Crissolo, prolungata la chiusura della grotta del Rio Martino

25 aprile 2019 | 16:29
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Crissolo, prolungata la chiusura della grotta del Rio Martino

Un parere dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ministero dell’Ambiente) evidenzia la necessità di applicare un “doveroso principio di precauzione” fino al termine dell’indagine in corso sulla malattia che colpisce i pipistrelli.

Crissolo. Prevista per inizio aprile, la riapertura annuale della Grotta di Rio Martino era stata posticipata fino al termine del mese per una serie di concause già comunicate in precedenza, tra le quali la presenza nella cavità ipogea di un fungo, lo Pseudogymnoascus destructans, che può far insorgere nei pipistrelli una grave patologia, la White-nose syndrome (sindrome del naso bianco), già responsabile di una grave mortalità nelle colonie dell’America settentrionale.

A sostegno del provvedimento che ha prolungato la chiusura della grotta al pubblico, è nel frattempo pervenuto un parere dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

L’Istituto, che è l’ente di indirizzo e di coordinamento delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e coopera con l’Agenzia europea dell’ambiente e con le istituzioni ed organizzazioni nazionali ed internazionali operanti in materia, ha sottolineato l’importanza di mantenere temporaneamente chiusa al pubblico la Grotta di Rio Martino “in attesa di riscontri circa l’eventuale presenza della patologia nei chirotteri della grotta e la presenza/assenza del fungo in altre cavità ipogee piemontesi”.

Conseguentemente a ciò, l’Ente di Gestione delle Aree Protette del Monviso, in ragione della responsabilità assunta nei confronti della Comunità Europeaper la tutela delle specie particolarmente protette, ha dovuto disporre che la chiusura dell’accesso al pubblico alla grotta permanga almeno fino al termine delle indagini in corso, affidate ad un gruppo di lavoro, coordinato da esperta biologa. L’Ente ha anche richiesto un parere in merito alla Regione Piemonte – Direzione Ambiente e Tutela del Territorio.

Il testo del parere dell’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Tenuto conto dei possibili rischi legati alla presenza del fungo Pseudogymnoascus destructans, agente eziologico della White-nose syndrome, sulla base di un doveroso principio di precauzione, si sottolinea l’importanza che gli enti responsabili della gestione della ZSC Grotta di Rio Martino, attualmente unico sito di presenza del fungo noto in Italia, assicurino la chiusura temporanea del sito in attesa di riscontri circa l’eventuale presenza della patologia nei chirotteri della grotta e la presenza/assenza del fungo in altre cavità ipogee piemontesi. Ciò al fine di prevenire il rischio che l’accesso di visitatori alle grotte possa contribuire alla diffusione del fungo.
Per saperne di più. La Grotta di Rio Martino sorge a 1.530 m s.l.m. sulle pendici della Rocca Grané, accessibile dal ristorante “La Spiaggia” di Crissolo o dal ponte di Riondino. Ricca di concrezioni calcaree, questa cavità ipogea si è formata per l’azione erosiva delle acque dei torrenti subglaciali raccolte in fondo ai crepacci del grande ghiacciaio che ha formato la Valle del Po. Complessivamente è lunga 3.200 m, circondata da sale, pozzi, e gallerie collegate tra di  loro di difficile passaggio. Solo il ramo inferiore (lungo 530 m), che termina con la cascata del Pissai, alta oltre 40 m, è privo di grandi difficoltà ed è in parte attrezzato con passerelle che facilitano la visita anche ai visitatori meno esperti. Nella grotta è possibile incontrare numerosi invertebrati e almeno sette diverse specie di chirotteri (pipistrelli) la utilizzano per il letargo invernale: tra le varie specie di pipistrelli, la più numerosa è il Barbastello, specie tipica degli ambienti forestali maturi, con circa 200 individui ma sono state osservate anche decine di altri esemplari tra Vespertilio smarginato, Vespertilio maggiore e Pipistrellus sp.

In merito alla White-nose syndrome, si precisa che la mortalità massiva nelle popolazioni di chirotteri dell’America settentrionale potrebbe essere dovuta ad una recente e involontaria introduzione del fungo che la causa dall’Asia o, più probabilmente, dall’Europa. In tali contesti geografici, pur potendo causare mortalità di esemplari, il fungo non produce gli effetti disastrosi riscontrati in America; ciò è verosimilmente conseguenza di un processo di coevoluzione ospite-parassita, che ha portato i chirotteri del “vecchio mondo” a sviluppare forme di tolleranza del patogeno.