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“Le radici chiamano…”, Daniela Dao Ormena si racconta in occasione della festa della donna

7 marzo 2019 | 19:51
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“Le radici chiamano…”, Daniela Dao Ormena si racconta in occasione della festa della donna
“Le radici chiamano…”, Daniela Dao Ormena si racconta in occasione della festa della donna
“Le radici chiamano…”, Daniela Dao Ormena si racconta in occasione della festa della donna

Domani, 8 marzo alle ore 18, alla libreria Sognalibro, incontro con l’autrice, l’occitano, la sua amata Elva, le montagne e molto altro

Cuneo. Domani, 8 marzo, Daniela Dao Ormena racconterà la sua inguaribile passione chiamata montagna, di Elva, dell’energia che solo la natura può dare nella sua amata lingua: l’occitano. Appuntamento presso la libreria Sognalibro in via Bergia, 6/B a Borgo San Dalmazzo.

Daniela Dao Ormena, classe 1982, risiede a Roata Canale frazione di Cuneo con il marito Mario e le figlie Nicole di 7 anni e Anna di 4. Ma il suo legame con le origini davvero forte la riporta nel luogo speciale del suo cuore e della sua vita: Elva, piccolo paese della Val Maira dove sono nati e cresciuti i suoi genitori.

Ecco cosa ci ha raccontato del suo primo libro “Le radici chiamano…”, edito da Primalpe nel luglio 2018. Il libro è un’insieme di 50 poesie in italiano tradotte nell’occitano di Elva, ognuna accompagnata da una fotografia scattata da me ad Elva, piuttosto che nella Valle Maira e qualcuna anche a Stroppo. Alcune sono nate in occitano, altre guardando la foto scattata antecedentemente. Il libro è nato per puro istinto, le poesie parlano dell’amore per la montagna, dell’emozione di esser madre, dell’emozione che arriva dalla natura, dagli animali e da queste borgate che io amo visitare, luoghi apparentemente muti ma che invece hanno tanto da dire a chi sa mettersi in ascolto .

Perchè la decisione di scrivere un libro?Tutto è nato dall’amore per la lingua occitana che parlo da sempre in casa. Una decina di anni fa, casulamente, sono venuta a conoscenza dell’esistenza di tale Pietro Dao che viveva in Veneto e che, pur essendo un esule da Elva essendo emigrato presto dalla Valle con i suoi famigliari, si era dato molto da fare per la lingua occitana pur risiedendo in una zona, il Veneto, in cui non si parlava, mentre qui nel cuneese e in vallata non lo conosce nessuno. Ho contattato la moglie in quanto lui era deceduto che mi ha mandato le opere scritte da lui e lì si è aperto un mondo. Infatti pur amando la lingua avevo problemi sul come scriverla per la parte legata alla grafia perchè a Elva tanti hanno scritto Bruna Rosso, Pietro Raina. Grazie alle opere di Dao, un dizionario edito da Primalpe nei primi anni 80 in cui tutte le parole vengono tradotte nella parlata di Elva e un libro di grammatica con le desinazioni dei verbi, sono riuscita anche a scriver l’occitano e non solo a parlarlo. Ho iniziato a tradurre le poesie che già avevo scritto per il bollettino della Valle Maira libro trimestrale molto diffuso ho iniziato a tradurre le poesie sulla base della parlata di Elva.

Da cosa nasce il titolo “Le radici chiamano..”? Le radici chiamano è perchè io penso che, per quanto noi cerchiamo di allontarci dalla nostra vera natura, dalle nostre origini prima o poi le nostre radici ci chiamano, arriviamo a una specie di resa dei conti. Troppo spesso cerchiamo appagamento, di risolvere i nostri problemi sui social, nel continuo confronto con gli altri invece non dobbiamo dimenticarci mai che il nostro vero benessere, secondo me, può arrivare solo dalla natura dallo, starne a contatto in silenzio sentendo cosa questi posti hanno ancora da dirci. L’uomo è parte della natura ma nonostante ciò non è più capace di ascoltarla. Il più bel complimento che ho ricevuto è che faccio da cassa di risonanza con un mondo che sta scomparendo. Mi capita di andare in borgate disabitate e poi scrivere quasi come se questi luoghi apparentemente abbandonati avessero ancora tanto da dire e lo facessero attraverso le mie poesie e parole. Sento come un tumulto che mi porta a dover far qualcosa che possa esser una poesia piuttosto che un racconto. Questo è alla base di tutto.

Come sei riuscita a trovare il tempo di scriver tra gli impegni familiari e lavorativi? Diciamo che il tempo per scrivere è un fattore relativo perchè spesso mi ritrovo a scrivere di getto quando qualcosa mi suscita un’emozione, è questione di un attimo avendo tutto in testa di fermarmi e metterlo subito per iscritto. Da qualche settimana invece collaboro per il settimanale locale La Guida, seguo una rubrica, in quel caso l’impegno è più sistematico, ci sono tempi giornalistici, tra lavoro, figlie e casa diciamo che con un pò di organizzazione tutto è fattibile soprattutto considerando quella che è innanzitutto una grande passione.

Quali saranno i prossimi impegni legati al libro? Il libro è già stato presentato in diverse occasioni. La più vicina è appunto quella di domani alla libreria Sognalibro, il 22 marzo sarò a Sanfront e ho altre date in programma non ancora definitive.

Obiettivi da raggiungere?Il mio obiettivo personale è riuscire a portare avanti e non far morire la lingua che amo, che ormai i giovani parlano pochissimo, figurarsi scriverlo quanto può essere raro. Penso sia triste che siamo in pochi a parlare ancora l’occitano ma così come anche il piemontese, credo che nessuna lingua dovrebbe morire, perchè si parla tanto di cultura, ci riempiamo la bocca di queste cose, dalle ricette ai luoghi passando per i costumi fino a perdere inesorabilmente la cultura della lingua. Ci concentriamo sull’inglese e ai turisti cosa raconteremo? I piatti tradizionali, faremo conoscere i costumi e scoprire luoghi che stiamo recuperando ma non sapremo più dirgli nulla della lingua che essa sia appunto occitano o piemontese o provenzale. E’ un aspetto che viene trascurato e credo fortemente che la lingua debba esser tramandata per lo più oralmente, perchè volerla insegnare è un’iniziativa bella ma decisamente non così fattibile. Con il libro ho voluto far la mia piccola parte affinchè questa lingua possa continuare a vivere; vorrei aver la possibilità di portar il mio libro nelle scuole, leggerlo ai bambini, far conosce loro l’occitano, una parte della nostra cultura. Nicole e Anna, le mie figlie, capiscono bene l’occitano perchè lo sentono parlare da me e dai nonni, stanno imparando a parlarlo. Oggi i nonni quasi si vergognano a dire qualche parola in piemontese ai nipotini, la vera vergogna è che stiamo perdendo un mondo che, tra dieci anni o anche meno, non esisterà piu e sarà irrecuperabile.