ha vinto lei

“Per addormentarmi mia madre mi leggeva sempre un libro intitolato ‘Io ho due mamme'”

7 marzo 2019 | 20:07
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Intervista a Jamile “Jamy” Rosini, vincitrice della serata dedicata alla musica italiana de Il Nostro Festival 2019

Centallo. Ha vinto la serata dedicata alla musica italiana dell’edizione 2019 de Il Nostro Festival con una straordinaria interpretazione di “Quando nasce un amore” di Anna Oxa. Di lei, oltre alla meravigliosa voce, ha colpito la storia, sua e della sua famiglia multietnica. Jamile “Jamy” Rosini è brasiliana, ha genitori italiani ed un fratello indiano. Ha 26 anni, vive a San Chiaffredo di Busca, da quasi quattro anni è sposata con Domenico, ed ha una bimba di 2 anni che si chiama Camilla.

Intanto facciamo chiarezza sul tuo nome perchè lo abbiamo visto scritto in modi diversi. Come si scrive e come si legge?
Mi chiamo Jamile, che si legge pronunciando la I anzichè la E finale, ma son meglio conosciuta come Jamy! Cosi è semplice per tutti!

Cosa hai provato nel momento in cui hai sentito pronunciare il tuo nome come vincitrice? Te lo aspettavi?
In realtà no, non me lo aspettavo perché c’era anche altra gente molto brava e quando ho sentito il mio nome, in primis, son rimasta lì seduta quella frazione di secondo in più che mi ha fatta rimanere di stucco, mentre mia mamma aveva appena iniziato ad urlare, incitarmi ad alzare e commuoversi!

Hai scelto di cantare “Quando nasce un amore” di Anna Oxa. Come è maturata questa decisione?
Perchè è un pezzo che canto da anni, possiamo dire che è il mio cavallo di battaglia.

Supponiamo, per un attimo, che tu non avessi potuto portare quella canzone. Quale avresti cantato? Perchè?
Non saprei, ma sicuramente un pezzo di Elisa, il mio idolo a livello musicale.

Che genere di musica ascolti?
Tutti i generi, non mi faccio mancare nulla.

A che età hai iniziato a cantare?
Ho iniziato a cantare per caso a 16 anni con Anna Petracca a cui devo tutto a livello musicale. Lei, Alfredo Matera ed Ezio Alicandri mi hanno letteralmente cresciuta.

Quali sono i tuoi progetti futuri in ambito canoro?
Continuare a cantare perché fa parte di me e continuare a cantare con i miei amici, magari davanti ad un bel bicchiere di vino ed a qualcosa da mangiare. Spero inoltre di trasmettere la stessa passione per la musica a mia figlia Camilla che, nonostante i soli 2 anni di età, sembra essere già sulla buona strada.

La tua storia ha commosso il pubblico presente al Lux. La vuoi raccontare per chi non era presente e per chi ancora non la conoscesse?
La mia storia è una di quelle a lieto fine ed inizia esattamente 30 anni fa quando i miei genitori Marisa ed Enrico, dopo essersi sposati, cercavano di avere un figlio, ma quasi subito capirono che non sarebbero riusciti ad averne per svariati motivi. Decisero cosi di percorrere la strada dell’adozione internazionale. Pratiche lunghissime, ma un giorno arrivò la tanto attesa chiamata per segnalare che c’era un bimbo in Perù che li stava aspettando. Emozioni a mille, partirono, ma quando erano a metà strada venne detto loro di tornare indietro perché l’adozione non poteva andare avanti. Così tornarono a casa molto amareggiati. Forse dovevo arrivare io? Ci piace credere che sia cosi! All’incirca un anno dopo, precisamente ad agosto del 1992, i miei genitori, che ormai si erano quasi arresi, ricevettero una seconda chiamata in cui venne detto loro ‘C’è una bimba che vi aspetta. E’ nata il 31 maggio, è in Brasile e si chiama Jamile”. Il 18 agosto partirono per il Brasile e vennero a prendermi.

Quanto ti emoziona raccontare questa storia?
Molto, ma non so descrivervi la commozione che c’è negli occhi dei miei genitori quando la raccontano a me. Mio papà dice che quando mi ha preso in braccio per la prima volta ha provato un’emozione che non si può paragonare a nessun’altra. Finalmente erano diventati mamma e papà: la mia mamma e il mio papà.

Hai avuto modo di conoscere i tuoi genitori biologici?
Io no, ma i miei genitori hanno conosciuto la mia mamma biologica. Si chiamava Val Denise! Purtroppo con le adozioni internazionali, i genitori biologici firmano un documento di rinuncia al proprio figlio e questo documento non permette in alcun modo di sapere nulla della proprio famiglia di origine.

Quale sensazione ti provoca questa cosa?
Per me questo non è mai stato un problema. Nutro un profondo rispetto nei confronti della mia madre biologica: ha avuto il coraggio di lasciarmi andare e di farmi vivere la vita che meritavo. E non poteva essere più bella di cosi, grazie anche a mamma e papà che mi han sempre insegnato le regole dell’amore. Quando andavo all’asilo, mia madre per farmi addormentare mi leggeva un libro intitolato “Io ho 2 mamme” in cui si narrava della mia mamma biologica, quella che mi ha messo al mondo e che mi ha nutrita per 9 mesi nella pancia ed ha fatto sì che la mia mamma adottiva mi potesse crescere ed educare nei migliore dei modi possibili. E così è stato per mio fratello. Nel 1999, quando avevo quasi 6 anni,  i miei genitori sono partiti alla volta dell’India per adottare il loro secondogenito ed io sono andata con loro.

Ti ricordi cosa provasti?
Ero semplicemente confusa. Non capivo perchè tutte le mamme delle mie amiche avessero il pancione ed invece io, per avere un fratellino, dovessi fare un viaggio lunghissimo e travagliato. Confusa sì, ma anche felice perchè quel viaggio, quell’esperienza è una di quelle cose che non scorderò mai in tutta la mia vita.