Borgna: “Quella volta in cui mia madre mi chiese ‘Ma sei candidato a sindaco di Cuneo’?”

31 dicembre 2018 | 11:49
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“Mai nella vita avrei pensato di candidarmi a quel ruolo, figuriamoci di svolgerlo”

Cuneo. L’appuntamento è alle nove di una fredda mattinata di fine dicembre al civico 21 di Corso Nizza. E’ nella sede della Provincia di Cuneo che ne incontriamo il presidente e sindaco del capoluogo, Federico Borgna.  Teatro della nostra chiacchierata è un palazzo la cui ufficialità stride a fronte di un’istituzione fortemente svuotata nei poteri e depauperata nei compiti dalla riforma Delrio, che ne ha letteralmente stravolto la stessa essenza, ponendola in una situazione di incertezza in cui il presente è vago ed il futuro tutto da scrivere.

Presidente Borgna, cominciamo da qui, qual è lo stato di salute dell’istituzione Provincia?
Partiamo dal presupposto che la riforma Delrio è un’operazione che non è stata portata a termine visto che avrebbe avuto il suo naturale completamento con la riforma costituzionale che, di fatto, avrebbe trasformato le Province in aggregazioni di comuni. Una riforma che in sè ha cose buone, ma ha anche delle criticità come, ad esempio, il prelievo forzoso che il governo nazionale effettua sulle tasse che i cittadini versano alla Provincia. Senza quel prelievo, che nel 2018 si è attestato intorno ai 18 milioni di euro, la nostra Provincia sarebbe completamente autosufficiente ed in grado di assolvere autonomamente a tutte le mansioni che le competono. Si può dire che con la riforma non completata si è rimasti “a metà del guado” ed ora occorre capire cosa si vuole fare: completare il percorso o tornare alla partenza?

Lei quale strada imboccherebbe?
E’ difficile rispondere, ma un fatto è indiscutibile: tornare indietro avrebbe dei costi elevatissimi.

Dunque lei preferisce l’attuale sistema che prevede per presidente e consiglio provinciale un’elezione cosiddetta di “secondo livello” rispetto al precedente in cui erano i cittadini ad eleggerli in maniera diretta?
Guardi, secondo me questo è l’ultimo dei problemi. Prima occorre pensare a cosa deve essere e a cosa deve fare la Provincia e solo dopo, stabiliti compiti e poteri, individuare quale sia la forma migliore per l’elezione del presidente e del consiglio provinciale. Le faccio alcuni esempi. Se il ruolo della Provincia dovesse essere quello di fare la manutenzione delle strade, sarebbe addirittura superfluo un consiglio provinciale, visto che sarebbe sufficiente un buon ufficio tecnico. Se il ruolo della Provincia fosse quello di coordinamento dei Comuni, ed a mio avviso servirebbe un’istituzione di questo tipo soprattutto in una provincia grande come la nostra, credo che l’elezione di secondo livello sarebbe la soluzione migliore. Se si vuole invece immaginare che le Province siano altro ed abbiano dunque un diverso tipo di funzione, si può anche immaginare di ritornare all’elezione diretta di consiglio e presidente. Svolgendo oggi la Provincia un ruolo di coordinamento tra i Comuni credo sia attualmente coerente l’elezione di secondo livello.

Ora facciamo un passo indietro nel tempo. Siamo nel 2012, e dopo dieci anni di “governo” Valmaggia, Cuneo deve eleggere il suo nuovo sindaco. Il centro-sinistra (con il trattino, poi scopriremo il perché), come consuetudine, si affida alle elezioni primarie per individuare il proprio candidato. Il Partito Democratico si spacca ed a spuntarla è il professor Gigi Garelli, candidato della sinistra più radicale. Alcune liste “centriste” della coalizione non ci stanno e, a sorpresa, candidano lei che vince le elezioni e diventa sindaco di Cuneo. Ci racconta come andarono le cose?
Le premetto che nella vita mai avrei pensato di candidarmi a sindaco di Cuneo, figuriamoci di diventarlo. Pur vivendo e lavorando dal 2000 nel capoluogo di cui seguivo le vicende politiche anche per via della presidenza regionale dell’Unione Italiana Ciechi, a quell’epoca ero felicemente consigliere comunale ed assessore al bilancio ed alle politiche sociali al Comune di Bernezzo di cui sono originario. Tuttavia, in seguito alla vittoria di Garelli ed alle sue prime dichiarazioni, pensai che, su simili posizioni, il centro-sinistra avrebbe fortemente rischiato di perdere la poltrona di sindaco, così diedi la mia disponibilità a “Cuneo Solidale”, che era rimasta fuori dalle primarie, a “dare una mano” per una candidatura alternativa. Pochi giorni dopo incontrai per caso sotto i portici Valmaggia che mi disse che si stava preparando una rosa di nomi all’interno della quale un comitato di saggi avrebbe scelto il candidato sindaco e mi chiese se fossi disponibile ad entrare nella rosa. Immaginando erroneamente che si trattasse più di una formalità istituzionale che di una effettiva scelta, diedi la mia disponibilità. Non dissi niente a nessuno, nemmeno in famiglia, convinto che tutto si sarebbe dissolto in una bolla di sapone. Alcuni giorni dopo, una mattina, ricevetti un messaggio da mia madre. C’era scritto: “Ma sei candidato a sindaco di Cuneo?”.

E lei cosa rispose?
Che assolutamente non era vero, ma lei aggiunse “Guarda che l’ho letto sul giornale!”. Iniziò tutto così e fu, l’avventura del 2012, una delle più belle e divertenti esperienze della mia vita. Non avevamo coalizione, non avevamo programma, non avevamo nulla. Costruimmo tutto in poche settimane, tutti diedero il 101% di quanto era nelle loro possibilità. Partivamo sconfitti, vincemmo.

Cinque anni dopo le cose sono andate diversamente. Dopo un lustro di amministrazione senza sbavature e con alcuni importanti traguardi raggiunti, lei è il grande favorito. Ciò nonostante vuole ed ottiene che nella coalizione vi sia anche il Partito Democratico. Ciò le consente da un lato di vincere ancora più agevolmente al primo turno, ma dall’altro le crea qualche problema nella formazione della giunta, soprattutto nella nomina del suo vice.
Premetto che se la campagna elettorale è il momento più bello del fare politica, quello di comporre la giunta è quello più difficile poiché ci si trova nella inevitabile condizione di dover deludere molte persone che spesso hanno profuso ogni goccia delle proprie energie per la causa. Però, vede, in politica bisogna lavorare per unire. A forza di dividersi ci si ritrova soli e la storia della sinistra italiana sta lì a dimostrarlo. Io nasco da una frattura ed in politica si deve lavorare per ricomporle, le fratture. Sin dal giorno dopo la mia elezione, ho lavorato affinché si ricomponesse quella spaccatura e che l’alleanza di centro-sinistra tornasse unita. Così è stato naturale che cinque anni dopo ci presentassimo tutti uniti, Partito Democratico compreso. Per quanto concerne la scelta del vice-sindaco, invece, le dico che ho usato il medesimo criterio usato nel 2012: ho assegnato la poltrona alla persona più votata della forza di maggioranza relativa.

Nella sua recente apparizione televisiva ospite di Piero Chiambretti, lei ha evidenziato l’importanza del “trattino” nel centro-sinistra. Si tratta dunque per lei di due aree distinte?
Io credo di sì. Personalmente mi colloco in un’area politica di centro che dialoga con la sinistra rimanendo tuttavia autonoma e indipendente. E’ l’area che mi piace definire “del buon senso” dove confluiscono le tradizioni cattoliche, popolari, liberali. Un’area che oggi non è rappresentata però da alcun partito, pur rappresentando una buona parte degli italiani.

Tornando alle questioni locali, il 2018 è stato anche per Cuneo l’anno della “movida” con prese di posizione, anche dure, di chi da una parte chiede di poter svolgere il proprio lavoro e di chi, dall’altra, rivendica il proprio diritto al riposo ed alla tranquillità.
Una questione che mi permetta di definire surreale perché si è anteposta una comunicazione del tutto emozionale ad un pacato ragionamento in merito. La normativa che regolamenta la questione è nazionale e regionale ed è molto restrittiva, dunque le amministrazioni comunali non hanno molta voce in capitolo, eppure è sembrato che fossimo noi la causa di tutti i mali. Noi abbiamo cercato di intervenire, laddove le pieghe della normativa lo consentivano, utilizzando innanzitutto e come sempre il buon senso cercando di accontentare il più possibile le parti in causa perché una normativa che mette tutti fuori legge ha sicuramente qualcosa che non va. E’ chiaro che se nel cercare di far valere un proprio diritto, non si vuole in nessun modo tenere conto dei diritti dell’altro, diventa difficile trovare una soluzione condivisa.

Un’altra importante questione che sta tenendo banco è quella relativa alla costruzione del nuovo ospedale. Anche qui i punti di vista sono diversi, soprattutto sulla sua ubicazione.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza perché si è detto e letto un po’ di tutto. L’ospedale di Cuneo è un’eccellenza assoluta e la qualità non è data dai muri che lo ospitano, ma dalle persone che ci lavorano e dalle tecnologie che hanno a disposizione. Il percorso che stiamo condividendo è suddiviso in tre fasi. La prima fase aveva l’obiettivo di costruire il consenso più ampio possibile sull’eventuale necessità di passare da due ospedali a uno. Prima fase che si è conclusa positivamente visto che il Consiglio Comunale ha approvato all’unanimità questa scelta. Era di fondamentale importanza che tutte le forze politiche entrassero in questa “partita” poiché si tratta di una questione che si protrarrà per molti anni e che, dunque, inevitabilmente, investirà amministrazioni comunali, regionali e governi nazionali di diverso colore ed area politica: per questo era necessaria una condivisione unanime. Ora siamo nella seconda fase nella quale occorre trovare i fondi attraverso i finanziamenti nazionali previsti dalla Legge di Bilancio. Solo nella terza ed ultima fase si andrà ad individuare quella che sarà la migliore ubicazione possibile. Una decisione che verrà presa molto serenamente, senza pregiudizi, in maniera scientifica tenendo conto di tutti i pro ed i contro che la Commissione indicherà. La questione fino ad oggi ha coinvolto più gli addetti ai lavori che i cittadini, ma è un tema importante per tutti e come tale va trattato.

Un’amministrazione, la sua, caratterizzata anche da importanti eventi da alcuni criticati poiché non legati alla nostra tradizione come, ad esempio, l’Oktoberfest e l’Illuminata.
Mi perdoni ma cosa significa “legati alla nostra tradizione”? Il cinema è legato alla nostra tradizione? Credo sia necessario scindere le cose. Da un lato c’è il tema dell’identità culturale sul quale lavoriamo quotidianamente e di cui la recente mostra “I love my family” è esempio. Poi ci sono momenti in cui si può tranquillamente lavorare su proposte culturali diverse, così come sull’intrattenimento puro e sull’evasione. Sono critiche che incasso, ma che fatico a comprendere perché una cosa non esclude l’altra, sono complementari e non alternative.

Sull’Oktoberfest però hanno storto il naso anche alcuni commercianti…
Io credo che quando si portano in città centinaia di migliaia di persone, dal punto di vista commerciale si creano più opportunità che problemi.

Sull’Illuminata si dice sia in calo…
Sì, una commerciante mi ha detto di avere lavorato meno rispetto alla prima edizione. Mi ha anche detto però di avere lavorato molto di più rispetto a quando l’Illuminata non c’era.

Che cosa attende Cuneo ed i Cuneesi da qui al 2022?
L’inizio di una trasformazione profondissima che riguarderà la parte alta della città. Nel 2019 partiranno i cantieri del Piano Periferie e dell’Agenda Urbana. Saranno tre anni e mezzo molto intensi perché ci sarà molto da lavorare. La cifra che verrà investita su quella zona di Cuneo è il doppio di quella che era stata investita a suo tempo sul centro storico. Questo dà un’idea della trasformazione che è in arrivo.

E lei? Cosa farà da grande?
Non so ancora, manca ancora troppo tempo e le mie energie ora sono concentrate tutte su Cuneo e sulla sua provincia.

Un pensiero alle Regionali?
Mai fatto.

Un impegno per il 2019?
Andare a nuotare almeno due volte la settimana. L’ho promesso in famiglia, ma so già con certezza che è un impegno che non manterrò. L’unico.