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Consci di una degustazione inconscia…

19 luglio 2018 | 18:38
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Consci di una degustazione inconscia…

La parola al sommelier Gabriele Tomatis

Nei passati appuntamenti abbiamo toccato argomenti quali: le bollicine, i vini dell’estate gli abbinamenti cibo-vino e molti altri, ma essendo il titolo di questa rubrica “Vino e Dintorni” vorrei oggi focalizzare l’attenzione proprio sulla parola Dintorni; e lo farei riflettendo sul lato introspettivo del vino.

La domanda che mi pongo è: siamo sicuri di poter valutare e descrivere correttamente e oggettivamente un vino o biologicamente non è possibile, e se cosi fosse perché?
In queste riflessioni mi sono ispirato alla conoscenza del professor Beppe Rocca, ricercatore nel campo delle neuroscienze e la lettura di alcuni testi e libri da lui consigliati.

Nella tentata descrizione di un vino andiamo a valutarne dapprima il colore, l’olfatto e infine il gusto. Oggi ci focalizzeremo soprattutto sui primi due esami: visivo e olfattivo.
La risposta alla domanda è No non credo sia possibile; ognuno di noi effettua una descrizione soggettiva. Ma non corriamo, andiamo insieme a scoprire il perché di questa affermazione, aiutandoci con l’arte e gli studi sul funzionamento del cervello.

Sono stato affascinato dalle affermazioni e dalle scoperte sul funzionamento del sistema visivo dei premi nobel di Hubel e Wiesel, anticipati dall’arte di pittori come Gustav Klimt. Interessante sapere di come il nostro sistema visivo si concentra prima sulle forme, bordi, e colori di oggetti e persone; favorendo le espressioni, il viso e le mani. Di come decostruisca l’immagine e in seguito la ricostruisca elaborando le informazioni ricevute in precedenza.

L’occhio di un mammifero e di conseguenza la corteccia visiva primaria predilige le linee e i contorni per dar evidence e profondità a un oggetto (trucco già utilizzata da Leonardo da Vinci nella Gioconda del 1503, nella tecnica dello sfumato). Però in natura non esistono linee, viene da domandare, essendo che noi vediamo grazie alla luce, ai contrasti e alle differenze cromatiche. Qui arriva la parte interessante. Possiamo affermare che non osserviamo con precisione il colore e in fase di ricostruzione dell’immagine, come ci ricorda Richard Gregory (psicologo britannico) “inventiamo” le linee che mancano. Sappiamo inoltre che ciò che vediamo è il risultato di una visione reale e una visione creata sulla base di esperienze precedenti.

Immaginate la complessità: dapprima la definizione dei bordi su un canale: la visione a basso livello. In seguito la forma, il colore e la profondità su un altro canale: la visione ad alto livello; tutto identificabile in un’unica percezione gestita grazie all’Attenzione motivata dall’Interesse inconscio del sistema.

Riassumendo il cervello è una macchina creativa che ricostruisce la realtà secondo la propria memoria biologica ed emotiva, memoria che diventa il collante della nostra vita mentale. Dovremmo forse aprire anche una parentesi riguardante la regolazione epigenetica, ma questo è un altro capitolo. Da ricordare però quanto sia importante l’Ippocampo nel memorizzare le informazioni, come ad esempio nel campo di papaveri di Klimt a riconoscere i due alberi in rilievo.

Abbiamo nominato le emozioni ma cosa sono?
Scrive cosi E. Kandel:
Le emozioni son meccanismi biologici istintivi che colorano le nostre esistenze e ci aiutano nei compiti fondamentali della vita: cercare il piacere ed evitare il dolore.
Già in passato Freud diceva che la coscienza si era evoluta in modo che potessimo sentire le nostre emozioni, indissolubilmente legate alla ragione, e consapevoli di questo potessimo concentrare la nostra attenzione sulle risposte autonome del corpo.

E il colore, in tutto ciò come interagisce?
Il colore, come ad esempio nei quadri di Van Gogh, viene utilizzato oltre che per definire delle forme per diventare esso stesso l’emozione del dipinto. Ad esempio i colori della Camera da letto di Vince ad Arles servono ad imporre allo spettatore sensazioni di tranquillità.

Gli studi dimostrano che i colori, come le espressioni vengono percepiti 100 millisecondi prima della forma dell’oggetto che abbiamo di fronte, d’accordo quindi con Zeki (professore di neurobiologia) che la coscienza visiva è un processo distribuito e non può essere unitaria.
Credo perciò che in fase di degustazione le emozioni soggettive che proviamo alla vista di un calice di vino vadano coscientemente ad influenzarne la stessa. Creando così una personale, corretta e ragionevole descrizione istintiva.

Rimane un ultima questione legata alla vista, che ne dimostra la soggettività dovuta in questo caso a un fattore esterno inconscio.
Vincent Van Gogh in molti quadri usa il colore giallo, dopo essersi trasferito ad Arles, in Francia. Nelle lettere al fratello scriveva di voler dipingere la luminosità del sole. Due fattori importanti da tener presente: era un impressionista e oltre alla tecnica in quel periodo era nata la pittura en plain air.
Soffriva però di disturbi mentali che dopo alcuni episodi di violenza e passata una fase di ricovero vennero scambiati per epilessia. Gli venne cosi somministrata la Digitale (dipinta nel quadro: Ritratto del dott. Gachet) causandogli un intossicazione con la conseguente xantopsia; condizione in cui gli oggetti di colore chiaro appaiono con una forte dominante gialla.

Capite perciò quanto può arrivare a variare la descrizione di un colore. Ancor più facile da comprendere è l’oggettività dell’ esame olfattivo che si basa su di un processo sensoriale chimico; facilmente modificabile, è una capacità di tutti i mammiferi che risale nel caso umano già dalla preistoria. Grazie a questo senso distinguiamo se un prodotto è ad esempio mangiabile o meno e se può farci male o no. Ancora oggi prima di consumare un piatto lo annusiamo istintivamente. Ovviamente ciò comporta un emotività intrinseca che ne determina il giudizio finale. Prendiamo ad esempio l’effetto Garcia, che consiste nell’acquisizione di una prolungata, e non raramente definitiva, avversione per l’odore e il sapore di un cibo la cui ingestione sia stata seguita nel giro di qualche ora da un intenso malessere. Ciò si verifica anche dopo una singola associazione fra cibo e malessere, e anche quando il cibo non è la vera causa del disturbo.

In questo caso la sede della convergenza delle informazioni olfattive è la corteccia orbitofrontale, ma entrano in gioco tramite la corteccia olfattiva varie parti del cervello quali l’ipotalamo, ippocampo e sistema limbico. A differenza di chi sostiene che un professionista sia in grado di effettuare una degustazione oggettiva, ritengo quindi sia meglio esser coscienti che tale atto è il risultato di emozioni, sensazioni e ricordi incoscienti al servizio della coscienza stessa.