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Cosa penso della tragedia del Nanga Parbat

12 marzo 2019 | 20:46
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Cosa penso della tragedia del Nanga Parbat

Sforziamoci per una volta a vedere il grigio e cerchiamo di non esagerare nel giudicare, non tanto per loro che non ci sono più, ma per le famiglie ed i loro cari che, come facciamo noi, leggono i nostri commenti e in rispettoso silenzio non giudicano noi

Cuneo. Cari lettori su richiesta della redazione e con gran piacere sono a scrivere il mio personale pensiero su quanto accaduto al Nanga Parbat, anzi, nel dettaglio preferirei dire cosa penso su quello che è successo dopo.

Ognuno ha detto la sua (Simone Moro, Messner e molti altri) su due persone che rientrano nel grande gruppo di alpinisti estremi alla conquista di un ottomila, per di più in inverno e, per quanto mi riguarda, questo è un po’ come se avessero criticato loro stessi.

Sulla mia pagina di Facebook ho condiviso due articoli che se aveste tempo mi farebbe piacere leggeste, perché riassumono il mio pensiero; il primo articolo è della rivista Pareti scritto da A.D.G e l’altro di una pagina di Fb “Montagna Magica” scritto da Marco Blatto.

E’ veramente difficile capire cosa succede in quei momenti di decisioni rapide e imminenti, affidandosi molte volte al proprio istinto e soprattutto all’esperienza personale, cosa che forse a questa cordata mancava un po’.

Forse qualcuno di voi si ricorda che nel febbraio 2016 Simone Moro, Ali Sadpara e Alex Txikon hanno raggiunto la cima del Nanga Parbat per la prima volta in invernale e Tamara Lunger, quarto membro della spedizione, si è fermata a 50 metri ed è tornata indietro sfinita. In questa spedizione c’era anche Daniele Nardi, probabilmente in un periodo in cui era poco in forma e caratterialmente incompatibile con il resto del gruppo. Tutto questo ha provocato parecchi problemi di convivialità e relazione tra i membri della spedizione, arrivando ad essere escluso dal progetto e trovando varie scuse o ragioni che siano. Vi racconto questo episodio perché non fu per nulla rilevante ai fini della stampa, fu messo in ombra dal grande successo di questa spedizione che raggiunse la cima e come è giusto che sia tutti ricordano la conquista e non ci si sofferma sui retroscena o su tutto quello che accade prima.
Nessuno saprà mai cos’è successo veramente, ci affidiamo ai racconti di chi c’era e che ha avuto la fortuna di tornare a casa e raccontarlo.

Per questo vi consiglio anche la lettura su Montagna TV dell’intervista fatta da Filippo Facci a Simone Moro prima di tirare giù le somme.

Ritornando al discorso di quante volte si dimenticano i retroscena mi ha fatto molto pensare e non ho trovato corretto il pensiero di Messner. Mi ha ricordato molto le classiche frasi fatte dei nostri genitori che nel momento in cui ti succede qualcosa ti vengono a dire “te lo avevo detto”. Lui purtroppo proprio su questa montagna perse il fratello dopo aver raggiunto la cima: nella discesa non sapevano minimamente dove si trovassero e scesero entrambi proprio sullo sperone Mummery dove hanno perso la vita Nardi e Ballard.

Secondo voi Messner può dirle queste cose? Non bastavano semplicemente delle semplici condoglianze lasciando stare i retroscena? E mettiamo che Nardi e Ballard fossero riusciti a raggiungere la cima, lui si sarebbe complimentato con loro come aveva fatto nel 2016 con Moro?

Anche a lui erano state fatte numerose critiche e molti sputarono sentenze senza sapere cosa fosse successo. E’ questo che fa pensare, perché lui sa come ci si sente quando si viene giudicati da gente che, per ovvie o un po’ meno ragioni, non sa come siano andate le cose.
Quando lui si spingeva sugli ottomila senza ossigeno molti pensavano che fosse matto, che fosse una cosa impossibile. In tanti erano convinti che non ci sarebbe mai riuscito quando invece li conquistò tutti e 14 senza ossigeno.

Poi è arrivata l’epoca delle invernali e anche questa fase è stata ampiamente criticata. Simone Moro passò come un folle, come uno che andava e cercare l’impossibile, anche lui sull’Annapurna perse due dei suoi compagni di cordata tra cui Anatolij Bukreev, uno dei più forti alpinisti al mondo.
Moro è stato il primo al mondo a conquistare 3 ottomila in invernale e ne ha saliti ben 4 senza tener conto degli innumerevoli tentativi.

Giungendo ad una conclusione, a parer mio in questi casi sui social ci si dovrebbe limitare a pensieri neutrali e semplici condoglianze, provando piuttosto per una volta a fornire le giuste informazione e a descrivere cosa sta succedendo in modo veritiero. I propri pareri lasciamoli nei bar, come si faceva una volta, creando delle belle chiacchierate anche animate, ma dette a parole non dietro a delle tastiere.

Sono convinto che in questi casi non esista il giusto o sbagliato, come non esiste né il bianco né il nero,
chiunque non pratichi queste attività non potrà mai capire il legame e la dipendenza che crea tutto questo, raggiungendo, a certi livelli, anche una forte forma di egoismo.

Chi sceglie di amare e vivere con una persona come loro deve esserne consapevole, e ci convive amandola e gioendo dei suoi successi, felice nel vedere la persona che ami felice, almeno, io la penso così.

Sforziamoci per una volta a vedere il grigio e cerchiamo di non esagerare nel giudicare, non tanto per loro che non ci sono più, ma per le famiglie ed i loro cari che, come facciamo noi, leggono i nostri commenti e in rispettoso silenzio non giudicano noi.

Grazie.