La Diocesi di Alba aderisce alla manifestazione in favore dell’accoglienza umanitaria

17 dicembre 2018 | 15:24
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La Diocesi di Alba aderisce alla manifestazione in favore dell’accoglienza umanitaria

” L’accoglienza è vita che sorregge la vita. Anche Gesù è stato un profugo, un esiliato. Sta a noi, in un tempo avaro di accoglienza, riconoscere nel volto dei migranti quello di milioni di ‘poveri cristi’ bisognosi di accoglienza e di umanità”

Alba. In relazione alla manifestazione del 22 dicembre, promossa al di fuori dei partiti politici e tesa a ribadire i diritti umani di tutte le persone, compresi gli immigrati, diritti che possono essere intaccati dal recente decreto legge sulla sicurezza, la Diocesi vuole dare il sostegno a ogni iniziativa tesa a ribadire i diritti inalienabili di ogni persona umana, senza distinzioni di razza, Paese o appartenenza religiosa. E attraverso la Caritas porta il suo contributo fattivo perché, alla luce del Vangelo, ogni persona trovi accoglienza e riconoscimento della sua dignità umana. Questo il contenuto del messaggio rivolto a tutti, credenti e non, per l’occasione.

Scrive la Diocesi:

“NON LASCIAMOCI SOPRAFFARE DALLE PAURE, MA GOVERNIAMO I FENOMEMI MIGRATORI ALLA LUCE DEL VANGELO DELL’ACCOGLIENZA”

Lo scorso 14 gennaio, in occasione della Giornata del migrante e del rifugiato, papa Francesco ha parlato delle paure che suscita l’immigrazione. Paure che non costituiscono un peccato, perché: «Peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte, condizionino le nostre scelte, compromettano il rispetto e la generosità. […] Peccato è rinunciare all’incontro con l’altro, con il diverso, con il prossimo, che di fatto è un’occasione privilegiata d’incontro con il Signore».
Le parole del Papa sottolineano l’importanza dell’incontro con l’altro come fondamento del nostro essere umani. E c’invitano a impedire che la paura dello straniero diventi il criterio delle nostre scelte e dei nostri giudizi. Parole sulle quali tutti dovrebbero riflettere, ma in particolare chi sta cercando di trasformare una tragedia umanitaria in una questione di sicurezza e ordine pubblico.

“Certe misure hanno l’evidente scopo di ostacolare l’accoglienza e rendere plausibili, anche sulla base di un’informazione tendenziosa o apertamente manipolata, azioni che trascendono ogni limite etico, ogni senso minimo di umanità. L’obiettivo è rappresentare il migrante come un pericolo e un potenziale criminale, comunque sia una persona da respingere, arrestare o scaricare di nascosto oltre frontiera alla stregua di uno scarto ingombrante e inquinante. Azioni favorite dal vuoto o dalla debolezza legislativa e da accordi internazionali che appaltano la “gestione” dei migranti a dittature repressive”.

“A fronte di tale emorragia di umanità, non si tratta – come dicono gli impresari della propaganda – di essere “buonisti”, ma di esercitare la ragione e l’analisi onesta delle cose, quindi proporre misure che tengano conto della realtà e non la occultino sotto la grancassa degli slogan.
L’immigrato non è il “nemico”, semmai è la vittima. Le migrazioni ci sono sempre state, fanno parte della storia dell’umanità. I muri, i fili spinati, le frontiere fortificate non sono solo disumani, sono anche inutili. Come ‒ secondo noi e la Caritas di Roma ‒ risulterà «inutile, patogeno e dannoso» il Decreto immigrazione e sicurezza, varato di recente dal Parlamento italiano. Il corso della storia non lo si può fermare, ma lo si può certo governare. E governare significa cominciare a ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie, gli squilibri sociali e climatici, facendo in modo che ogni persona, a ogni latitudine, possa vivere una vita libera e dignitosa. Per governare fenomeni globali occorrono risposte globali, con buona pace della retorica “sovranista” e delle sue allarmanti derive. C’è chi afferma che questa risposta globale sia un’utopia dettata appunto dal “buonismo”. Ma allora era buonismo anche quello che ha ispirato la Dichiarazione universale dei diritti umani e la nostra Costituzione nel 1948 o la Convenzione di Ginevra sui rifugiati nel 1951.
C’è, infine, l’aspetto etico che si lega alla citazione del Papa. Nessuno di noi, nel momento in cui è venuto al mondo, sarebbe sopravvissuto se non fosse stato accolto. L’accoglienza è vita che sorregge la vita. Anche Gesù è stato un profugo, un esiliato. Sta a noi, in un tempo avaro di accoglienza, riconoscere nel volto dei migranti quello di milioni di “poveri cristi” bisognosi come noi di accoglienza e di umanità”.