Sulle nostre montagne “a tritare un po’ di farina fuori pista”

27 gennaio 2019 | 09:31
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Sulle nostre montagne “a tritare un po’ di farina fuori pista”
Sulle nostre montagne “a tritare un po’ di farina fuori pista”
Sulle nostre montagne “a tritare un po’ di farina fuori pista”

Ricordi del nostro esperto Giorgio Emanuel sulla neve di Argentera di fine anni ’90

Cuneo. Cari lettori, vedendo i post che girano sui vari social deduco che siete tutti contenti di questo assaggio di neve… anche se un po’ troppo in ritardo ma sempre ben accetta!

Questa volta come consiglio per il weekend vi suggerisco una bella sciata a tritare un po’ di farina in fuoripista utilizzando i nostri “Piccoli impianti” che, a parer mio, sono bellissimi e hanno tanta voglia e bisogno di lavorare.

Ad esempio Pian Munè offre vari tipi di divertimento, oltre al classico sci da discesa mette a disposizione, con la collaborazione di CicliMattio, mountain-bike per scendere su alcune piste delimitate e dedicate a questo; sentieri di risalita per skialp e “ciastristi”, rifugi in cui rifocillarsi sperando in una bella giornata tanto sole e relax. A seguire, oltre ai più famosi e conosciuti impianti, ci sono Crissolo, Sampeyre, Pontechianale e Argentera con caratteristiche simili e quelle elencate per Pian Munè.

In particolare, vorrei soffermarmi e rubarvi qualche minuto in più sull’ ultimo da me citato, Argentera.

Ero un “Bocia” dello sci, in specifico dello snowboard, prime tavole larghe e Soft, prime uscite domenicali a “tritare” farina ad Arge, era un paradiso dello sci fuoripista, si aspettava la nevicata e si saliva su, magari partendo alle 5.30 di mattina per essere i primi a fare la prima traccia su pendii intonsi o meglio, quando c’era tantissima neve, a scendere in mezzo ai pini.

Arge è speciale perché il bosco non è mai fitto e soprattutto ha una pendenza eccezionale, c’è un mondo di possibili discese e spazio per tutti, soprattutto all’epoca c’era poca gente che girava in fresca e la prima traccia era garantita a tutti!

Si parla di vent’anni fa, mi aggregavo ad amici che erano già “super local”, conoscevano tutti i trucchi, tutte le zone e fin dove ci si poteva spingere, sicuramente avevano già “abbracciato” diverse volte i pini del bosco ma nonostante questi piccoli rischi di guida, si pensava in primis alla sicurezza, si andava sugli impianti con L’Artva indossata, zainetto con pala e sonda, all’epoca non c’erano obblighi, nessuna polemica, nessun giro di parole, semplicemente buonsenso.

Ritornando a noi, appena si scendeva dalla seggiovia si deviava subito a destra, si tagliava in alto e ci si spingeva  più in là possibile, fino a rimanere a bordo bosco da dove si scendeva a bomba. In quei 20 minuti di discesa non esistevano amici, si pensava solo a essere il primo a passare in quel punto, si sciava in 60 – 70 cm di farina leggerissima in cui si tiravano mega curvoni e si sollevava tantissima neve fresca, un vero spettacolo. Si entrava in questo bosco incantato con le piante ricoperte di neve, bianchissime, eravamo concentrati a non attraversare nessuna traccia fino ad incrociare la stradina che porta a Ferrere utilizzata poi  per rientrare a Bersezio dove ci si ritrovava tutti. Carichi di  mille risate e avventure da raccontare si pensava già alla linea successiva e si camminava sulla statale per il colle della Maddalena fino a ritornare agli impianti e risalire più volte possibile.

C’erano due squadre, quelli che si dedicavano alla parte destra e quelli che sfruttavano 5 – 6 curve sulla pista per poi entrare nel bosco di sinistra, per capirci verso cima delle Lose. Da qui solito bosco e giù a tritare.

Quando poi si arrivava al pomeriggio e si aveva la fortuna di trovare l’Andelplan  aperto si saliva fino in cima, si camminava 15 minuti e poi si scendeva fino al ponte di Villaggio Primavera. Ci si organizzava con due macchine e si facevano 2 o 3 giri “lunghi” per chiudere in bellezza la giornata!

Ho voluto raccontarvi questo perché, probabilmente ho vissuto un periodo di enorme cambiamento, ho provato un’onesta invidia per tutti coloro che scoprivano questi posti prima di me, una felice ed appagante goduria nello scoprirlo io e sfruttarlo per anni pensando di appartenere ai primi scopritori e in conclusione una parte di tristezza per questa evoluzione del freeride di Arge.

Ora si va a “tritare” mentre nevica per essere i primi, qualunque giorno della settimana e soprattutto si è talmente in tanti che non si lasciano più pendii o bosco vergine a fine giornata.

Il fuoripista di Arge dura un giorno. Organizzatevi ragazzi, cercate anche voi di fare la prima traccia perché questi ricordi di cui ho avuto il piacere di raccontarvi si devono tramandare.

Buona Powder a tutti.