“Quando a carnevale da noi non si mangiavano le ‘risole’ ma i confortini”

4 febbraio 2019 | 11:10
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“Quando a carnevale da noi non si mangiavano le ‘risole’ ma i confortini”

“Erano simili a “gallettine”, molto sottili, tendenzialmente scure, in cui si notavano in esso dei piccoli punti neri”

Scrive Lucio Alciati.

In un lontano passato il dolce di Carnevale, nei nostri luoghi, non erano le “risole” ma i confortini.
Le risole, il cui nome deriva da rosolate- risolate, pare siano posteriori.
Del confortino caragliese ne ero venuto a conoscenza anni fa da una notizia documentata riguardante una particolare festa che si teneva, sino agli anni 60, presso l’antichissima chiesa di S.Pietro di Turriglia .
Edificio posto sulle boscose pendici della collina che si estende da Caraglio a Montemale, nel versante che osserva curiosa la strada diretta a Dronero.
Questa chiesa origina, probabilmente, da una pre esistente arcaica torre romana (da questa il nome Turriglia) che vigilava il transito di merci, popolani e soldati, abbandonata e poi trasformata ,nel XIII secolo, in priorato dipendente dal monastero benedettino di Villar S.Costanzo.
Pare persino, ma questo è da verificare più compiutamente, da una relazione storica relativa ad una riunione di cavalieri templari, avvenuta a Carmagnola in quei tempi antichi, che uno di questi provenisse proprio da S.Pietro di Turriglia.
Ebbene, in questo luogo, era consuetudine festeggiare ,il 29 di luglio di ogni anno, S.Pietro con lo svolgimento di un curioso e originale mercato con esposizione e scambio di volatili .
In quell’ambito una bancarella vendeva ai numerosi astanti particolari dolci prodotti localmente: i confortin (cunfurtin-cunfertin ) ovvero i confortini.
Simili alle lingue di gatto ma dal peculiare gusto, venivano venduti in sacchetti e, con essi, nella confezione veniva immesso un piccolo dono.
Insomma era l’antesignano della attraente sorpresina che ha poi caratterizzato le confezioni di patatine o dei dolci che hanno accompagnato la nostra fanciullezza.
Colpito e Incuriosito ho iniziato un’affascinante ricerca sulle sue origini .
Specialmente per recuperarne la ricetta al fine di riportare alla luce questa tipica leccornia di Caraglio e,magari, promuoverla.
Ho chiesto a persone che hanno vissuto in questo paese quel gioioso, pimpante e laborioso periodo in cui, nonostante le difficoltà rinasceva l’Italia, se ricordavano il confortin.
E da queste interviste sono venuto a sapere che erano simili a “gallettine” ,molto sottili , tendenzialmente scure, in cui si notavano in esso dei piccoli punti neri.
Venivano prodotti da un certo Menardo di Via Brofferio .
Ho ancora potuto conoscere il signor Menardo quando era ospite della locale casa protetta annessa all’ospedale S.Antonio. Ma, sfortuna volle che, quando andai a visitarlo era intento a seguire un programma televisivo e , quindi, poco propenso a soddisfare le mie domande.
Tuttavia, quel poco che mi disse già mi lasciò una prima vaga idea di cos’era questo dolce.
Era fatto di farina di grano, bianca e setacciata. E non di farina integrale come pensavo io per la presenza di quei fantomatici puntini neri. Questi erano altra cosa.
Mi ripromisi di ritornare a fargli visita .
Cosa che non sono riuscito a fare perché ci lasciò per sempre, poco tempo dopo, portandosi con se la segreta ricetta.
Ormai rassegnato , per alcuni anni , anche se di tanto in tanto mi ritornava alla mente, non mi occupai più del confortin.
Fino a che un bel giorno , nel chiacchierare di vecchie ricette, una gentile anziana signora, mi indicò chi ,allora,aiutava il Menardo nella preparazione del suddetto dolce.
Abitava in Bernezzo, al che , per non perdere l’occasione mi recai immediatamente a parlare con tale signore.
Affabile e gentile, narrò alcuni aneddoti di quel tempo e di quel lavoro.
Come quando veniva mandato a prendere il miele, che serviva alla preparazione dei confortin , a Bottonasco, percorrendo la polverosa e assolata strada in bicicletta con , appesi al manubrio, i due “baracchin” ben colmi della squisita dolcezza.
E di quando il suo titolare era alla continua ricerca di forni contadini in cui si era appena cotto il pane per usufruire del calore residuo necessario per la cottura delle paste.
Infatti, per la cottura, era necessario un calore moderato per evitare che carbonizzassero.
Cosa che, da quanto mi raccontava, succedeva non di rado, scatenando le ire del Menardo.
Dopo la cottura di questi sottili fogli di impasto, i quali precedentemente venivano stirati su appositi fogli di cartone con impresse le scanalature di intaglio, appena raffreddati e induriti, venivano spaccati con un coltellaccio seguendo il disegno lasciato dalle sopra dette scanalature creando, così, i confortin.
Purtroppo la sua memoria era un poco confusa e non si ricordava la ricetta.
Con segni inespressivi mi indicava movimenti che alludevano al modo di lavorazione e alla consistenza al palato di questo “biscotto”.
Mimava, con il palmo delle mani, un lavoro faticoso che io credevo di impasto.
Ma non era così.
A questo punto pensavo che i famosi punti neri che si notavano nelle gallette erano dovuti ai residui tostati della semola che, un tempo, si spargeva sul piano di cottura per impedire che il calore di questo “attaccasse “ il foglio di impasto.
Ma non era così .
Passa il tempo. I dubbi sono ancora molti, comunque la ricerca continua.
Questa volta documentale e storica.
Scopro che una guida gastronomica Michelin del 1931 descrive i confortini ,prodotti in questa parte del cuneese , “una sorta di lingua di gatto”.
Alcuni documenti di metà ‘800 ne citano la composizione.
Ed ecco che, con quanto venuto a conoscenza nella lunga ma coinvolgente ricerca in campo,catalizzata dai riscontri documentali, il confortino prende forma.
Si tratta di una galletta molto sottile ( la intensa mimica del palmo delle mani su un matterello), di forma simile a una “lingua di gatto”(cottura rapida ).
E’ composto da un impasto di fine farina bianca (setacciata),miele ( i “baracchin” di Bottonasco) e pepe ( i famosi punti neri).
Al palato è croccante (la consistenza).
Sono venuto in possesso della ricetta e ho tentato di metterla in atto.
Ma essendo più pasticcione che pasticciere il risultato visivo è mediocre .
Tuttavia, a parer mio , è di gusto particolarmente squisito.
A proposito: il nome confortin – confortino deriva da “dare conforto” .
Alcune vecchie pubblicazioni lo indicano anche come “conforto per lo stomaco”.