Piemonte prima Regione d’Italia a ricorrere contro il decreto Sicurezza

1 febbraio 2019 | 15:08
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Piemonte prima Regione d’Italia a ricorrere contro il decreto Sicurezza

Chiamparino: ““Il decreto rischia di creare un mondo di invisibili, di persone che non possono, non riescono ad integrarsi e per questo sono più facilmente alla mercé di chi viola le regole”

Torino.   Il Piemonte è la prima Regione ad avere presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro il “decreto Sicurezza” del Governo. Il documento è stato spedito la mattina del 31 gennaio dall’ufficio postale del Tribunale dall’assessora ai Diritti e all’immigrazione, Monica Cerutti.

“Il decreto – ha commentato il presidente Sergio Chiamparino – rischia di creare un mondo di invisibili, di persone che non possono, non riescono ad integrarsi e per questo sono più facilmente alla mercé di chi viola le regole”.

I contenuti sono stati poi illustrati agli organi di informazione dall’assessora Cerutti, da Ugo Mattei, docente di Diritto internazionale che ne ha curato la redazione insieme ad altri colleghi giuristi del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Torino, e dall’avvocato della Regione Giovanna Scollo, che ha predisposto la delibera di Giunta che autorizzava la presentazione del ricorso.

“Siamo la prima Regione – ha puntualizzato Cerutti – ma a breve dovrebbero seguire anche i ricorsi di Umbria, Emilia Romagna e altre, preoccupate come noi dei rischi delle nuove norme. L’obiettivo è ottenere la dichiarazione di illegittimità costituzionale del decreto. Si tratta di un atto di responsabilità verso i piemontesi, in quanto il decreto impatta sui migranti, poiché mette a dura prova quel sistema di accoglienza che avevamo cercato di rendere strutturale con le Prefetture e i Comuni, ma anche su tutta la comunità. Oltre ad essere discriminatorio, avrà conseguenze sulla vita di tutti i cittadini: gli irregolari e i richiedenti asilo non possono accedere al sistema sanitario, nemmeno per la prevenzione, ma solo ai pronto soccorso; le circa 5.000 persone che rischiano di diventare irregolari non potranno rinnovare il permesso di soggiorno umanitario, avere uno status utile per un percorso di inclusione e contribuire ad aumentare il prodotto interno lordo, e potrebbero essere invogliate a delinquere; alle fasce deboli italiane colpite dal Daspo urbano viene impedito il sacrosanto diritto alla salute”.

Il ricorso in breve

Nelle 96 pagine vengono sollevati otto profili di incostituzionalità su 26 articoli del decreto. Due sono legati alla forma, in quanto mancherebbero la necessità ed l’urgenza necessarie per un decreto, dato che gli sbarchi sono diminuiti e i numeri dell’accoglienza sono inferiori a quelli della Germania, sarebbero errate le procedure di approvazione di una norma che attua una riforma strutturale del Testo unico sull’Immigrazione.

Scendendo nel dettaglio, la Regione ritiene che il decreto ponga le seguenti questioni di legittimità rispetto all’art.117 della Costituzione e alle sue competenze:

– eliminare il permesso di soggiorno per la protezione umanitaria in favore di permessi di soggiorno temporaneo, limitati a ipotesi speciali perlopiù non convertibili da rilasciare agli stranieri in presenza di specifiche di natura tipica, riduce il novero dei diritti assistenziali, sociali e sanitari riconosciuti agli immigrati dai servizi sanitari e locali, viola radicalmente le loro possibilità di esercizio del diritto al lavoro, impedisce alla Regione di organizzare in modo efficiente e ragionevole la sanità e l’assistenza sociale, è suscettibile di recare pregiudizio all’esercizio delle funzioni amministrative attribuite ai Comuni in materia di assistenza e servizi;

– porre fine ai progetti di accoglienza “invade irragionevolmente” l’autonomia organizzativa della Regione e degli enti locali;

– stabilire che il permesso di soggiorno per richiesta asilo non consente l’iscrizione anagrafica introduce “irragionevoli e discriminatorie complessità” che impattano sulle legittime aspettative dello straniero rispetto alla propria piena partecipazione alla vita sociale ed economica, in particolare, ma non solo, con riferimento all’accesso ai servizi socio-sanitari, e su quelle organizzative della amministrazione pubblica, regionale e degli enti locali;

– rendere più gravoso l’acquisto della cittadinanza prolunga il periodo di incertezza e di non piena partecipazione dello straniero non solo rispetto all’esercizio dei suoi diritti, ma anche con riferimento agli obblighi di solidarietà sociale, con detrimento della sua capacità contributiva e dello sviluppo dell’economia piemontese;

– disporre per il solo cittadino di origine straniera la revoca della cittadinanza istituisce una doppia categoria di cittadinanza, di cui una precaria, in violazione dei principi fondamentali della Costituzione;

– estendere il “Daspo” urbano ai presidi sanitari restringe la libertà, tanto di stranieri quanto di cittadini in condizione di fragilità economica, di poter raggiungere aree deputate alla cura anche emergenziale di patologie, che rientra negli obblighi assistenziali della Regione;

– stabilire che l’esecuzione del provvedimento di rilascio d’ufficio di un immobile utilizzato da persone con fragilità economica debba essere eseguito entro un anno dalla data della sua adozione anche nel caso di mancata richiesta del proprietario pone a carico della Regione e degli enti locali oneri aggiuntivi in materia di gestione dell’emergenza abitativa, anche in violazione dei trattati e della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo;

– riconoscere un indennizzo al proprietario di tale immobile per il mancato godimento causato dal differimento dell’esecuzione del provvedimento di rilascio rappresenta, sotto il profilo sostanziale, una misura di contrasto all’emergenza abitativa che viola la competenza regionale in materia di politiche abitative.

I tempi di discussione variano normalmente tra i sei mesi e l’anno dal deposito del ricorso, che avverrà il 12 febbraio, salvo la disponibilità della Corte per una esame più rapido.