta”, che affronta la storia dell’organizzazione mafiosa calabrese ripercorrendo le tappe attraverso le quali quella che nell’Ottocento era una semplice società di sgarro, si è trasformata oggi in una tra le mafie più potenti del mondo.
Nel libro sono analizzati tutti gli aspetti sociali, strutturali, economici e culturali, riguardati la ‘ndrangheta, non solo nell’Ottocento, ma soprattutto durante il Novecento, quando si assiste a trasformazioni profonde interne tali da permetterle di espandersi sia nel nord Italia che in Europa, come società non più contadina, ma benestante e perfettamente inserita nell’ambito imprenditoriale e nel mondo politico. Negli anni Duemila si afferma una ‘ndrangheta moderna, forte, stabile, internazionale, in perenne crescita e in continuo sviluppo: tanto da essere in grado di estendere le sue ramificazioni nel resto del mondo, conquistando i mercati mondiali sia in campo economico che finanziario.
Dalla trattazione di Rossetti emerge che la ‘ndrangheta ha saputo, già a partire dall’Ottocento, presentarsi come una società di mutuo soccorso nei confronti di una popolazione calabrese povera, residente in un territorio scarso di ogni tipo di risorse, e vessata da uno Stato che faceva sentire la propria presenza solo attraverso l’imposizione delle tasse e la leva obbligatoria. La ‘ndrangheta ha compreso questi disagi sociali e senza troppe difficoltà si è sostituita allo Stato nell’esercizio delle sue stesse funzioni. Quando, a sua volta, lo Stato si è trovato costretto ad intervenire, per affrontare il problema “meridione-mafia-sottosviluppo”, lo ha fatto sia attuando una violenta azione repressiva, circoscritta nel tempo sia attraverso lo stanziamento di fondi in denaro per generare sviluppo economico, senza poi controllare il suo effettivo utilizzo. Al giorno d’oggi entrambe queste azioni si possono ritenere fallite: la Calabria continua a mantenere il triste primato di regione più sottosviluppata d’Italia, mentre la ‘ndrangheta è stabilmente inserita in ogni settore politico, economico e finanziario.

Evidentemente l’obiettivo di quest’organizzazione criminale è continuare a crescere nel più totale anonimato, evitando lo scontro diretto con lo Stato di cui teme l’azione educativa, più che l’azione repressiva. Per questo motivo i figli dei mafiosi vengono, fin da piccoli, lasciati in strada, perché questa è l’unica scuola che essi devono frequentare. La mafia è consapevole del fatto che, attraverso l’istruzione, i giovani imparano a ragionare con la propria mente, scegliendo di rifiutare un sistema di disvalori mafiosi da sempre loro imposto.